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 2011  maggio 11 Mercoledì calendario

QUEGLI ATTIMI DI VITA CHE DIVENTANO ETERNITA’ - L’

autobiografia di Emanuele Severino, Il mio ricordo degli eterni (Rizzoli, pp. 168, e 18,50), da oggi in libreria, è stata scritta dopo molte resistenze. Il filosofo si è convinto lentamente, poi le pagine sono nate di getto. In un primo tempo non voleva parlare di Esterina, la moglie scomparsa nel settembre 2009, perché riteneva che non fosse il caso di svelare una cosa così personale e intima qual era il rapporto con lei. Ma, mentre continuavano le insistenze, si è persuaso che l’autobiografia poteva trasformarsi in un omaggio a Esterina. Il libro ha per questo avuto un carattere di intimità. Posta in un canto la cronaca, che in diverse occasioni lo ha coinvolto, Severino ha anche scelto di tralasciare i nomi di molti cari amici. Perché «ricordo degli eterni» ? Nota Severino: «Perché sono rimasto attratto dalla presenza di mia moglie, ossia dalla sua morte che è insieme l’eternità di ogni momento della sua vita» . L’eternità è propria di tutte le cose e di tutti gli stati e istanti del mondo, di tutte le situazioni «esterne» e «interne» ; siano esse terra, mare, viventi, galassie, pensieri, amori, impulsi. «La filosofia è ciò che libera queste affermazioni dal loro aspetto mitico, dalla loro apparenza di fedi o di fantasia arbitraria» , aggiunge l’autore. Questa autobiografia contiene il Severino non conosciuto, quelle parti della sua vita che non aveva mai scritto. Per esempio la sua infanzia, gli anni dell’università passati al collegio Borromeo di Pavia, la vita con i figli Federico (divenuto un noto scultore) e Anna (si è laureata in matematica). E ancora: eventi come la discussione con il grande filologo Károly Kerényi sulla radice greca da la sera prima di incontrare i giudici dell’ex Sant’Uffizio, il rammarico di non aver dedicato la Struttura originaria, il suo primo libro fondamentale, a Gustavo Bontadini, pensatore «che vale tre Maritain» (come ama ripetere), lo scambio di vedute con Hans-Georg Gadamer. E ancora: i viaggi con Esterina, in particolare quelli a Teheran, a Mosca a Cuba, dove il filosofo venne continuamente invitato per tenere lezioni e conferenze. C’è poi la sua vita «normale» , i giorni fatti di studio e di silenzio. A volte quelle ore le ha trascorse nella sua casa di Madonna di Campiglio, davanti al Brenta; oppure riaffiora il periodo a Ca’ Foscari, a Venezia, dove, dopo aver lasciato la Cattolica di Milano, insegnò per oltre trent’anni. Oggi, professore emerito, ripensa quel tempo e ricorda momenti, situazioni, volti, ma anche le carriere brillanti di allievi, le lezioni (sempre molto affollate). Nel libro ci sono altri significativi incontri, persino uno con Giovanni Testori, il quale, dopo aver visto le sculture del figlio Federico, disse— per Severino «sbagliando clamorosamente» — di scorgervi quell’inquietudine che era dovuta a un certo pessimismo non cristiano. C’è, tra l’altro, la lunga amicizia con Franco Parenti, occasionata soprattutto dall’invito che l’attore gli fece per tradurre l’Orestea di Eschilo, poi messa in scena negli anni 80 con lo stesso Parenti e Lucilla Morlacchi. «Il grande problema nella stesura di questo libro è stato l’identificazione dell’autore della scrittura. Noi crediamo di sapere che un tale sia l’autore dei propri libri, ma quando lo sguardo è quello della filosofia c’è qualcosa che impedisce di identificare l’autore con Severino» : sono parole che ci ha confidato ripensando all’autobiografia che ora vede la luce. Egli suggerisce di cercare nella filosofia, non tanto nell’individuo che scrive in questo tempo; e noi tentiamo di aggrapparci a talune pagine, mentre stanno naufragando opere e parole, per capire, per guardare oltre. Severino ha scelto, come anticipazione di quest’opera, alcuni momenti della sua fanciullezza, passati nella casa della nonna a Bovegno, in Val Trompia (riprodotti qui accanto). Dettagli, luci, figure, sensazioni di estasi perdute. O forse di eterni, abbracciati dal ricordo.
Armando Torno