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 2011  maggio 08 Domenica calendario

Il cigno vedovo non fa il miracolo: cova l’uovo ma il piccolo muore - Dalla letteratura al cine­ma recente, passando per classici della danza come Il lago dei cigni

Il cigno vedovo non fa il miracolo: cova l’uovo ma il piccolo muore - Dalla letteratura al cine­ma recente, passando per classici della danza come Il lago dei cigni . Il cigno nero è un animale che ha sempre rappresentato il lato oscuro della seduzione: il voltafac­cia della bellezza, il corri­spettivo maligno della gra­zia e della femminilità. Ebbene, c’è una storia ve­ra, che ha preso corpo in Au­­stralia, al Queens Park di Melbourne, e che del cigno nero, stavolta, svela risorse a dir poco commoventi. Un gruppo di teppisti col­pisce a morte un esemplare di cigno nero: una femmina, intenta nella cova del suo pulcino. Il personale dello zoo si affida subito alla poli­zia per le indagini sui colpe­voli e, come accade nei casi in cui un oviparo muoia du­rante la cova, valuta la possi­bilità di completarla con un incubatore. Ma qualcuno non glielo permette: il ma­schio del cigno abbattuto, il padre del pulcino accoccola­to nell’uovo e adesso orfano, decide di perpetuare la cova da dove la sua compagna l’aveva lasciata.Con la pron­tezza di spirito che un mari­to e un papà in carne ed os­sa, chissà, non avrebbe tro­vato: con la devozione che ha lasciato a bocca aperta i funzionari del Queens Park e i visitatori dello zoo, il ci­gno nero si è accovacciato dolcemente sul suo uovo, per non abbandonarlo mai. Addirittura non si è allonta­nato dal nido per cibarsi, il che ha allarmato lo staff del­lo zoo, che ha temuto di per­dere anche questo esempla­re: lo staff che, nuovamente, si è ripromesso di aspettare che i morsi della fame distra­essero il «mammo per caso» per sottrargli l’uovo, effet­tuando poi la cova artificia­le. Nulla da fare. Il cigno nero ha continuato ad assolvere al suo compito senza desiste­re un istante, animato dal più atavico, nobile e univer­sale degli istinti: quello di proteggere il suo piccolo. E tutto ciò che è rimasto della sua incantevole compagna. «Lo staff dello zoo è stato informato che potrebbe es­sere estremamente danno­so e stressante, per il ma­schio superstite, provvede­re così presto alla cova» ha detto il comandante della Victoria Police. Eppure, «i maschi di questa specie so­no in grado di covare le uo­va, e un esemplare può deci­dere sua sponte di non ab­bandonare il nido». Questo è stato il verdetto finale del Queens Park, in religiosa affi­nità col desiderio del cigno. Non ce l’ha fatta. La cova non è andata a buon fine: purtroppo, ciò che del pulci­no stava maturando nel gu­scio è andato perduto, nono­stante il sacrificio strenuo del padre. Un finale malinco­nico, che non rende giusti­zia a un fenomeno di tale te­nerezza ed eccezionalità. Nel best-seller giappone­se di Banana Yoshimoto ( Ki­tchen , 1989), uno dei perso­naggi principali era un uo­mo che, vedovo e padre di un fanciullo, arrivava addi­rittura a mutare sesso, per as­sumere le redini della mater­nità che, prematuramente, era venuta a mancare nella sua famiglia. Trasfigurato, «mammo per amore», il per­s­onaggio giungeva alla subli­mazione della femminilità, in un ricco espediente lette­rario che però muoveva dal­la semplice, innocente veri­tà dell’animo umano: quella per cui ciascuno di noi tende a voler tenere in vita, a strin­gere disperatamente, a di­ventare, se necessario, ciò che ha perso. Un compagno di vita e un genitore, pervaso dallo spirito di abnegazione più irriducibile. Quello che, come il cigno nero di Mel­bourne, vorrebbe mostrare al pulcino l’altra faccia di un mondo che gli ha portato via qualcosa di insostituibile, prima ancora di fargli vede­re la luce.