Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 12/5/2011, 12 maggio 2011
FELTRI: «PRONTI A RISTRUTTURARE LIBERO»
Vittorio Feltri punta il dito contro Letizia Moratti. Per il direttore editoriale di Libero, quotidiano vicino al centro-destra, il sindaco di Milano «sta facendo di tutto per perdere le elezioni. Ma non ci riuscirà, nonostante l’ecopass, le nuove piste ciclabili inutili, le ridicole accuse a Pisapia, l’incapacità di comunicare le iniziative positive».
C’è, poi, anche qualche preoccupazione più strettamente editoriale, sulla sorte dei contributi pubblici che Libero non riceve da tre anni: «Abbiamo fatto investimenti contando su quei soldi. Se non arrivano, andremo avanti, ma dovremo ristrutturare». Grande ammiratore dei “nemici” del Fatto quotidiano, Feltri, invece, non le manda a dire a Eugenio Scalfari, «che scrive falsità», né a Barbara Spinelli «che, quando la leggo, mi conduce sempre in uno stato vicino al coma». E racconta pure del suo rapporto con Marialuisa Gavazzeni Trussardi, che sempre più spesso lo accompagna agli appuntamenti mondani.
Domanda. Ma allora è vero che ha versato solo 11 mila euro per diventare socio al 10% dell’Editoriale Libero?
Risposta. No, è una stupidaggine. Le ricostruzioni giornalistiche mancano di alcune parti, di alcuni documenti. La cosa è articolata in maniera più complessa.
D. E cioè?
R. Io e Maurizio Belpietro (pure lui socio al 10%, ndr) offriamo anche una prestazione lavorativa che invece di essere liquidata a fine mese viene convogliata in quella voce lì.
D. E se venissero meno i contributi pubblici (12 milioni di euro per il 2009, 6 milioni per il 2010, ndr), il socio Feltri sarebbe preoccupato per la sorte di Libero?
R. Oggi (ieri, ndr) il Tar si è espresso su questa cosa, e non ci ha dato torto. Attendiamo una decisione definitiva, poiché il giornale, in questi anni, ha fatto degli investimenti contando su quei contributi. Nel caso non dovessero arrivare, Libero andrà avanti lo stesso, raddrizzeremo la baracca. Certo, dovremo fare “macchina indietro”, ristrutturare il giornale. Comunque i primi quattro mesi del 2011 si sono chiusi quasi in pareggio di bilancio.
D. Intanto ci sono un sacco di giornalisti di Libero in aspettativa, e non vengono sostituiti...
R. Ma questo accadeva anche cinque anni fa. Vanno a fare esperienze da altre parti, poi magari tornano al giornale arricchiti. Marco Ferrazzoli, per esempio, è in aspettativa da quasi dieci anni (è capo ufficio stampa del Consiglio nazionale delle ricerche, ndr), Paolo Emilio Russo è andato a fare l’ufficio stampa del ministro Mara Carfagna, due giornaliste sono a Porta a Porta ma continuano a collaborare a Libero. Insomma, c’è un bel via vai.
D. Cosa ne pensa dell’uscita del sindaco di Milano Letizia Moratti, che nel faccia a faccia elettorale su Sky ha tirato fuori la storia della condanna di Giuliano Pisapia per furto d’auto (Pisapia venne condannato in primo grado, poi assolto nei gradi successivi)?
R. Che la Moratti fa di tutto per perdere le elezioni. Ma non ci riuscirà. Nel caso specifico, poteva tacere, al massimo è Pisapia che doveva lagnarsi perché la sua innocenza è stata riconosciuta in maniera tardiva. Altri errori della Moratti sono le piste ciclabili assurde a Porta Venezia e corso Buenos Aires, 300 metri di pista che non servono a nessuno. Oppure l’ecopass, una tassa sui poveri. Ha fatto anche cose positive, ma non è capace di comunicarle.
D. Quando lei è tornato a Libero, nel dicembre 2010, si temeva un crollo del Giornale, da cui si era dimesso. Non è accaduto. Libero, nei primi tre mesi del 2011, sta crescendo del 7% sullo stesso periodo 2010. È soddisfatto?
R. Solo un pazzo poteva pensare che con le mie dimissioni sarebbero crollate le copie del Giornale. Anche nel 1997, quando me ne andai la prima volta, il Giornale proseguì tranquillo. A Libero Belpietro ha fatto un miracolo: il giornale era nato sulla mia persona, e, senza di me, poteva subire uno scossone terribile.
