Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 11/05/2011, 11 maggio 2011
UN COLPO DI FUCILE AL PETTO SULLA LAPIDE DEL NONNO GERARCA
Certo, l’immagine di quel corpo disteso sulla ghiaia davanti alla tomba di Roberto Farinacci ha una sua forza simbolica. Il nipote del ras del fascismo cremonese ha deciso di morire proprio lì, con un colpo di fucile al petto, davanti alla lapide di suo nonno e di sua mamma Adriana. Era un bell’uomo, elegante, un medico del Pronto soccorso, gentile e sorridente, in pensione dal 1995, aveva 67 anni e si chiamava Pietro Enrico Mola, detto Pepe non solo dagli amici. Ieri mattina poco dopo le 8 è andato, come faceva spesso, a visitare la tomba di famiglia, portava con sé un fucile calibro 12, l’ha messo in un angolo, è tornato in città (qualcuno l’ha visto bere un caffè in centro), è tornato verso le 10.30 al cimitero e davanti alla tomba monumentale di famiglia si è sparato. Ora, rimangono due domande: perché ha scelto quel gesto e perché proprio lì? E nessuno sa rispondere.
È vero che ogni fine aprile c’era anche lui a ricordare il nonno nell’anniversario della morte, per celebrare i caduti di Salò. È vero che non negava le sue simpatie per la destra. Ma è anche vero che gli amici lo ricordano come un moderato, mai un dissidio, mai una manifestazione di intolleranza. Anzi, se durante le parate celebrative nel cimitero qualche scalmanato nostalgico alzava la voce, lui si prodigava a sedare gli spiriti bollenti. Era nato, come il primogenito Roberto, da Adriana Farinacci e dal farmacista Palmiro Mola, famiglie storicamente tra le più in vista di Cremona, «un’idillica città» , come l’ha definita Corrado Stajano nel suo libro Patrie smarrite, «un modello del regime fascista. Marciante, fiera» . Era la città «creata» dal segretario del Partito Roberto Farinacci, arrivato sedicenne da Isernia e ben presto fondatore del Fascio cittadino fino a diventare un boss dello squadrismo più violento, inviso a Mussolini ma poi scelto dal duce come uomo di fiducia per guidare il partito dopo il delitto Matteotti. «L’uomo della dittatura poliziesca» cade in disgrazia altrettanto presto, diventando il dissidente più aspro all’interno del regime senza mai arrivare al complotto. Filotedesco e più fascista dei fascisti, sarà fucilato a Vimercate il 28 aprile 1945.
Certo, tutto questo sarà rimasto incollato nella memoria di suo nipote, che nella casa centralissima di Piazza Marconi conservava un archivio con carte e fotografie del nonno e i dipinti del Premio Cremona. Era l’appartamento in cui Pepe Mola, dopo la rottura del matrimonio con Rosellina Gosi, aveva vissuto con sua madre fino al 2008, quando la vecchia Adriana è morta quasi novantenne. Quelli che l’hanno conosciuta la ricordano come una donna autoritaria, avvenente da giovane e volitiva sempre, la figlia preferita del ras, che invece emarginò l’altro figlio, Franco, diplomatico di carriera del quale si persero le tracce. Adriana non doveva essere una madre «comoda» (era una sorta di Edda Ciano, affermano gli storici) ma fu molto amata da Pepe, che— ricordano i colleghi più stretti— non ha mai elaborato la sua scomparsa. In pensione ha continuato a curare il suo fisico atletico: uno Schwarzenegger quasi settantenne, grazie alla palestra quotidiana e alla passione per la canoa, testimoniata anche dall’amicizia con il campione mondiale Oreste Perri, attuale sindaco di Cremona: «Generoso, sereno, sorridente, coraggioso» , sono i suoi aggettivi, «Pepe affrontava le rapide più pericolose senza paura. Una bella figura per la nostra città. L’ho incontrato l’altro giorno in bicicletta in Piazza Stradivari: "Mi raccomando, tieni duro", mi ha detto, sapendo delle difficoltà dell’amministrazione. Aveva una parola di incoraggiamento, sempre» . I colleghi trentennali del Pronto Soccorso non usano aggettivi diversi, e aggiungono: «Disponibile, riservato ma sempre brillante e pronto alla battuta» . Qualcuno dice: «Un maestro per una professione difficile» . Altri raccontano che avesse un male incurabile. Lascia una compagna cinquantenne e un biglietto con il suo numero e con le disposizioni per il funerale. Il comunicato di Polizia parla di crisi depressiva. Ma forse i due perché Pepe Mola se li porterà nella tomba di nonno Roberto e di mamma Adriana.
Paolo Di Stefano
(Ha collaborato Silvia Galli)