Varie, 9 maggio 2011
Carmela Rea detta Melania, 29 anni, di Somma Vesuviana, comune di 35 mila abitanti in provincia di Napoli, alta, snella, il viso incorniciato da lunghi capelli scuri, assai avvenente, casalinga e mamma di Vittoria, di soli 18 mesi
Carmela Rea detta Melania, 29 anni, di Somma Vesuviana, comune di 35 mila abitanti in provincia di Napoli, alta, snella, il viso incorniciato da lunghi capelli scuri, assai avvenente, casalinga e mamma di Vittoria, di soli 18 mesi. Sposata con Salvatore Parolisi, 30 anni, caporalmaggiore dell’Esercito in servizio al 235° reggimento Piceno di Ascoli, bell’uomo, alto e prestante, addestratore di donne soldato. Descritti da tutti come una serena coppia affiatata, abitavano a Folignano, in provincia di Ascoli Piceno. La Rea, sparita lunedì 18 aprile, fu trovata morta due giorni dopo, grazie a una telefonata anonima: seminuda, in un bosco vicino a Civitella del Tronto (Teramo), a 20 chilometri da Ascoli. Qualcuno le diede almeno una ventina di coltellate e poi aprì la sua gola. Un taglio a forma di svastica su una gamba, una siringa piantata sotto il seno sinistro, un laccio emostatico accanto al corpo. Il giorno in cui sparì, racconta il marito, erano andati tutti insieme dal pediatra, poi nel primo pomeriggio decisero di trascorrere qualche ora a Colle San Marco, dove c’è un grande prato con delle giostrine e un chiosco. Poco dopo l’arrivo, intorno alle 14,30, Melania si mise alla ricerca di un bagno più pulito di quello pubblico che sorge accanto al prato, e si diresse verso un ristorante, a circa 500 metri di distanza. Imboccò una stradina alberata e da allora non fece più ritorno. In seguito il Parolisi ha fatto sapere che anni addietro aveva avuto una relazione con una commilitona, e che nel bosco dove è stato trovato il cadavere era andato poche settimane prima a fare l’amore con sua moglie mentre la bambina li aspettava in macchina. Qualche testimone dice di aver visto, proprio durante i giorni della scomparsa, una donna uscire di fretta dalla boscaglia. Un altro di aver incontrato in un bar poco distante una soldatessa parecchio agitata. Un amico di Parolisi, subito dopo la scomparsa della signora Rea, ha ricevuto una chiamata da lui che in preda al panico gli ripeteva: «Me l’hanno presa, me l’hanno presa». In base ai rilievi gli inquirenti dicono che c’è troppo poco sangue nel luogo dove la Rea è stata trovata; che sulla siringa non c’è Dna della vittima, né del marito; che le coltellate sono poco profonde e potrebbero essere state inferte anche da una donna.