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 2011  maggio 08 Domenica calendario

FONDAZIONI BANCARIE, ASPETTANDO LA CARTA

L’ultimo che le ha attaccate è stato Massimo Ponzellini, presidente della Bpm. Prima ci aveva provato il banchiere Cesare Geronzi. Ma con Giulio Tremonti al ministero dell’Economia e Mario Draghi in Banca d’Italia le grandi fondazioni bancarie possono stare tranquille: troppo importante è l’apporto che, con la regia di Giuseppe Guzzetti, danno alla stabilità del sistema in questa turbolenta stagione perché qualcuno possa pensare alla revisione della legge Ciampi (sulla cui genesi è interessante leggere il bel libro di Fabio Corsico e Paolo Messa, Da Frankenstein a principe azzurro. Le fondazioni bancarie fra passato e futuro, Marsilio). Ma nemmeno l’attuale presidente dell’Acri, l’associazione nazionale delle 88 fondazioni, è eterno. E in periferia i partiti già tentano il mercimonio delle poltrone. Di qui l’idea di varare nell’assemblea del centenario dell’Acri, giugno 2012, una Carta delle fondazioni che indichi nuovi impegni d’onore per la governance, le erogazioni e la gestione del patrimonio, aspetto delicatissimo, quest’ultimo, in tempi di aumenti di capitale delle banche d’origine. Confermata la legge Ciampi, che le qualifica come enti privati con piena autonomia statutaria e gestionale, le fondazioni si prefiggono di migliorarne l’applicazione in via volontaria. La gestazione della Carta prenderà un anno, ma già si può ragionare su alcune idee guida. Per evitare che presidenze e consigli diventino oggetto di scambio sul mercato politico, è meglio l’indicazione secca di un nome da parte degli enti locali aventi diritto, delle Camere di commercio e delle istituzioni della società civile oppure è meglio l’indicazione di una terna, magari da sottoporre al parere consultivo di una commissione che, come per le erogazioni, comprenda anche personalità internazionali? Gli statuti non sono univoci, nessuno li vuole omologare, ma una riflessione comune andrà pur fatta. E con lo stesso spirito si potrebbero ipotizzare uno o due anni di moratoria pre e post nomina onde evitare l’uso della fondazione come trampolino per fare carriera in politica o venendo dalla politica. L’altro punto scottante è la diversificazione degli attivi di bilancio, questione delicata soprattutto laddove la dimensione è grande. Tranne la fondazione Mps e, meno, la Carige, la partecipazione delle fondazioni alle banche d’origine è percentualmente bassa. Le fondazioni non hanno avuto problemi a diluirsi favorendo la concentrazione del sistema bancario nazionale. E al dunque, tranne rari casi, hanno sottoscritto gli aumenti di capitale anche oltre le proprie quote, smentendo chi le vedeva condannate all’impotenza. Ma il peso di queste partecipazioni nel patrimonio delle singole fondazioni talvolta è troppo rilevante. Se in questa congiuntura, il ministero vigilante ha pragmaticamente chiuso un occhio, la Carta dovrà dare indicazioni. E queste potranno forse aiutare la fondazione senese, che dopo l’aumento di capitale avrà L’ 85-90%degli attivi concentrati nel Monte dei Paschi, a scendere a tempo debito sotto il 50,1%della banca per recuperare flessibilità e distribuire il rischio.
Massimo Mucchetti