ANTONELLA MARIOTTI, La Stampa 6/5/2011, 6 maggio 2011
Meno carne e pesce, più pane: così salviamo la Terra - Primo: formaggio a fette. Secondo: biscotti
Meno carne e pesce, più pane: così salviamo la Terra - Primo: formaggio a fette. Secondo: biscotti. E poi un dolce, verde o rosso. Non è il menù di un ristorante psichedelico, ma quello che le generazioni future, tra 10 anni, rischiano di trovarsi nel piatto. Previsioni apocalittiche? Non proprio, se non si inverte il sistema agricolo rischiamo di mangiare solo cibo confezionato da grandi distributori: è facile da produrre, e soprattutto da portare in ogni parte del mondo. Formaggi squadrati semplici da affettare, e pacchetti di biscotti o comunque qualcosa di confezionato e che si conserva a lungo. Oggi una caloria che arriva nei nostri piatti è costata almeno sette calorie di energia dal petrolio, dieci se è carne rossa. Perché? Le mucche mangiano cereali, che devono essere coltivati con macchine agricole, poi trasportati negli allevamenti che consumano anche quelli. Ecco dove va il petrolio. «Serve una nuova politica agraria comune» la Pac. E’ in scadenza e che regolerà la produzione di cibo dal 2014. A discuterne ieri a Milano, nell’Università Statale, c’erano Josè Bovè (il contadino ribelle ora vice presidente della Commissione per l’agricoltura e lo sviluppo rurale al Parlamento) e Carlo Petrini, con Monica Frassoni, co-presidente del Partito Verde Europeo, Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente e Andrea Ferrante, presidente Aiab, Associazione agricoltori biologici. «A un quinto dell’industria dell’agricoltura va la maggioranza dei fondi - ha detto Ferrante -, i piccoli sono stritolati dalla crisi e dalla mancanza di fondi. Servono regole più precise e fondi per i giovani, per le imprese che stanno nascendo. Come si fa a dare 40 mila euro per ettaro per avviare un’azienda quando quello è il costo della terra?». Sotto accusa soprattutto la grande distribuzione «colpevole» di appiattire il gusto, rendere le nostre tavole tutte uguali, perché così è più facile dare da mangiare a tutti. Ma a che prezzo? Quello della qualità e della salute. «Quello che mangiamo è agricoltura». Carlo Petrini con Slow Food coniuga gastronomia e agricoltura sostenibile, e la gastronomia - dice- non «sono quei babbei che spadellano in televisione». Applausi. «La Pac è un’affare di tutti - ribatte Bovè - dobbiamo creare delle reti per coinvolgere i consumatori, siamo nelle mani dei magnati della grande distribuzione. Il nostro impegno al Parlamento Europeo sarà lavorare per i piccoli produttori di qualità». Poi una stoccata alle multinazionali: «Si parla tanto di Parmalat, se loro non sono “buoni” non è che Lactalis sia migliore». La Pac impegna il 40% circa del bilancio comunitario, influenzando direttamente le politiche alimentari dei 27 Paesi membri. L’Ue spende 55 miliardi di euro l’anno, di cui 6 destinati all’Italia, per sovvenzionare un modello di «agricoltura insostenibile»: l’80% delle risorse vanno al 20% delle aziende – ha detto ancora Ferrante - Tanto per fare qualche esempio il più grande beneficiario italiano è un’industria di produzione di zucchero che riceve 24 milioni di euro l’anno. Tra gli invitati al convegno anche l’ad di Expo 2015, Giuseppe Sala perché la manifestazione ha come «sottotitolo»: nutrire il pianeta energia per la vita. Sala ha parlato dei progetti «verdi» e subito sono piovuti fischi dai rappresentanti del Parco Agricolo di Milano: «Ma quale verde e agricoltura. Volete cementificare la regione» ha attaccato Damiano Di Simine presidente Legambiente Lombardia.