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 2011  maggio 10 Martedì calendario

«Benedetto Croce mi aiuti a salvare i libri di Gentile» - È il 3 luglio 1945, l’Italia vive l’euforia della Li­berazione ma sono an­che i mesi in cui si spar­ge il «sangue dei vinti»

«Benedetto Croce mi aiuti a salvare i libri di Gentile» - È il 3 luglio 1945, l’Italia vive l’euforia della Li­berazione ma sono an­che i mesi in cui si spar­ge il «sangue dei vinti». Don Giuseppe De Luca, sacerdote e intellettuale, tessitore di rap­porti trasversali, scrive a Bene­detto Croce, che al prestigio culturale ha riunito una certa influenza politica nella nuova Italia che sta per nascere. Il to­no è accorato: «L’appartamen­to di Giovanni Gentile sta per essere non so se espropriato o comunque manomesso, tre­mo pensando che la raccolta di Gentile, stia per essere di­spersa ». De Luca ha a cuore i destini delle carte e della bi­blioteca di Giovanni Gentile, documenti rilevantissimi tenu­to conto lo straordinario peso del personaggio, e si autodefi­nisce «buffo prete che scrive a Croce perché salvi i libri di Gentile». La risposta di Croce è diplomatica, per lungo tempo è stato il sodale intellettuale di Gentile poi se ne è tragicamen­te separato per la diversa posi­zione sul fascismo: «La que­stione dei libri è per me molto delicata e non posso entrarvi in alcun modo, anche perché non conosco la situazione esat­ta » . Questo scambio di lettere è uno spicchio di un universo molto più vasto, quello dei rap­porti fra il sacerdote Giuseppe De Luca, esponente aperto del­la cultura cattolica, e il grande filosofo laico Benedetto Cro­ce, che per la sua influenza si era guadagnato la definizione di «Papa» della cultura italia­na. Lo scambio fitto di lettere che questi due personaggi eb­bero dal 1922 al 1951, da corpo a uno «tra i carteggi significati­vi della storia della cultura ita­liana del Novecento», come ha scritto Emma Giammattei che ha curato la pubblicazione del­le 138 missive (Edizioni di Sto­ria e Letteratura, pagg. 203, eu­ro 34). Lo scambio di lettere tra il sa­cerdote di origini lucane e il fi­losofo è il confronto dialettico fra due mondi, non privo di franchezza quando c’è da rap­presentare posizioni diverse. Nel 1922, quando il carteggio ha inizio, il fascismo è giunto al potere, «l’idealismo nella versione storicistica», osserva Emma Giammattei, «sembra­va sconfitto e con esso l’antifa­scismo, a favore di un antago­nismo politicamente funziona­le fra l’attualismo gentiliano e la neo scolastica di padre Ge­melli », il dialogo fra Croce e De Luca è uno squarcio di libertà in questo contesto. Significati­ve le pagine in cui c’è uno scambio di idee su Alessandro Manzoni, di fatto una partita sul cattolicesimo nazionale dello scrittore lombardo che implica e sottintende il rappor­to fra letteratura e politica. Tutti e due accaniti bibliofili si scambiano informazioni sul­le rispettive ricerche e De Luca recensisce spesso sull’ Osserva­tore Romano i lavori di Bene­detto Croce, diventandone an­che una sorta di consigliere per gli affari religiosi. Il loro rapporto incontra criticità quando don De Luca diventa un interlocutore privilegiato di Giuseppe Bottai, sia pur non nella veste di gerarca fascista ma in quella di animatore del­la rivista Primato . Nel 1942 Croce pubblica il ce­lebre testo Perché non possia­mo non dirci cristiani , nel car­teggio sono contenuti spunti inediti su come questo saggio fu accolto e elaborato. Non a caso, in appendice al volume c’è uno scrittodi Giuseppe Bot­tai, apparso su Critica fascista , dal titolo già di per sé eloquen­te «Croce rincristanito per di­spetto », mentre De Luca avver­te il filosofo che se il suo storici­smo crede al valore dell’identi­tà nazionale, questa non può prescindere dal legame con la religiosità di un popolo, per­ché Dio «fu il Dio dei primi due secoli cristiani; il Dio di Agosti­no; il Dio di tutta la più grande civiltà europea, il Dio di Dante e di Vico, ed è il Dio di tanti cri­stiani... » . Per chi ama ricostruire i gran­di dialoghi della cultura italia­na, soprattutto quando si toc­cano temi fondamentali quali l’identità nazionale e il suo rap­porto con la fede, questo è un carteggio significativo.