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 2011  maggio 11 Mercoledì calendario

«Str...», l’insulto reso sofisticato dai politici - È dunque giunta l’ora del ri­scatto. Non avevo dubbi

«Str...», l’insulto reso sofisticato dai politici - È dunque giunta l’ora del ri­scatto. Non avevo dubbi. Sono pas­sati più di vent’anni dalla sera in cui a una preside che non accetta­va le mie critiche ai suoi versi dan­domi con insistenza dell’asino ri­sposi con un secco e definitivo: «Stronza!». Scandalo, polemiche sui giornali, commenti infiniti e an­che processi alla conclusione dei quali fui definitivamente condan­na­to a pagare sessanta milioni di li­re per una «stronza» a fronte di ven­ti milioni di «sconto» per i cinque «asino» ricevuti. Una «stronza» mi costò quaranta milioni. Oggi vedo che la parola circola con più libertà e Bossi si concede uno «stronzo» a Fini, ma soltanto dopo che lo stes­so Fini aveva rivolto un generico «stronzo» a chiunque si fosse mo­strato razzista. Con l’aggravante del compiacimento di aver pro­nunciato la fatidica parola davanti a un gruppo di studenti in una scuo­la. Dall’alto della mia condanna e del mio remoto primato mi sem­bra opportuno fare alcune osserva­zioni. Intanto la parola, prima del suo significato. E se di conio recen­t­e e di uso ordinariamente metafo­rico. In senso tecnico lo «stronzo» dovrebbe essere un pezzo di mer­da, formulazione più cruda e diret­ta e ancora letteralmente offensiva (per averla pronunciata all’indiriz­zo di un noto giornalista televisivo sono stato condannato in primo grado, per fortuna in tempi recen­ti, a pagare 30mila euro di risarci­mento. Interrogato sulla mia valu­tazione della condanna, ho tenta­t­o un risarcimento definendo il me­desimo giornalista «una merda in­tera ». Nuova condanna a 40mila euro). E invece lo «stronzo» non ha più alcun rapporto con l’oggetto di provenienza e mi sembra che l’uso del termine sia, oggi, completa­mente separato e disinfettato dagli aromi di provenienza. A naso, veri­ficandone l’uso nella letteratura e anche nella consuetudine della conversazione, la parola «stronzo» si afferma in epoca assai recente con una progressiva intensificazio­ne nel secondo dopoguerra: non se ne trova traccia nelle opere clas­siche di Moravia, mentre ne fa cer­tamente uso Pasolini. Ma è proba­bile che l’intensificazione, fino ai li­velli odierni, dipenda dallo straor­din­ario successo di uno dei più stra­ordinari classici moderni: «Il giova­ne Holden» di G.D. Salinger del 1952 dove naturalmente il termine è l’equivalente in lingua inglese. Ma è curioso osservare che nella prima e dimenticata traduzione ita­liana dell’editore Gerardo Casini il termine è tradotto con blandi sino­nimi. Soltanto nella seconda fortu­natissima traduzione di Adriana Motti, credo del 1963, il termine «stronzo»è usato a piene mani insi­stentemente ed efficacemente. La grande fortuna anche italiana del libro ha certamente favorito la dif­fusione del termine. Come è intui­bile sono stato un lettore innamo­rato del «Giovane Holden»; ma, contestualmente, ho trovato il ter­mine in alcuni versi memorabili di un libro sfortunatissimo, uscito nei primi anni 60, credo in poco più di 1000 copie, e subito ritirato dal commercio,non per l’interven­to di un magistrato solerte ma per una razzia sistematica dei familiari della persona offesa, tuttora viven­te, una delle sorelle del noto Pierlui­gi Bormioli, industriale del vetro di Parma, noto per i suoi tempestosi amori con Tamara Baroni. Una del­le sorelle di Pierluigi fu disperata­mente amata da Antonio Delfini, l’autore del «Fanalino della Batti­monda », che dopo la terribile delu­sione amorosa dedicò all’amata le sue «Poesie della fine del mondo», temerariamente pubblicate dal­l’editore Feltrinelli, nelle quali si leggono i versi: «Tutto mi hai tolto, neanche la terra mi è rimasta: stronza nefasta!». Ho vanamente tentato di dimostrare che il mio uso della incriminata parola aveva fonti tanto autorevoli. Ma vana­mente! I giudici sono stati implaca­bili eppure le recenti uscite di lea­der politici (anche quella di Fassi­no che ha dichiarato: «Berlusconi dice che quelli di sinistra non si la­vano? Sono stronzate») dimostra­no che l­a parola ha perso ogni colle­gamento con le sue origini materia­li ed è diventata un insulto prezio­so e sofisticato. Non solo per l’incre­dibile diffusione ma per la sostan­ziale differenza con termini analo­ghi o di identico significato come, appunto,«merda»o«pezzo di mer­da ». «Stronzo» è infatti, letteral­mente, chi fa il vantaggio e il danno altrui: un datore di lavoro prepo­tente, un preside, un direttore di giornale, un politico antagonista: «stronzo» è Bossi per Fini e Fini per Bossi; e, per tutti e due «stronzo» è Berlusconi. Generalmente lo stron­zo è un impotente nei confronti del quale nulla possiamo. Se non im­precare. Stronzo è chi fa un dispet­to, chi manca un appuntamento, chi si comporta scorrettamente per proprio tornaconto. E la condi­zion­e dello stronzo non è sostanzia­le ma transitoria, non è una natura ma un modo di essere tempora­neo. Si è «stronzi» per una certa co­sa e fino a un certo momento, e poi non lo si è più. Si può essere «stron­zi » per alcune ragioni e simpaticis­simi per altre. La stessa persona non è oggettivamente «stronza»: può esserlo per uno e non per un altro, in virtù del proprio comporta­mento. Nella fattispecie una don­na bellissima e gentilissima, nello stesso momento è «stronza» per l’uomo a cui si nega ed è straordina­ria per l’uomo a cui si concede. Non c’è quindi un assoluto dello stronzo. Si è stronzi a termine. E il caso della donna sopra ricordato indica che, in una disponibilità suc­cessiva, la condizione di «stronza» può decadere. E può comunque permanere a tempo determinato. Ci sono peraltro«stronzi»più stron­zi di altri, e più resistenti; ma, som­mamente in politica, la stronzaggi­ne è transitoria. Se si esclude infatti la persistente natura da diverse par­ti riconosciuta, di Berlusconi, in quasi tutti gli altri casi lo «stronzo» si può repentinamente trasforma­re in un amico. Oggi Fini è «stron­zo » per Bossi, domani chissà. Casi­ni aspira alla condizione di «stron­zo » permanente ma lo fa delibera­tamente per aumentare il suo pote­re. E alcune posizioni come Fassi­no versus Berlusconi sono irrecu­perabili ma, in definitiva, chi ha più potere è più «stronzo» e finché rimane tale si intende che è consi­derato potente. Quanto fu «stron­zo » Andreotti e quanto oggi non lo è più! In ragione del suo potere, og­gi infinitamente diminuito. Meglio fare rabbia che compassione. Ed è opportuno meditare sulla massi­ma di Stanislaw Lec: «Tutti gli dei furono immortali». Meglio dun­que essere «stronzi», il più a lungo possibile. Vuol dire che si conta, che si esiste. Ad multos annos! E con i migliori auguri per tutti gli stronzi al potere.