Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  maggio 08 Domenica calendario

QUELLE OSSESSIONI TEDESCHE CHE PARALIZZANO L’EUROPA

Ancora una volta il futuro europeo è ostaggio della politica interna e dell’emotività tedesca. In Germania la crisi di Irlanda, Grecia e Portogallo continua a provocare tensioni. C’è chi minaccia di non approvare gli aiuti europei e chi suggerisce la ristrutturazione del debito nei Paesi più fragili. Il cancelliere Angela Merkel opta per l’ambiguità, anche sul futuro della Banca centrale europea, suscitando angosciosi interrogativi sulla sua reale opinione.

La classe politica tedesca oscilla nervosamente tra la consapevolezza che il fallimento della Grecia provocherebbe un drammatico sconquasso dell’Eurozona e l’ossessione di voler valutare con un prisma morale la crisi debitoria in cui versano non solo la Grecia ma anche il Portogallo o l’Irlanda. L’anno elettorale e la debolezza nei sondaggi non contribuiscono alla lucidità della maggioranza democristiana-liberale.

Ieri il portavoce della Cdu per le questioni di bilancio, Norbert Barthle, ha giocato la carta del realismo, spiegando che «non c’è alternativa» ad aiutare la Grecia, in crisi finanziaria: «Dovremo accettare questa soluzione. Non c’è la reale possibilità di ristrutturare il debito». Qualche giorno fa però Frank Schäffler, un esponente dell’Fdp aveva chiesto al Governo portoghese di vendere le proprie riserve d’oro prima di chiedere un sostegno all’Unione.

Alla fine di questa settimana il Partito liberale terrà un importante congresso durante il quale verrà eletto il nuovo presidente, il ministro della Sanità Philipp Rösler, chiamato a sostituire il leader dimissionario Guido Westerwelle. Il documento che verrà presentato ai delegati spiega che il partito darà il suo benestare ad aiuti finanziari ai paesi in crisi in casi estremi, «quando la sopravvivenza dell’Eurozona è a rischio», e purché vengano rispettate condizioni stringenti.

Ai minimi nei sondaggi, si vota il 22 maggio a Brema, l’Fdp flirta con posizioni euroscettiche. Più in generale l’establishment tedesco crede che la Grecia non stia facendo abbastanza per risanare i conti e che il Portogallo seguirà la stessa strada. Molti esponenti politici, inclusa la signora Merkel, sanno che né la ristrutturazione del debito né l’uscita dall’euro sono opzioni consigliabili, ma minacciando queste eventualità vogliono strappare ai Governi sforzi più efficaci.

Le tensioni si riversano sui giornali. Non passa giorno senza che la stampa dia spazio a interviste, dichiarazioni e voci sulle intenzioni più o meno plausibili del Governo tedesco nel gestire questo delicatissimo momento. Quasi ogni fine settimana Der Spiegel si fa portatore di indiscrezioni, come venerdì quando ha rivelato l’esistenza del vertice ristretto in Lussemburgo e annunciato (per poi essere smentito) una prossima ristrutturazione del debito greco.

Proprio ieri sera, Focus rivelava che 19 deputati Cdu e Fdp sarebbero contrari al paracadute salva-stati Esm, in attesa di approvazione al Bundestag. Secondo la rivista il Governo federale non avrebbe la maggioranza alla Camera Bassa. È l’ennesima indiscrezione che alimenta l’angoscia tedesca. In questo contesto, si capiscono meglio le esitazioni della signora Merkel, lo sguardo rivolto ai (presunti) sentimenti dell’opinione pubblica.

La stessa prudenza emerge anche nel prendere posizione su Mario Draghi, candidato alla presidenza della Bce. Una settimana fa Der Spiegel sosteneva che la signora Merkel stava solo aspettando il momento opportuno per sostenere la nomina del governatore della Banca d’Italia. Venerdì sempre Der Spiegel ha affermato che il cancelliere vorrebbe destinare Draghi al Fondo monetario internazionale, in modo da nominare alla Bce un proprio candidato.

La Cancelleria lascia fluttuare l’incertezza: alla ricerca del momento opportuno per appoggiare un banchiere italiano in una Germania scettica sulle capacità di un presidente della Bce proveniente da Roma? O per alzare il prezzo nel sostegno a Draghi? Forse semplicemente il detto di Churchill, secondo il quale gli americani fanno la scelta giusta dopo averle provate tutte, si applica anche ai tedeschi in piena crisi debitoria.