Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  maggio 12 Giovedì calendario

LA SCRITTURA NEL PALAZZO DELLA MEMORIA DI RICCI

In quest’anno la popolazione della Cina ha superato il miliardo e trecento milioni di abitanti, quasi tutti concentrati in una fascia di circa duecento chilometri lungo la costa che si affaccia sul Mar Giallo e sul Mar Cinese. Il tasso di crescita è circa lo 0,5% e la speranza di vita alla nascita è per le femmine quasi di 75 anni mentre, come sempre accade, per i maschi di poco supera i 72 anni e mezzo. Il tasso di alfabetizzazione ossia la percentuale dei maggiori di 15 anni che sa leggere e scrivere è di quasi il 92% con una netta prevalenza dei maschi sulle femmine.
E tutto ciò nonostante le lingue parlate siano molteplici e spesso incomprensibili tra di loro, mentre la scrittura fa riferimento a un vocabolario di ideogrammi, oggi in parte semplificati rispetto al mandarino classico. E questa scrittura è unica, come pure la sua traslitterazione in caratteri ’romani’ chiamata pinyin . Per un occidentale sconvolge l’idea di memorizzare una serie di ideogrammi che per una comprensione di base della lingua deve almeno totalizzare tremila segni.
Almeno così mi si dice. Di certo il problema della memoria, anche oggi che i mezzi informatici offrono tutti gli aiuti possibili, deve avere da sempre angustiato questa civiltà se nel lontano 1596 il gesuita Matteo Ricci insegnò ai cinesi, e probabilmente usò egli stesso, un «palazzo della memoria». Intorno a questo curioso quanto intrigante argomento, che per molti versi anticipa le logiche e le strutture di un ipertesto e dei suoi motori di ricerca, il sinologo Jonathan D. Spence ha scritto un intero libro recentemente apparso in traduzione italiana presso la casa editrice Adelphi. Di Matteo Ricci, nato a Macerata nel 1552 e morto in Cina nel 1610 molto si conosce; un suo ritratto, quello che appare sulla copertina del libro, si trova nella Chiesa del Gesù a Roma e le sue sembianze quasi sembrano avere assunto le fattezze con gli occhi a mandorla di un orientale. Diventò orientale nello spirito trasferendo in quel mondo molto della saggezza occidentale e di certo profuse ogni sua energia per evangelizzare quel popolo, ma anche per avvicinare due culture sino ad allora l’una estranea all’altra.
Difficilmente si riesce a pensare che Matteo Ricci, contemporaneo di Galileo Galilei e cresciuto in un clima di italiana controriforma, sia stato anche matematico e astronomo. Giunto in Cina realizzò la prima carta geografica di quel paese e tradusse Confucio in latino. Ma ritornando al palazzo della memoria non si può fare a meno di ricordare l’Idea di teatro di Giulio Camillo che sulla scia dell’arte della memoria rinascimentale aveva impostato un sistema figurato per gestire mentalmente le informazioni in un mondo che ancora non conosceva gli strumenti informatici.
E se l’opera di Matteo Ricci aveva come scopo principale l’evangelizzazione della Cina ecco che le quattro immagini mnemoniche che ci sono rimaste del suo trattato in gran parte perduto, diventano un segno di civiltà perché «grazie all’esistenza della cultura scritta anche coloro che verranno al mondo tra diecimila generazioni – e sono parole del Ricci – saranno in grado di penetrare nella mia mente come se fossero miei contemporanei». Tutto ciò diventa ancora più vero di fronte a un modo di comunicare che conserva nel segno grafico il profondo significato simbolico del concetto di cui esso è la metafora visiva.
Il Palazzo della memoria di Matteo Ricci non è solo una interessante e avvincente biografia di questo protagonista della cultura tra oriente e occidente, ma anche un modo per pensare con un’ottica differente alle possibili relazioni che in tempi assai prossimi potranno stabilirsi tra il vecchio occidente e un lontano oriente. Oggi che la Cina sta affrontando momenti di crescita economica straordinari a cui non si può guardare che con seria attenzione.