Giuseppe Sarcina, Coriere della Sera 12/05/2011, 12 maggio 2011
GRECIA IN PIAZZA, NO ALL’AUSTERITA’ UE —
Il capo del governo greco, il socialista George Papandreou, da ieri è ancora più solo. Lo sciopero generale dichiarato dai sindacati ha bloccato il Paese. La manifestazione nel centro di Atene è stata vibrante, tesa e, purtroppo, anche violenta. Un dimostrante ricoverato in coma è stato operato ieri sera. E’in condizioni gravissime. Secondo le fonti ufficiali gli altri feriti sono 11, tra i quali due agenti e altri cinque manifestanti. Ma dopo una verifica con gli ospedali il numero dei contusi sale ad almeno 30. La polizia si è schierata in maniera arcigna a protezione del Parlamento, pronta a manganellare con un’inquietante facilità. C’è stato un solo vero scontro, ma molto duro, davanti all’Università, sul viale che porta verso piazza Syntagma, il baricentro della città. Un gruppo di anarco-antagonisti, vestiti di nero e con il visto coperto, ha cominciato a lanciare sassi e addirittura pezzi di marmo contro il cordone delle forze dell’ordine. Risposta immediata con lacrimogeni e carica indiscriminata su uno spezzone del corteo. Mezz’ora dopo abbiamo visto quattro signore sovrappeso, distanti anni luce dal profilo del perfetto black-block, sedute su un marciapiede, ancora sotto shock e con la testa sanguinante. Sono state portate via da un’autoambulanza. Al momento il bollettino di giornata si ferma qui. Ma anche questo verrà messo sul conto politico di Papandreou. Il premier si ritrova accerchiato, in difficoltà in Europa e ora anche nel cortile di casa. Gli amici di un tempo, i leader sindacali a capo di organizzazioni da sempre fabbriche di consenso per il Pasok (il partito socialista che ha vinto le elezioni un anno e mezzo fa), ieri sembravano gli oppositori più determinati. Il blocco sociale confluito sotto le bandiere dei socialisti si sta frantumando, disperdendosi tra le decine di formazioni della sinistra radicale che ieri hanno dominato la piazza e che si sono federate in un cartello elettorale (Synaspismos) subito accreditato di almeno il 10%. dai sondaggi. No al piano di privatizzazioni da 50 miliardi, no alla politica economica consegnata alla Bce. Ma non basta. Anche le vecchie certezze identitarie del Pasok vengono rimesse in discussione. A cominciare proprio dall’euro, diventato il simbolo della crisi economica, di scelte nate male e gestite ancora peggio dal governo socialista. Un sentimento di reazione quasi istintiva, diffuso in proporzioni sorprendenti tra le almeno 30 mila persone che hanno sfilato ieri. Spiros Niacos, un ingegnere elettronico di 31 anni, disoccupato come più della metà dei giovani greci, regge uno striscione «contro i capitalisti » e non ha esitazioni: «L’euro non è più un tabù intoccabile, si può tornare anche alla dracma, se serve a salvare il Paese, per esempio svalutando il debito pubblico che certo non è esploso per colpa della popolazione» . E lo stesso concetto ritorna nelle parole di Basil Alexandratos, pensionato di 67 anni; di Yoannes Yajnisis, 47 anni, elettricista nell’azienda di stato dell’energia che il governo vuole privatizzare, o, infine, di Heleni Spanaouti, 45 anni, professoressa di filologia, pure lei senza lavoro, perché la disoccupazione falcia ovunque (il tasso ufficiale è pari al 15%). E’un dubbio che comincia a camminare, con cui fanno i conti anche i manifestanti ancorati comunque alla linea Pasok (euro irrinunciabile). Mela Vana, avvocatessa sulla quarantina, è una di loro, ma riconosce che «solo l’anno scorso un dibattito simile sarebbe stato impensabile» . I vertici sindacali, per ora, fanno finta di non sentire e restano fedeli al malconcio monumento dell’euro. Ma è l’unica concessione al premier. Yannis Panagopoulos, segretario generale della Gsee, la confederazione più grande e influente del Paese (450 mila iscritti nel settore privato) probabilmente è il leader della vera opposizione, quella che può far male davvero a Papandreou: «Questo governo non ha niente di socialista, sta conducendo politiche liberali che scaricano tutto sui lavoratori. Vogliono recuperare 50 miliardi con un piano di privatizzazioni, che significherebbe solo smantellare il sistema economico e non muovono un dito per recuperare l’evasione fiscale che vale almeno 30 miliardi di euro. E alla Ue chiediamo: perché non emettete degli eurobond a garanzia del debito di tutti i Paesi?» . Il corteo passa davanti a un’edicola da cui pende il titolo di prima pagina di «Ta Nea» , il quotidiano del centro liberale: «Merkel pronta a dare il via libera a un altro prestito Ue alla Grecia, se passa il piano di privatizzazioni» . Forse mai come oggi Berlino e Bruxelles sono state così lontane da Atene.
Giuseppe Sarcina