Giovanna Gabrielli, il Fatto Quotidiano 10/5/2011, 10 maggio 2011
IL FATTO DI IERI - 10 MAGGIO 1933
Bruciarono in un funesto falò organizzato dagli studenti nazionalsocialisti pilotati da Goebbels, sulla Opernplatz di Berlino. Più di 20.000 libri, trasportati su camion cosparsi di benzina o trascinati su carri per letame trainati da buoi, finirono nel folle rogo del 10 maggio 1933, scagliati nel fuoco da una tribuna decorata con una gigantesca croce uncinata. È la celebre notte del Bücherverbrennung, in cui, in un lugubre rituale esorcistico, accompagnato da canti, musiche e lampi sinistri, sull’immensa pira saranno carbonizzati i “testi malefici”, in primis quelli degli autori ebrei come Heine e Zweig, ma anche quelli dei teorici del marxismo, Marx, Lasalle, dei weimariani Thomas e Heinrich Mann, degli “stranieri corruttori” Hemingway e Schnitzler, e di Brecht, Freud, Einstein e Grosz. Una lunga lista nera di migliaia di autori di opere “den undeutschen Geist”, ostili allo spirito tedesco, requisite nelle case private, nelle librerie, nelle biblioteche circolanti e buttate sul fuoco, tragico simbolo della “purificazione nazista, pronta a rinascere da quelle ceneri”. Preludio del delirio del Reich, profetizzato da Heinrich Heine nel celebre verso “...dove arde il libro, in fin s’abbrucia l’uomo”.