Silvia Truzzi, il Fatto Quotidiano 8/5/2011, 8 maggio 2011
LA FEDELTÀ PER MUSA
Intervistato da “Repubblica”, lo scrittore israeliano Abraham Yehoshua offre spunti interessanti (anche se, si obietterà, non inediti) su un tema sempre in voga: l’amore. Variazione sul tema: ogni tanto, come la “figura del padre” o lo stile anni 70 torna di moda l’amore coniugale. E per fortuna. Così, almeno per qualche tempo, ci destiamo dal cupo relativismo dei legami “moderni”: liberi e liberati al grido di “give me a break” (a Roma, “damme tregua”). Intanto Yehoshua ammonisce: una parola d’amore non basta a costruire una coppia. Se dici ti amo lo devi confermare, “esplorando quotidianamente il sentimento”, cercando “nuove motivazioni o minacce nascoste”. Fatica? Sì, ma il bello è questo. La sfida è “non ti faccio cadere”, proprio perché è assai più complicato far prosperare un amore di un’amicizia. Poi spiega che l’amore eterno non è un’utopia: “Non mi piace questa parola, ci fa credere che sia un obiettivo irraggiungibile. Sono convinto che tutti possano far vivere a lungo un sodalizio amoroso, se adeguatamente curato e protetto”. Non è impossibile. Lo hanno scritto altri, da Montale ad André Gorz. Non mi stancherò mai di raccomandare e citare la stupenda lettera del filosofo francese alla moglie Dorine: “Stai per compiere 82 anni. Sei rimpicciolita di sei centimetri, non pesi che 45 chili e sei sempre bella, elegante e desiderabile. Sono 58 anni che viviamo insieme e ti amo più che mai. Porto di nuovo in fondo al petto un vuoto divorante che solo il calore del tuo corpo contro il mio riempie”. E poi: “Ho avuto molte difficoltà con l’amore perché è impossibile spiegare filosoficamente perché si ama e si vuole essere amati da una tale persona precisa con l’esclusione di tutte le altre” (Lettera D. Sellerio). Punto di vista che sbugiarda tutti quelli che si nascondono dietro il “tutto finisce”. È una foglia di fico che copre le scelte frettolose, le scelte di comodo, le scelte inconsapevoli. Si sta accanto a qualcuno se c’è comunione, passione, ammirazione. Se ne vale la pena, altrimenti meglio star soli e non far troppi danni (si fanno, si fanno: anche in caso - non molto frequente - di assoluta onestà con l’altro). Yehoshua è un appassionato sostenitore di un’istituzione di cui si torna a parlare se un principe biondo sposa una borghese: il matrimonio. Oltre l’Abbazia di Westminster, al matrimonio sono riservate parole di scherno, al massimo di misericordia. Ma l’affermazione più avvincente dello scrittore ebreo riguarda il suo lavoro: “Perlustrare le misteriose strade attraverso cui un uomo e una donna decidono di rimanere insieme è narrativamente molto più interessante che lavorare intorno al fallimento dei matrimoni, a rotture e tradimenti, all’alienazione della coppia e altri disastri su cui ormai è stato raccontato tutto”. Il che potrebbe risparmiarci in futuro la lettura di annunciati capolavori tipo “La separazione del maschio”. E forse perfino indurre alla riflessione i prof di Philip Roth, convinti che la Terra non giri attorno al Sole, bensì attorno al proprio inquieto, socievole, intelligentissimo nonché ossessionato, pisello.