Gianni Clerici, la Repubblica 9/5/2011, 9 maggio 2011
BACI DA ROMA
Nel leggere le iscrizioni – Nadal, Federer, Djokovic, Wozniacki, Sharapova, Schiavone - mi sono reso conto che ci sono anche le donne. Era tempo! Il Tennis iniziò infatti la sua storia virilmente, intorno al quattordicesimo secolo, e si dovette attendere più di cent´anni perché le cronache facessero menzione di una donna: Margot, secondo il mio collega Rabelais, era in grado di rinviare l´eteuf, la palla di stoffa, non solo con una ma con due mani. Primo e tipico esempio di tennista bimane, una di quelle che hanno ormai quasi eliminato dai court le povere mono-mani.
Nel prosieguo della storia del nostro gioco, le donne incontrarono infinite difficoltà nell´essere ammesse anche a Wimbledon, tanto che il regale All England Tennis and Croquet Club ne segnala la presenza soltanto a partire dal 1884, sette anni più tardi dei maschi. E non parliamo della Coppa Davis, che inizia nel 1900 mentre, per la Fed Cup, bisognerà attendere sessantatré anni.
Nei nostri Internazionali non si era verificata, all´inizio, una eguale deriva. Il fondatore del torneo, il Conte (del Fascismo) Alberto Bonacossa, era uomo di mondo, certo superiore a divisioni simili a quelle tipiche di androcei e ginecei ecclesiastici: tanto che la prima vincitrice del 1930, Lili de Alvarez, non fu ricevuta a Milano con minor sfarzo dello straordinario Big Bill Tilden: il primo gay tra i Number One mondiali (a quando un torneo trisex?). A Roma le donne erano, se non proprio scomparse, declassate, dal 1979. Per le atroci colpe di un presidente che non fui abbastanza generoso nel sostituire, nel ‘79 la Federtennis si rese conto di aver ridotto il torneo femminile a livelli provinciali, e se ne liberò grazie a un Benemerito, Poppi Vinti, Presidente dello Junior Club di Perugia. Quella deliziosa città accolse benissimo il torneo, non soltanto lo tenne in vita ma vivificò.
Seguirono cinque edizioni disputate ad alto livello, con il nome della Evert sulla ribalta, per tre finali consecutive vinte (1980-82) e una perduta (1984). A questo punto, per ragioni troppo lunghe da elencare, il torneo subì un nuovo declassamento e finì a Taranto, certo meritevole, ma incapace di far di più che ospitare una edizione modesta, vinta dall´italiana (la terza dopo Valerio e Ullstein-Bossi) Raffaella Reggi: non indegna del titolo, grazie anche ad una successiva onorevolissima carriera che la issò a n. 13 mondiale.
L´anno successivo la prova venne addirittura cancellata, a imperitura vergogna degli Incapaci, e poi eccoci nuovamente a Roma, con successive, varie vicende sottopolitiche, che spinsero a scostare il torneo femminile e quello maschile. Dapprima, dall´87 al ‘99, le donne furono destinate alla settimana precedente quella dei maschi e, infine, per una nuova vicenda di misteriosa sottopolitica, con la cessione della data a Berlino, un altro capovolgimento, dal 2000: con gli uomini a precedere le ragazze, e quest´ultime a pagare la sazietà degli spettatori, sempre meno numerosi.
Questa finale ricongiunzione è dovuta a più di una causa, oltre che a un positivo orientamento federale, e alla ricostruzione del Foro (meritoriamente dovuta a Diego Nepi-Molineris) ma quel che interessa noi aficionados è lo spettacolo, indubbiamente migliorato dalla duplice presenza contemporanea, e anche dal clima che non fatica a stabilirsi tra uomini e donne. Non ritorneremo certo ai miei Anni Cinquanta, ai tempi in cui non solo un torneo unisex era inimmaginabile, ma molti sodalizi, non sempre occasionali, si manifestavano addirittura nelle scelte dei – delle – partner di misto, o addirittura di una vita. Il clima verrà comunque allietato, e lo spettacolo più vario, e addirittura meno drammatico.
Il gioco, in cui il professionismo ha prodotto, insieme a qualche miglioramento, aspetti che definir gioco è inesatto, potrebbe addirittura ritrovare il suo autentico significato originario. Da privilegiato spettatore professionista, non sarò certo io a sconsigliare l´acquisto di un biglietto. Sebbene sembra che, da mercoldì, ci si debba già rivolgere ai bagarini professionisti che, forse ad imitazione del Roland Garros, sarà difficile vedere importunati dalla forza pubblica, come a Wimbledon. Grande torneo, dunque. Ci manca solo uno Schiavone virile, erede di Pietrangeli e Panatta, perché il nostro gioco torni di moda.