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 2011  maggio 06 Venerdì calendario

PETROLIO SOTTO 100 DOLLARI CROLLANO LE COMMODITY

Difficile prevedere quanto potrà durare. Ma le vendite, che già da qualche tempo, a macchia di leopardo, avevano cominciato a indebolire il comparto delle materie prime, sono ormai accelerate al punto da aver perso il carattere di una correzione.

La seduta di ieri è stata a detta di molti traders un bagno di sangue. L’ondata di ribassi si è progressivamente ingrossata, al punto da guadagnare la forza irresistibile di uno tsunami, che ha travolto tutto con una una violenza che non si vedeva dai tempi della caduta di Lehman Brothers. A fine giornata il petrolio – che solo la settimana scorsa era ai massimi dall’estate 2008 – aveva lasciato sul terreno quasi il 9%, chiudendo nel caso del Brent a 110,80 dollari al barile e nel caso del Wti addirittura sotto la soglia psicologica dei cento dollari (a 99,80 $/bbl). Il rame – tre mesi fa al record storico sopra 10mila dollari per tonnellata – è finito ai minimi da dicembre al London Metal Exchange, dopo un tonfo del 4% che l’ha spinto sotto 8.800 $. Ad accompagnarlo nella discesa sono stati tutti gli altri metalli non ferrosi, che hanno subìto perdite fino al 7,2% nel caso dello stagno (anch’esso di recente ai massimi storici). Sono tornati a livelli che non vedevano dalla fine del 2010 anche il cacao, lo zucchero, il cotone. Il mais, protagonista di un rally strepitoso poche settimane fa, che l’aveva portato a prezzi mai registrati nella storia, ha ceduto il 3%, il riso quasi il 5 per cento.

Ma la parabola più vistosa riguarda l’argento, superstar delle materie prime: in dodici mesi le sue quotazioni erano salite del 170% (oltre il 50% solo nel 2011), un’ascesa verticale che il 25 aprile l’aveva portato fino a un picco di 49,845 dollari l’oncia, un soffio dal massimo storico di 50,35 $/oz che aveva raggiunto nel 1980, al culmine della spericolata speculazione dei fratelli Hunt. Dopo i ripetuti e fortissimi rialzi dei margini di garanzia al Comex, il metallo è precipitato ieri di oltre il 10% sul mercato spot londinese, ampliando a quasi il 30% le perdite dall’inizio della settimana e trascinando anche l’oro sempre più in basso (sotto 1.460 dollari l’oncia, dopo averne sfiorati 1.580 nei giorni scorsi).

La fuga, ormai disordinata e precipitosa, degli investitori dalle materie prime ha innescato una reazione a catena che potrebbe essere difficile arginare. Molti fondi, tra l’altro, hanno strategie "long only" (ossia sono posizionati esclusivamente all’acquisto) e investono su indici che racchiudono un gran numero di commodities: lasciare – o ridimensionare fortemente – il comparto significa innescare, come sta già avvenendo, ribassi indiscriminati, che non distinguono tra materie prime oggetto di bolle speculative (come è ormai evidente che fosse il caso dell’argento) e altre che invece appaiono sostenute da solidi fondamentali, come il mais o il caffè, le cui scorte sono ridotte a livelli d’allarme.

Poche settimane fa la stragrande maggioranza degli analisti era ancora molto ottimista sui corsi delle materie prime: asset class che fino ad aprile ha regalato per mesi performance superiori a quelle di azioni e titoli di Stato. Ora, di fronte alla violenta inversione di tendenza in atto non sono pochi a parlare di un’inversione del ciclo rialzista, che era iniziato l’estate scorsa in coincidenza – non certo casuale – con l’annuncio di una seconda tornata di quantitative easing da parte del presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke.

Per qualcuno a travolgere le materie prime sarebbe stato proprio il venir meno della prospettiva di un ulteriore round e l’ormai prossima conclusione, a fine giugno, del programma di riacquisto di titoli di Stato da parte della Fed, che aveva riversato fiumi di liquidità sui mercati. Altri puntano il dito sulle ripetute strette monetarie effettuate dai più voraci consumatori di materie prime – la Cina e l’India – oppure sul recente affollarsi di segnali di debolezza relativi all’economia statunitense. Sembra tuttavia eccessiva l’ipotesi (pure piuttosto ricorrente) che a dare il "la" alle vendite sui mercati delle commodities sia stato il calo dell’indice Ism non manifatturiero in aprile, comunicato mercoledì. E anche la morte di Osama Bin Laden, pur alleggerendo il "premio" per il rischio geopolitico, non basta a provocare quello che si sta osservando sui mercati.

Quale sia stato esattamente il detonatore è argomento controverso. Forse la spiegazione più probabile è che tutto sia partito dallo scoppio della bolla dell’argento: alcuni hedge funds potrebbero aver subìto perdite pesantissime ed essere stati costretti a chiudere precipitosamente posizioni su questa e altre materie prime. Quando le acque si saranno calmate, è possibile che emergano parecchie vittime.