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 2011  maggio 06 Venerdì calendario

L’ULTIMO SIPARIO SULL’IMPERO DEI FALSI

Dai salumi al latte. Nasce così Calisto Tanzi: prima di fondare la Parmalat, negli anni Cinquanta vendeva i salumi della ditta del padre. Ma non gli piaceva e appena ha avuto l’occasione, si è dedicato ad altro. Al latte un prodotto povero, ma molto remunerativo, almeno in quegli anni. Il successo arriva negli anni 60 con l’invenzione del tetrapack, il latte in cartone che sostituisce la tradizionale bottiglia di vetro, e la lavorazione Uht del latte a lunga conservazione, brevetti di cui la Parmalat ancora oggi ne è proprietaria. Una piccola azienda a conduzione familiare che negli anni del boom economico ha imposto il suo marchio nel mondo, come esempio del made in Italy, per poi diventare la «più grande fabbrica dei falsi della storia del capitalismo europeo».

Negli anni della crescita, la società emiliana si trasforma in un’azienda di rilievo nazionale, sponsorizza la Formula Uno, acquista la squadra di calcio del Parma e tenta l’avventura televisiva con Odeon tv. Nonostante la crescita a tappe forzate, l’assetto societario rimane quello di un’azienda a conduzione familiare nelle mani delle tre famiglie Calisto Tanzi, Annamaria Tanzi e Giovanni Tanzi, riunite nella Coloniale, la società che controllerà la Parmalat Finanziaria quando approderà in Borsa nel 1990.

L’arrivo a Piazza Affari si dimostrerà una decisione dettata dalla necessità di reperire risorse per finanziare il consistente indebitamento che già allora gravava sulla Parmalat. Da quel momento in poi il gruppo di Collecchio, come ha stabilito la sentenza del Tribunale di Parma, condannando Tanzi a 18 anni per bancarotta, ha sempre presentato bilanci falsi: «Il gruppo - scrive il giudice - ha comunicato al mercato, dal 1990 in avanti, di avere conseguito flussi di liquidità disponibili per il rimborso dei debiti e il pagamento degli oneri finanziari, di gran lunga superiori a quelli effettivamente realizzati». Operazioni finanziarie di grandi dimensioni sempre più costose, la crescita per linee esterne non redditizie, imponenti distrazioni a favore della famiglia, degli amici ma anche dei politici, quanto basta per fare della Parmalat una multinazionale con i piedi d’argilla, finanziata dalle banche con il ricorso dei prestiti obbligazionari.

La politica aggressiva di acquisizioni portò il gruppo ad entrare in settori non strettamente legati al core business: come il turismo, con la nascita di Parmatour gestita dalla figlia Francesca. Le difficoltà maggiori cominciarono per Tanzi e il suo gruppo nel 1999, quando venne acquisita Eurolat dal gruppo Cirio di Sergio Cragnotti. Un’acquisizione sulla quale grava il sospetto di pressioni provenienti dalla Banca di Roma di Cesare Geronzi, con l’obiettivo, secondo la procura, di rientrare dei crediti con l’acquisto del gruppo di Parma. Uno schema che si sarebbe ripetuto nel 2002 con le acque minerali Ciapazzi di Giuseppe Ciarrapico.

Il problema restava, però, quello di spiegare perché un gruppo che vantava una liquidità colossale di 3,8 miliardi di euro, continuava a ricorrere con quella intensità al credito e alle emissioni obbligazionarie. Nel 2003 per ben due volte Parmalat è costretta dall’allarme creato sul mercato, a ritirare emissioni di titoli già annunciate.

Il bubbone scoppia nel novembre del 2003. Tanzi, su suggerimento delle banche, chiama Enrico Bondi con l’obiettivo di risanare tutto il gruppo, ma i soldi in cassa non ci sono neppure 150 milioni per fare fronte al pagamento di un bond «dell’Immacolata» in scadenza l’8 dicembre. L’attenzione sul gruppo di Collecchio si fa serrata. Ai primi di dicembre si scopre che la liquidità custodita nel Fondo Epicurum non esiste. Non basta: qualche giorno tocca al conto Bonlat dove doveva essere depositata la liquidità per 4 miliardi, tutto falso. Di lì a pochi giorni per il gruppo verrà dichiarata la bancarotta con un debito di 14 miliardi di euro, più della metà in bond collocati dalle banche nei portafogli dei risparmiatori.

Negli uffici di Collecchio si tenta l’impossibile distruggendo le carte, i computer, ma il ragioner Bocchi salva tutto su un Cd. Lo consegnerà agli inquirenti che ricostruiranno i falsi transitati per anni dalla Bonlat, la "discarica" dei debiti di Collecchio. Il 27 dicembre Tanzi viene arrestato a Milano dopo il suo rientro da un viaggio misterioso in Ecuador. «Andai in Ecuador su consiglio sbagliato di un avvocato - dirà durante il processo - il quale mi disse di stare via qualche giorno in attesa che si calmassero le acque». Mistero anche sul suo patrimonio di cui fino ad oggi non si ha traccia, se non di qualche quadro di valore rimasto in cantina per anni.