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 2011  maggio 10 Martedì calendario

Pasqualina, esordiente nel “Corpo Celeste” “Mi sento Cenerentola” - Pasqualina Scuncia sta andando a comperarsi il vestito per Cannes: «Lungo non credo perché la proiezione è al pomeriggio, scuro senz’altro perché anche se mi sento un passerotto sono un donnone, di certo molto semplice

Pasqualina, esordiente nel “Corpo Celeste” “Mi sento Cenerentola” - Pasqualina Scuncia sta andando a comperarsi il vestito per Cannes: «Lungo non credo perché la proiezione è al pomeriggio, scuro senz’altro perché anche se mi sento un passerotto sono un donnone, di certo molto semplice. Porto mia figlia Maria perché mi dia un consiglio, ma comunque vada mi sembra un sogno». Pasqualina Scuncia potrebbe essere una delle sorprese italiane al Festival, la Cenerentola della Croisette: mica è detto che per vivere in una fiaba ci si debba chiamare Audrey o Kate. 49 anni, calabrese di Cataforio alle porte di Reggio, madre di due figli grandi, tabaccaia per 17 anni e poi gestrice di un bed and breakfast, Pasqualina, con quel nome che sembra finto e che per fortuna nessuno ha cambiato, si rivela attrice formidabile in Corpo celeste , il film di Alice Rohrwacher selezionato per la Quinzaine. Dove è Santa, la catechista prima affabile e poi perfida che complica un bel po’ la vita alla cresimanda Marta (Yle Vianello). Signora Scuncia, come ci si catapulta da una periferia della Calabria al tappeto rosso, soprattutto in età non acerba? «È successo che Alice, la regista, ha visto in cassetta una commedia dialettale messa in scena dalla compagnia di dilettanti con cui recito, su testo di mio cognato Domenico Sismo. Si è entusiasmata e mi ha voluto nel cast, anche se le resistenze non sono mancate. Perché il ruolo era difficile, e perché io mi sentivo appassionata ma non tanto sicura. E invece è andata. Ma mi hanno aiutata tutti sul set, e devo ringraziare soprattutto il coach Tatiana Lepore ». E’ un ruolo molto complesso, con Santa che parte buona zia e finisce cattiva disneyana. «E sa quanto mi è costato fare la carogna? Il momento peggiore è stato girare la sequenza dello schiaffo a Yle, povera figlia, una bambina tanto timida e affettuosa, a cui ho fatto anche le torte di cioccolato. Dopo quella scena mi sono messa a piangere. Ma anche lei era sconvolta, non si aspettavache la colpissi così forte». C’è poi il momento spinoso in cui Santa, buttata sul letto, si dispera perché Don Mario sta per andarsene dalla parrocchia. E allora si capisce che lei l’ha sempre amato a senso unico. «Lì ho pensato a come mi sentirei se mio marito stesse per lasciarmi. Sa, siamo sposati da quasi trent’anni, lui lavora in un ufficio postale». Il film non è tenero nei confronti della Chiesa. Lei come la pensa? «Ho sempre creduto in Dio, ma fino all’anno scorso pensavo anch’io che la Chiesa, soprattutto al Sud, fosse più business che fede: ho visto nel mio quartiere le stesse cose descritte nel film. Ora la situazione è cambiata. La vita di recente è stata dura con me, ho avuto il bisogno di tornare in chiesa e ho scoperto che da noi c’è un prete giovane e di larghe vedute che accetta le critiche e ha voglia di nuovo. Sto compiendo un percorso: può anche darsi che catechista finisca per diventarla sul serio». Chi è il divo a cui le piacerebbe essere presentata a Cannes? «E me lo domanda? De Niro. Con Benigni è il mio preferito». Nascerà una nuova Pasqualina? «Guardi che io ho i piedi per terra: se potessi continuare con il cinema sarei felice, ma se andasse buca ho una bella famiglia a cui pensare. Mi salva l’età: entrare in contatto con questo mondo a vent’anni ti può mandare fuori di testa, se ti capita a metà vita guardi ogni cosa con il giusto distacco. Ma il vestito lungo, per piacere, non fatemelo mettere».