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 2011  maggio 10 Martedì calendario

L’ETERNA GUERRA TRA BORSA E BANCHE PER FARSI AMICHE LE IMPRESE

Giuseppe Vegas ha letto ieri la sua prima relazione annuale da presidente della Consob, avendo alle spalle due casi spinosi comunque risolti, Premafin e Parmalat, e una difficoltà, l’allergia del capitalismo italiano alla Borsa, oggettivamente fuori portata per il regolatore. La chiave politica della presidenza Vegas è il sostanzialismo. L’ingresso patteggiato dei francesi di Groupama in Premafin-Fonsai configurava in sostanza un cambio del controllo. Poche storie, dunque: l’assicurazione francese lanci l’Opa su tutto il gruppo Ligresti o si ritiri. La Consob ha così difeso i soci di minoranza, altrimenti esclusi dall’operazione. In Telecom Italia, per due volte, il controllo era passato di mano lasciando per intero il premio al socio di maggioranza relativa. Su Parmalat il governo ha di fatto costretto l’aggressore Lactalis a fare un’Opa totalitaria. Sono state modificate le regole in corso di partita? Sì, e non è bello, ma i francesi non brillano per apertura, e a suo tempo difesero l’acqua minerale Perrier. In modo anodino si è evitato un altro passaggio furbesco del controllo. Il regolatore Vegas non ha criticato il governo. Ha benedetto gli investimenti esteri, purché fatti nella chiarezza. Ma il sostanzialismo di Vegas ispira un’azione che va oltre la vigilanza e si propone di rendere più attraente la Borsa quale canale di finanziamento, specialmente in vista delle restrizioni di Basilea III sulle banche. Procedure più semplici e meno onerose dovrebbero attrarre il Quarto capitalismo delle medie imprese. Un proposito buono e liberale che vorrebbe invertire la tendenza della Borsa, in atto dal 1996, a distribuire agli azionisti assai più di quanto gli azionisti investano nelle società quotate. Negli ultimi 15 anni la Borsa è servita a distribuire reddito, funzione che merita rigore, trasparenza e par condicio, ma non a finanziare lo sviluppo, funzione di interesse più generale. Banche, assicurazioni e servizi pubblici sono già quotati in larga parte. Latita l’industria. E tuttavia il Quarto capitalismo, con le sue specializzazioni che lo portano lontano da piazza Affari, ha un patrimonio in linea con le multinazionali europee. Del resto, se è ancora la leva finanziaria, leggi il debito, a esaltare il rendimento del capitale di rischio, perché mai l’impresa tipo dovrebbe fare aumenti di capitale se non quando ha l’acqua alla gola? La realtà è che il mercato azionario è solo una frazione dei mercati finanziari intermediati dalle banche visibili e invisibili. E tale rimarrà senza tagliare le unghie a questo sistema.
Massimo Mucchetti