D. Qualcuno, però, dice che lei si stia già stufando di Libero...
R. Ma non è vero. Io mi rompo di questo stallo della situazione politica, in tv si dicono sempre le stesse cose, nei dibattiti si parla di Berlusconi, e ci sono i berlusconiani e gli anti-berlusconiani, nessuno ascolta nessuno, tutti ritengono gli altri dei cretini.
D. La politica, quindi, non è più l’unico argomento in grado di smuovere le vendite dei quotidiani?
R. La gente è stufa, calano le copie e le audience dei talk show. Ma la politica resta ancora l’unico tema che accende. Tanto per dire, hanno ucciso Bin Laden: qualche copia in più il giorno dopo, ma dopo due giorni si è tornati alle solite diffusioni. Significa che la cronaca non tira.
D. Marco Travaglio accusa Libero di scrivere molte falsità: una su tutte, quella sul progetto di attentato a Gianfranco Fini in Puglia. Come si difende?
R. Nel nostro mestiere spesso esageriamo o sottovalutiamo dei particolari. E anche Travaglio, che è un bravo giornalista, ha sparato molte cazzate. I giornali sono pieni di cavolate. Io, per esempio, me ne intendo abbastanza di cavalli. E quando leggo articoli sul tema, trovo tante imprecisioni. Così come quando leggo pezzi su di me.
D. La più grande cavolata su di lei?
R. Eugenio Scalfari scrisse su Repubblica che, quando io tornai al Giornale un paio di anni fa, andai a Palazzo Grazioli a incontrare Berlusconi per trattare la linea di attacco a Fini, ecc. Ma in quel periodo, lo giuro, io non ero mai andato a Palazzo Grazioli. Però se Scalfari scrive cazzate nessuno dice niente.
D. E poi lei sta antipatico a Berlusconi, no?
R. Questo non lo so. Di certo, non abbiamo un rapporto. E non so perché. Tra Belpietro e Berlusconi, o tra Sallusti e Berlusconi, c’è più confidenza. Eppure anche Belpietro non è tanto tenero né espansivo.
D. Dica la verità: in fondo in fondo a lei stanno simpatici quelli del Fatto quotidiano...
R. Beh, è certamente un modello che funziona: sono in quattro gatti, fanno un giornale di 20 pagine con spese ridotte. Vende molte più copie dell’Unità perché ha giornalisti brillanti, è fatto meglio, ha molte notizie che altri non hanno. Loro sono bravi, ti possono essere antipatici, ma sono tecnicamente bravi. Hanno indovinato la formula, con una grafica che fa vomitare. A dimostrazione che la grafica, in un quotidiano, non conta nulla. Devono stare attenti a non allargarsi troppo, a non assumere troppa gente.
D. Tempo fa Antonio Polito disse, se non ricordo male, che se uno voleva mantenere un segreto era sufficiente immergerlo in un editoriale di Nicola Tranfaglia. Nel senso che, tanto, nessuno lo avrebbe mai letto. Editorialisti del genere ne ha mai incontrati?
R. Un sacco al Corriere della Sera, ma non faccio nomi. Una che mi ha sempre condotto in uno stato vicino al coma è Barbara Spinelli: il suo editoriale della domenica sulla Stampa lo vivevo come una specie di supplizio.
D. E invece come si spiega il flop di Gianni Riotta al Sole-24 Ore?
R. È un mio amico, lo stimo. Credo che al Sole non abbia trovato il treno giusto. Poi Il Sole è un giornale specialistico, mentre Riotta è un giornalista più generalista.
D. Frequenta ancora il salotto di Daniela Santanchè?
R. Mai stato un frequentatore assiduo. Ora, comunque, lei è molto presa dalla politica.
D. Tempo fa lei aveva ipotizzato che Sallusti-Santanchè formassero una coppia. Poi i due smentirono. Adesso, però, facciamoci un po’ gli affari suoi: come va la sua vita sentimentale?
R. Ho una moglie e quattro figli, tutti grandi.
D. Ma nelle occasioni mondane lei arriva sempre con Marialuisa Gavazzeni Trussardi. Come mai?
R. È una mia amica da quando eravamo ragazzi. Poi se ti scattano tre foto, ognuno può farsi i suoi romanzelli.
D. Quindi amicizia o, come direbbero sui rotocalchi anni Sessanta, una tenera amicizia?
R. Amicizia. Certo, io sono un uomo come tutti, con le mie storie e i miei problemi.