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 2011  maggio 08 Domenica calendario

VITA DI CAVOUR - PUNTATA 98 - MONETE E BANCONOTE

Noi dunque, che paghiamo le tasse con le aliquote, ci troveremmo in un sistema assolutista.

Di più: ci troveremmo in un sistema socialista. « Gli uomini logici che si sono dichiarati pel sistema delle imposte progressive, non negano i danni immensi ch’esso cagionerebbe alle società come sono attualmente costituite, ma sostengono che può a questo rimediarsi, col fare in modo che i capitali sieno riprodotti ed accresciuti non più in virtù dell’opera dei singoli cittadini, ma mercé di quella del governo, delle società in complesso rappresentate da un potere centrale. Non ci faremo a ribattere ora quest’obiezione, la sola che possa mettersi incontro agli argomenti da noi posti in campo. Osserveremo solo che non si può ammettere senza dare causa vinta ai socialisti, giacché la idea che domina tutte le loro dottrine, il principio dal quale derivano tutte le loro teorie, si è quello di fare del potere, che rappresenta la società, il principale, anzi quasi il solo agente della produzione. Ammettete che questo potere possa direttamente accrescere i capitali nazionali, ed una logica irresistibile vi costringerà pure ad ammettere, sotto una od altre forme, tutte le idee socialiste ».

Incredibile. Viviamo in una società socialista e non lo sappiamo.

Sicuro. L’accumulare il denaro dei cittadini, per poi redistribuirlo, è il vizio/virtù delle democrazie europee quali noi le conosciamo. Cioè dei politici, che oggigiorno - e da molti anni - si comprano in questo modo il consenso.

Non sono sorpreso che la gente fischiasse.

Ma senta come il conte si guadagnò un discredito ancora maggiore. Questa finanziaria preparata da Cavour comprendeva, come ho detto, tre decreti. Il primo decreto era questo del prestito forzoso. Un secondo decreto era una vendita libera di rendita, per due milioni e mezzo. Il terzo decreto era il più rivoluzionario: la Banca di Genova avrebbe prestato allo Stato 20 milioni e in cambio i suoi biglietti avrebbero avuto corso forzoso.

Ancora questa parola, «forzoso». Il «corso forzoso» sarebbe?

Siamo in un mondo dove non esistono banconote. Quando lei depositava in banca un sacchetto di monete, le rilasciavano una ricevuta. Con questa ricevuta, naturalmente, lei poteva, dopo qualche tempo, tornare in banca e farsi ridare le monete. Beh, il corso forzoso le toglieva questa possibilità: fino a nuovo ordine, lei non poteva più cambiare i pezzi di carta in oro o argento. Non poteva più riavere il suo tesoro. Era costretto a far circolare il pezzo di carta come se fosse moneta sonante. La misura apparve subito spaventosa e, per esempio da Genova, partirono attacchi forsennati...

Come mai da Genova?

Indignati dall’armistizio i genovesi stavano facendo la rivoluzione contro Torino e contro Carlo Alberto. Non si sapeva come domarli (andrà poi La Marmora a prenderli a cannonate). Ma soprattutto, secondo Cavour, Genova era la « sola città del regno in cui questa classe di capitalisti sia numerosa e potente ». Le argomentazioni per trattare i biglietti di banca come se fossero monete erano però piuttosto convincenti. Dovendosi ritirare dalle casse dei privati « dai quaranta ai cinquanta milioni e forse più » le monete sarebbero presto scomparse dalla circolazione, per procurarsele si sarebbe dovuto importarne dall’estero, per importarle dall’estero sarebbe stato necessario far pagare meno le merci esportate. « Allora sì che i giornali, i circoli ed i negozianti genovesi leverebbero clamorosi lamenti, e ciò non senza ragione ». All’obiezione che una cosa simile non s’era mai vista, Cavour ricordava che dal 1797 al 1809 la Banca d’Inghilterra, allora in guerra contro Napoleone, era stata costetta alla circolazione cartacea, e senza danno. « Se prima d’ora la circolazione della carta bancaria rimase in limiti ristretti, non è già che questa fosse incompatibile con l’indole economica del paese, ma solo perché l’antico Governo, poco amante delle novità, impedì molti anni la creazione di stabilimenti di credito ». Chi resisteva cioè a questa nuova idea ragionava secondo i principi dell’assolutismo. Nessun danno sarebbe venuto invece dalla circolazione cartacea - e sia pure forzosa - se la Banca avesse messo in giro un numero di biglietti sempre equivalente alla quantità di monete tenute in cassa. O poco di più. Alla fine i biglietti di banca furono approvati.

Accaparramenti? Speculazioni?

« Al primo annuncio del decreto ministeriale, vi fu in Genova una specie di timore panico; i possessori di biglietti corsero dai cambisti, e gli scudi ottennero un aggio che salì sino al 2 per cento. Ad un tempo vi furono alcuni capitalisti timorosi, che s’affrettarono di comprare cambiali all’estero per dar corso ai loro biglietti, e quindi il cambio colle piazze estere si rialzò notevolmente. Le cambiali sopra Parigi si pagarono persino lire 102. Ma, la Dio mercé, questi sragionevoli timori tosto si quietarono. Pochi giorni dopo l’aggio degli scudi venne ridotto a ½ per cento, ed i cambi ricaddero quasi al corso primitivo. Se la carta sopra Parigi è cara, si è solo perché è rarissima. Ma quella sopra Marsiglia è ad assai miglior mercato […] Oggi i cambisti si contentano del 3 per mille per cambiare i biglietti in iscudi ».