Danilo Taino, Corriere della Sera 12/05/2011, 12 maggio 2011
L’AGENDA (DIFFICILE) DELL’ITALIANO CON L’INCARICO PIU’ ALTO
-Complimenti a Mario Draghi. Al povero Mario Draghi, è però forse meglio dire. Il governatore della Banca d’Italia sta per assicurarsi la nomina a presidente della Banca centrale europea (Bce) soprattutto grazie alla personalità e ai meriti propri. Ma lo attende la traversata del Mar Rosso: portare in salvo l’armata poco composta dei Paesi dell’Eurozona alle prese con le crisi del debito quando le onde internazionali -dollaro, Cina, prezzi delle materie prime -sono alte come poche volte era capitato nella storia recente. Detto in altri termini: l’uomo che a novembre quasi certamente andrà a occupare uno dei posti più importanti e prestigiosi mai ricoperti da un italiano a livello internazionale dovrà anche affrontare le sfide di un mondo poche volte così turbolento e in cambiamento. Probabilmente Draghi dovrà iniziare il suo lavoro da Berlino. Ieri Angela Merkel ha rotto gli indugi e gli ha dato il via libera. Il governo tedesco, però, ha tutte le intenzioni di rimanere l’azionista di maggioranza, relativa fino a un certo punto, della zona euro. Questo significa che la relazione tra la Bce e l’esecutivo della cancelliera non sarà tranquillo come lo era prima della crisi finanziaria: ne sa qualcosa il suo predecessore Jean-Claude Trichet, il quale in questi mesi si è trovato in più di un caso su posizioni divergenti da quelle tedesche, per esempio sul programma di acquisto di titoli di Paesi in difficoltà e sull’eventualità di dovere accettare una ristrutturazione del debito greco. Il primo test, per il governatore italiano, potrebbe essere proprio la Grecia. La Bce di oggi è contraria senza se e senza ma a una ristrutturazione del debito di Atene, cioè alla rinegoziazione delle sue obbligazioni emesse finora: Trichet ne ha fatto quasi un punto d’onore. Il governo tedesco, però, è molto più possibilista. Il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble ha fatto preparare scenari e piani che lo prevedono: sa che politicamente sarebbe impossibile per la Germania continuare a prestare denaro alla Grecia per evitare che le banche e i fondi d’investimento subiscano perdite, accollando così ogni passività ai bilanci pubblici e quindi ai cittadini europei. Su questo, Draghi ha accennato nei giorni scorsi alla possibilità che i privati debbano accettare essi stessi perdite sui debiti dei Paesi in crisi e al ministero delle Finanze di Berlino si ritiene egli sia più flessibile di Trichet nel considerare l’inevitabilità di una seria rinegoziazione del debito greco, come ormai ritengono certo un gran numero di economisti. Se si vuole guardare all’intero ventaglio delle possibilità di crisi che il debito dei Paesi dell’euro ha aperto, il futuro presidente della Bce potrebbe dovere affrontare anche l’impensabile. Un buon numero di parlamentari tedeschi della maggioranza di governo sta sostenendo che dare altro denaro alla Grecia è inutile. Dice che non ce la può fare a tornare a raccogliere denaro sui mercati -nessun investitore è disposto a darglielo a tassi decenti -e anche i suoi piani di risanamento sono pochissimo credibili. L’esperto finanziario dei liberali tedeschi Frank Schäffler ieri ha fatto notare che il piano per 50 miliardi di privatizzazioni deciso da Atene in proporzione corrisponderebbe a un piano di privatizzazioni di 500 miliardi in Germania, dove la Borsa capitalizza 835 miliardi: del tutto insensato. Molti, dunque, stanno pensando che la sola soluzione per la Grecia sia l’abbandono -dolorosissimo e costosissimo per tutti -della moneta unica. Per un governatore della Bce sarebbe qualcosa di più di una prova del fuoco. Per aggiungere problema a problema, non c’è solo l’Europa. La crisi finanziaria 2008-2009 ha messo sottosopra il sistema finanziario internazionale, e Draghi lo sa meglio di ogni altro, come presidente del Financial Stability Board, l’organismo incaricato di disegnare una riforma del sistema finanziario internazionale. Da una parte c’è il fatto che il sistema bancario mondiale non ha ancora effettuato cambiamenti capaci di renderlo più resistente e meno pericoloso durante le crisi. Dall’altra, sul piano macroeconomico, gli squilibri finanziari che hanno alimentato la drammatica crisi finanziaria degli anni scorsi non sono stati superati: i Paesi con grandi surplus commerciali -Cina e Germania in testa -rimangono tali, i Paesi importatori, Stati Uniti in testa, faticano a uscire dall’angolo. Con effetti di instabilità sul dollaro. In più, le tensioni sui mercati delle materie prime, con prezzi in altalena, rendono il quadro economico -prospettive dell’inflazione in testa -estremamente instabile. Felicitazioni, dunque, signor Draghi: ha preso l’incarico più ingrato disponibile su piazza.
Danilo Taino