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 2011  maggio 05 Giovedì calendario

RISPARMIATORI, ATTENTI: ARRIVANO I BOND MUTANTI


Coco bond. No, non è il nome dell’ultimo spettacolo in scena a Manhattan. O la variante delle creazioni della mitica Coco Chanel. Bensì l’ultima sigla, dal sapore esotico, apparsa negli scaffali del supermarket della finanza globale, che sta per Contingen Convertible. In parole povere, si tratta di obbligazioni che, in cambio di una cedola particolarmente elevata, nascondono un rischio in più: nel caso che il patrimonio della banca emittente scivoli ad un Tier 1 sotto il 6 per cento, l’istituto potrà convertire i bond in capitale rimpolpando così il patrimonio. Il risparmiatore, però, si ritroverà azionista, invece che detentore di un credito.
La novità, finora, era stata accolta con una certa cautela da parte dei Big del credito. Ma ieri Mps ha rotto gli indugi: i primi Coco bond italiani vedranno la luce a Siena. Non a caso.
L’istituto, infatti, ha appena annunciato il varo di un aumento di capitale da 2,47 miliardi, in parte necessario per restituire al Tesoro i Tremonti bond, in parte per rimpolpare il patrimonio in vista dei nuovi requisiti di Basilea 3. Ma sulla strada dell’operazione ci stanno i problemi della Fondazione di casa, che non intende scendere sotto la maggioranza assoluta.
VANTAGGI
Aquesto punto, la tentazione di ricorrere ai Coco bond per alleggerire l’impegno è forte. Anche perché, tra i membri del consorzio internazionale che dovrà curare l’operazione oltre frontiera, spicca il Credit Suisse, cioè la prima banca in assoluto ad aver varato, con il voto plebiscitario dell’assemblea della Stadienhalle di Zurigo, un’emissione di Coco bond. Prima di dare il via ai Coco bond manca però l’avallo del ministero dell’Economia. Ma si moltiplicano i segnali che Giulio Tremonti voglia fare presto un regalo a Giuseppe Mussari, presidente dell’Abi, che gode dei favori del ministro.
È in cantiere, pare, la decisione di promuovere i Coco bond a “titoli atipici”, cosa che comporta vantaggi non indifferenti: la tassazione, infatti, passerà con la novità dal 27 al 12,5 per cento, rendendo queste obbligazioni ibride (che renderanno almeno 23 punti in più) appetibili al pubblico dei risparmiatori.
INTERESSI DEDUCIBILI
Ed assai graditi alle banche, viste che gli interessi, dopo le nuove norme, saranno deducibili. Non è difficile prevedere, nel caso che le anticipazioni trovino conferma, che la moda dei Coco bond possa espandersi presto ben al di là delle mura di cinta senesi. In direzione di Banca Intesa, ad esempio, anche se sui Coco bond, una decina di giorni fa, Corrado Passera si era dimostrato molto cauto. «Per il momento non intendiamo fare ricorso ai Coco bond – aveva dichiarato in un’intervista – perché la normativa in materia non è chiara».
È evidente, nel caso che vedano la luce norme così favorevoli, che l’ad di Banca Intesa cambierà opinione: l’aumento di capitale da 5 miliardi della prima banca italiana è un boccone grosso da digerire anche perché alcuni soci (vedi il Credit Agricole o, per motivi diversi, la Tassara) non copriranno la parte di loro pertinenza. Ben venga, insomma, un’alternativa che le rate di filiali della banca si occuperà di spalmare tra la clientela.
Quasi simile la situazione di Unicredit che, per ora, nega la prospettiva di un aumento di capitale quasi inevitabile. «I Coco bond – si è spinto a sostenere l’ad Federico Ghizzoni – sono strumenti che stiamo analizzando sul piano tecnico. E che possono essere utili ed interessanti». «Ma prima – aggiungeva in linea con i colleghi il banchiere – dobbiamo capirne a fondo gli aspetti fiscali e normativi». Il desiderio di Ghizzoni è stato presto esaudito.
BENEDIZIONE UE
Non solo da Tremonti ma, come ha anticipato Lars Friese, membro svedese del comitato di Basilea 3, anche dalle istituzioni: a giugno, ha detto, verrà approvato l’uso dei Coco bond per le banche sistemiche, tipo Intesa o Unicredit.
Facile prevedere, a questo punto, che tutti i banchieri si affretteranno ad indossare, in estate o al più tardi in autunno, un bel Coco bond. Una prospettiva che suscita qualche timore: i Coco bond, fanno notare gli esperti sono strumenti delicati e complessi che vanno usati in “modica quantità”.
Il rischio per le banche è di trovarsi schiacciate da cedole troppo elevate, impossibili da remunerare con i rendimenti promessi. Ancor più grave il pericolo per i risparmiatori allettati dalla cedola alta dei bond mutanti: potrebbero ritrovarsi con un pugno di azioni di banche in salute, se non precaria, almeno instabile.

Ugo Bertone