Nino Sunseri, Libero 11/05/2011, 11 maggio 2011
I FRANCESI CI RUBANO ALTRI GIOIELLI
Dopo Bulgari un altro marchio italiano del lusso potrebbe diventare francese. Non subito forse. Ma la strada sembra segnata. Nel mirino c’è Pomellato, l’azienda fondata a Milano nel 1967 da Pino Rabolini. A vendere sarà la famiglia Damiani che possiede una partecipazione del 18%. Ad acquistare, secondo le indiscrezioni che circolano in queste ore, potrebbe essere Francois Pinault. Il gran capo di Ppr controlla già in Italia Gucci e Bottega Veneta. Nella gioielleria è presente con Boucheron, marchio «ereditato»con Gucci. Ora sembra intenzionato ad allargare l’influenza nel nostro Paese. Le indiscrezioni hanno messo le ali al titolo Damiani che ha guadagnato più dell’8%.
Per Pinault sarebbe un modo per cominciare a pareggiare i conti con l’arcirivale Bernard Arnault che, attraverso Lvmh, ha appena rilevato Bulgari. Fra i due colossi parigini una lotta che non conosce soste. Si erano giù confrontati su Gucci che Pinault era riuscito a sottrarre alle ambizioni di Arnault. Da allora la partita si ripete tutte le volte che è possibile.
Il pressing su Damiani deve essere piuttosto forte. «C’è molto interesse per i marchi indipendenti» ha confermato Guido Damiani. In realtà la decisione di uscire da Pomellato potrebbe avere altre motivazioni. Damiani, infatti, era entrata nell’azienda milanese una decina d’anni fa rilevando la quota messa in vendita dalla famiglia Signori. L’intenzione era quella di costruire un piccolo polo del lusso aggiungendo al marchio di casa quello più giovanile reso famoso dalla linea Dodo.
Le cose, però, erano andate diversamente. La famiglia di Pino Rabolini, azionista di maggioranza di Pomellato attraverso la holding Ra.Mo ha sempre tenuto i nuovi arrivati ben distanti dalla gestione. Anche dopo l’uscita di Federico Minoli, sostituito da Andrea Morante nella carica di amministratore delegato. Da qui, probabilmente la decisione di uscire mentre Ra.Mo. per il momento resiste. Ma fino a quando? Difficile infatti la convivenza con un colosso come Ppr anche se la quota iniziale è limitata al 18%. Probabilmente per i francesi è solo il primo passo per aggiudicarsi un altro pezzo del made in Italy. Così come accaduto un mese fa per Bulgari e più di recente con Parmalat, perla dell’agroalimentare, l’altro business italiano di eccellenza. Le possibilità che l’avanzata di Lactalis possa essere fermata appaiono, a questo punto, abbastanza modeste. Lo stesso Corrado Passera, amministratore delegato di Intesa, che pure aveva cercato di costruire una cordata tricolore sembra ammainare le bandiere. Ieri all’assemblea della banca ha riconosciuto che il risultato ottenuto su Parmalat «non è stato ottimale» anche se ha costretto i francesi a mettere sul tavolo una “fiche” da 5 miliardi.
Resta il fatto che non si ferma l’avanzata francese a tavola e nelle immediate vicinanze. Nei giorni scorsi è stato ufficializzato l’accordo fra Cheque Dejeneur e il gruppo Camst nel settore dei buoni pasto. I francesi hanno rilevato un altro 19% di Day Ristoservice portando la partecipazione al 49%. La Camst, che fa capo alle coop rosse, tiene il 51% però lascia la gestione ai soci. Ma l’avanzata francese in Italia non si ferma qui. Ieri un’altra notizia: Bnp Paribas ha acquistato il 2,08% di Mediaset. Non sembra un’operazione ostile visto che la maggioranza è saldamente in mano alla Fininvest e non pare proprio che la famiglia Berlusconi voglia separarsi dal suo gioiello. L’investimento di Bnp, casomai, conferma che, in questo momento, il “made in Italy” va molto di moda a Parigi.
Nino Sunseri