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 2011  maggio 09 Lunedì calendario

«DIETRO LE VIOLENZE, I SALAFITI NEMICI DELLA DEMOCRAZIA»

Mohammed Sabreen è vicedirettore del più diffuso quotidiano egiziano e del mondo arabo, il semi-governativo Al Ahram. Noto per le sue analisi anche su alcuni media internazionali, Sabreen ha fatto parlare molto di sé firmando l’editoriale di «scuse al popolo egiziano per 30 anni di menzogne» imposte dalla censura, pubblicato in prima pagina dopo la caduta di Mubarak. Sostenitore convinto del nuovo corso, musulmano liberal, si occupa anche della «questione copta» riesplosa negli ultimi tempi. «In realtà è la questione salafita ad essere riemersa. Tensioni violente tra le comunità ci sono sempre state ma la rivoluzione aveva visto il momento più magico proprio nel loro superamento, con cristiani e musulmani che pregavano vicini in piazza Tahrir. Ma la fine di 30 anni di dittatura ha concesso un’ampia libertà a tutti, compresi gli estremisti che esistono ovunque, anche tra i cristiani. E’ molto allarmante, ma forse inevitabile. L’importante è che il governo e il Consiglio militare abbiano reagito con molta durezza, senza tollerare che nessuno infranga le leggi. Gli autori delle violenze saranno giudicati senza discriminazioni di fede o politica. Sta già succedendo con gli arresti e i processi agli uomini del vecchio regime, Mubarak compreso» . Ma chi sono i salafiti oggi? E che rapporti hanno con i Fratelli musulmani? «Sono estremisti fuori dal tempo, che per anni hanno respinto la democrazia e i partiti come prodotti dell’Occidente e ora vogliono perfino crearne uno. Il Paese è moderato ma loro fanno molto rumore e alle elezioni potrebbero arrivare anche al 10%, contro un 20%della Fratellanza, che prende le distanza da loro, e viceversa. Ma stiamo attenti: i Fratelli sono opportunisti, potrebbero in qualche modo utilizzare i salafiti per poi presentarsi come "la faccia onesta"dell’Islam, come l’alternativa "civile". Vedremo» . Circolano molte teorie complottiste sui salafiti: manovrati dall’ex partito del raìs o persino dai sauditi. Che pensa? «I sauditi non hanno apprezzato la caduta dell’amico Mubarak, nè le recenti aperture del Cairo verso Teheran. Sono però troppo intelligenti per non capire che un Egitto stabile è nell’interesse dell’intera regione, Golfo compreso. E anche loro hanno il problema dei salafiti. Non escludo invece che a giocare con loro e a manovrarli siano gli apparati di sicurezza che facevano capo all’ex ministro degli Interni Habib Al Adly. Sono quelli che hanno represso nel sangue ogni opposizione e poi hanno perso di più. E nell’indagine sulla strage copta di Capodanno ad Alessandria sono emerse accuse precise contro di loro» . Si parla anche di contro rivoluzione. Secondo lei c’è un rischio concreto? «Non penso che nessuno possa dirottare la rivoluzione ormai. Avvenimenti come questi scontri interreligiosi sono pessimi, ma il nuovo corso proseguirà. La sola cosa che temo è che l’Occidente, che tanto aveva ammirato le rivoluzioni qui e in Tunisia, ci abbandoni. Questi due Paesi hanno un assoluto bisogno dell’aiuto dell’Europa e degli Usa per rilanciare l’economia, chiave della transizione verso la democrazia. L’Italia aveva proposto un Piano Marshall, mi pare, per creare posti di lavoro e stabilità. Bene, che lo faccia, e in fretta. Non resti incastrata in Libia ignorando che in Tunisia e in Egitto le difficoltà sono ancora enormi. Se l’Europa non se ne rende conto ora, lo rimpiangerà amaramente in futuro» .
Cecilia Zecchinelli