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 2011  maggio 09 Lunedì calendario

Il suicidio dell’ultimo playboy - Se proprio doveva essere, non poteva essere altrimenti; non stupisce la scelta di luogo e data a rinverdire l’eco di una stagione d’oro tramontata da troppo tempo

Il suicidio dell’ultimo playboy - Se proprio doveva essere, non poteva essere altrimenti; non stupisce la scelta di luogo e data a rinverdire l’eco di una stagione d’oro tramontata da troppo tempo. Fritz Gunter Sachs si è sparato in uno chalet a Gstaad, in Svizzera, località sciistica esclusiva dove il jet-set, come si sarebbe detto negli Anni 60, usava trascorrere le vacanze invernali, mentre quelle estive si dividevano tra Saint Tropez e quella Croisette a Cannes che a giorni si riempirà di personaggi eccellenti per il Festival del Cinema che lui adorava frequentare. Aveva 78 anni, gran parte dei quali spesi tra eccessi mondani e dolori familiari, tanti amori, qualche matrimonio, il più eclatante, con Brigitte Bardot, e troppi divorzi, tre figli, una moglie e un fratello morti malamente. Nella biografia si legge che era anche un matematico, un industriale, certo fu enfant gaté in una famiglia esclusiva: nacque nel castello di Mainberg in Germania. La madre era la figlia di Wilhelm von Opel, il padre Willy (morto suicida nel ’58) aveva ereditato la Fichtel&Sachs, poi, durante la guerra, aveva avuto rapporti non trasparenti con Hermann Göring e Heinrich Himmler. L’insieme lasciò Gunter ricchissimo. Fotografo di un certo talento, addirittura autore cinematografico, (dedicò un film agli sport invernali, «Happening in White» e quarant’anni fa ottenne il primo premio del Cio), ma soprattutto play boy. Lo era diventato, amante professionista, proprio intorno gli Anni 50 e oltre, quando il termine non era ancora abusato, segno di una certa facilità nel conquistare donne belle, famose, con il vizio della ricchezza. Solo a elencarne qualcuna gira la testa. In ordine sparso compaiono Marina Doria («donna dal fisico atletico bellissimo, fu amore travolgente. La vidi mentre volteggiava sugli sci d’acqua. Mi ricordava Esther Williams. La conobbi la sera stessa nel castello di Vittorio Emanuele, suo futuro marito. Ci siamo voluti dal primo istante»), Capucine, Ira Fürstenberg, Juliette Gréco, Soraya, l’ex imperatrice iraniana lasciata a nozze già annunciate, conquistata a bordo del motoscafo Dracula che faceva la spola tra Saint Tropez e Cannes, dove giocarono a Paride che rapisce Elena, per finire esausti nel gran letto della torretta, al Carlton «come in un film di Cary Grant» e, ovviamente la più nota, Brigitte Bardot. Il primo vero incontro fu sul set di JeanLuc Godard, sul lago di Ginevra tra un ciak e l’altro: «Quando venni a sapere che Brigitte sarebbe venuta lì, in me si destò il lupo». Però non accadde nulla, solo propedeutiche schermaglie lui doveva ripartire. «Mi tornò alla mente una frase di Napoleone, “con le donne l’unico modo di vincere è la fuga”». Poi, furono tre anni di burrascosa unione, scoppiata come un colpo di fulmine i primi di luglio del 1966, quindici giorni dopo si sposarono a Las Vegas, in agosto già erano paparazzati separatamente ma sempre nella costa di mare francese che non ha eguali. A loro due Saint Tropez dovrebbe erigere un monumento. Il posto era già bellissimo, un mare trasparente, la giusta densità di aristocratici e ricchi sparsi nei dintorni, ma quell’aria malandrina e trasgressiva furono loro a imprimerla e «Saint Trop» diventò la meta ambita dagli happy few e sognata dai tantissimi divoratori di rotocalchi rosa che così trovavano pane per i loro denti: petali rosa per lei lanciati dall’elicottero sulla villa Madrague, lui su un piatto d’argento, nudo, a simboleggiare un maialino per lei. E poi gli amici: Gunter Sachs si dava del tu con i Kennedy e con Gianni Agnelli,conSalvador Dalì che lo coinvolse in un’orgia più affollata del solito e con Andy Warhol, fu grande amico di Coco Chanel e di Michelangelo Antonioni, che per il suo «Blow up» volle che il protagonista recitasse vestito «à la Sachs», vale a dire pantalone bianco, camicia a righe bianche e azzurre, con il collo aperto senza cravatta, piedi nudi dentro mocassini neri. Glielo rivelò il maestro a Cannes nel 1967, quando ricevette la Palma d’Oro dalle mani di Brigitte Bardot. Episodi che furono materia di un nostalgico libro autobiografico, «I migliori anni della nostra vita» nel quale si chiedeva e chiedeva se i play boy potessero avere eredi. Naturalmente no, al massimo possono avere dei maldestri imitatori. Da tempo si era ritirato a Londra dove diceva di vivere bene. Si era scoperto appassionato d’astrologia, anzi si era riscoperto, visto che nel 1955 aveva fondato il suo «Istituto per la ricerca empirica e matematica del contenuto di verità dell’astrologia in riferimento al carattere umano». Ora che tutto è finito, a dare l’annuncio della morte è un’associazione che fa capo a Brigitte Bardot. Lei è chiusa nel suo dolore, chi la conosce giura che è «distrutta».