Tony Siino, Nòva2 5/5/2011, 5 maggio 2011
FACEBOOK INVIA
Pochi giorni dopo il primo compleanno del pulsante «Mi piace», adottato ormai da più di due milioni e mezzo di siti, che crescono al ritmo di 10mila nuovi siti al giorno, Facebook ha lanciato il nuovo pulsante «Invia». Il pulsante «Mi piace» pubblica sulla bacheca un link ormai indistinguibile da quello che viene postato esplicitamente con una condivisione. «Invia» invece nasce per condividere privatamente, con pochi amici selezionati, con un gruppo o per email. Cinquanta siti, inclusi The Huffington Post, Le Monde, Last.fm, Wall Street Journal e The Washington Post, sono stati tra i primi adottanti.
L’accento sull’aspetto privato è forte, sul blog degli sviluppatori uno degli ingegneri scrive esplicitamente «Because sometimes it’s private», ma si tratta di un altro mattoncino della pervasività di Facebook e di quello che ormai è un vero e proprio attacco alla posta elettronica, dopo le caselle @facebook.com. L’obiettivo sembra chiaro, usare l’effetto network per spostare sempre più il traffico di messaggistica privata dalla posta elettronica a Facebook, togliendo utilizzatori anche a Google e a Gmail. Si tratta della rivincita del web e dei suoi servizi sulla posta elettronica che fino a qualche anno fa non correva alcun rischio di vedere scalzato il ruolo di primo servizio per numero di utilizzatori di internet.
A Facebook va certamente il merito di essere riuscito a spingere quello che è forse il widget di più ampia adozione, appunto il «Mi piace» a cui si affianca (a meno di personalizzazioni apposite) «Invia», ormai presidio del social network su un web che è avviato, si perdoni la parola forte, al colonialismo dei ragazzi di Palo Alto. Un tempo l’entusiasmo per i widget e la widgettizzazione del web era alto: ma di applicazioni concrete e di ampia adozione, prima del «Like», si era visto ben poco. Facebook dovrà comunque vedersela con l’altra superpotenza di internet, quel Google che ha già annunciato il suo widget +1 e che con la guida di Larry Page avrà un occhio di riguardo particolare a tutto ciò che è social (le indiscrezioni parlano di un parametro specifico in tal senso per l’ottenimento di bonus annuali per gli impiegati contenuto in un memo interno).
Probabilmente la presenza sempre più massiccia dei social plugin di Facebook spingerà l’adozione dell’Open Graph, protocollo che include pagine e oggetti in un grafo sociale in cui appaiono con metadati che ne specificano alcune caratteristiche (ad esempio autore, indirizzo, immagine associata e descrizione). Se non altro perché quando viene cliccato «Mi piace» o «Invia» e non sono presenti i dati di Open Graph il contenuto condiviso può non presentarsi come si vorrebbe che fosse (ad esempio con un’immagine associata inappropriata).
Senza volere cadere negli inutili allarmismi, a cui a volte si sono lasciati andare coloro i quali analizzano la rete in Italia, esiste un interrogativo sui rischi che possono nascere dall’accumulo nelle mani di un soggetto di dati così precisi su amicizie, gusti e comportamenti di utenti indicati da nome e cognome. Oltre che a un uso improprio la mente va a possibili défaillance dei sistemi di sicurezza che proteggono i dati (PlayStation Network docet). Il problema è all’ordine del giorno anche dell’e-G8 (l’incontro dei grandi della Terra con i leader della net economy) che si terrà a Parigi a fine mese sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy.Pochi giorni dopo il primo compleanno del pulsante «Mi piace», adottato ormai da più di due milioni e mezzo di siti, che crescono al ritmo di 10mila nuovi siti al giorno, Facebook ha lanciato il nuovo pulsante «Invia». Il pulsante «Mi piace» pubblica sulla bacheca un link ormai indistinguibile da quello che viene postato esplicitamente con una condivisione. «Invia» invece nasce per condividere privatamente, con pochi amici selezionati, con un gruppo o per email. Cinquanta siti, inclusi The Huffington Post, Le Monde, Last.fm, Wall Street Journal e The Washington Post, sono stati tra i primi adottanti.
L’accento sull’aspetto privato è forte, sul blog degli sviluppatori uno degli ingegneri scrive esplicitamente «Because sometimes it’s private», ma si tratta di un altro mattoncino della pervasività di Facebook e di quello che ormai è un vero e proprio attacco alla posta elettronica, dopo le caselle @facebook.com. L’obiettivo sembra chiaro, usare l’effetto network per spostare sempre più il traffico di messaggistica privata dalla posta elettronica a Facebook, togliendo utilizzatori anche a Google e a Gmail. Si tratta della rivincita del web e dei suoi servizi sulla posta elettronica che fino a qualche anno fa non correva alcun rischio di vedere scalzato il ruolo di primo servizio per numero di utilizzatori di internet.
A Facebook va certamente il merito di essere riuscito a spingere quello che è forse il widget di più ampia adozione, appunto il «Mi piace» a cui si affianca (a meno di personalizzazioni apposite) «Invia», ormai presidio del social network su un web che è avviato, si perdoni la parola forte, al colonialismo dei ragazzi di Palo Alto. Un tempo l’entusiasmo per i widget e la widgettizzazione del web era alto: ma di applicazioni concrete e di ampia adozione, prima del «Like», si era visto ben poco. Facebook dovrà comunque vedersela con l’altra superpotenza di internet, quel Google che ha già annunciato il suo widget +1 e che con la guida di Larry Page avrà un occhio di riguardo particolare a tutto ciò che è social (le indiscrezioni parlano di un parametro specifico in tal senso per l’ottenimento di bonus annuali per gli impiegati contenuto in un memo interno).
Probabilmente la presenza sempre più massiccia dei social plugin di Facebook spingerà l’adozione dell’Open Graph, protocollo che include pagine e oggetti in un grafo sociale in cui appaiono con metadati che ne specificano alcune caratteristiche (ad esempio autore, indirizzo, immagine associata e descrizione). Se non altro perché quando viene cliccato «Mi piace» o «Invia» e non sono presenti i dati di Open Graph il contenuto condiviso può non presentarsi come si vorrebbe che fosse (ad esempio con un’immagine associata inappropriata).
Senza volere cadere negli inutili allarmismi, a cui a volte si sono lasciati andare coloro i quali analizzano la rete in Italia, esiste un interrogativo sui rischi che possono nascere dall’accumulo nelle mani di un soggetto di dati così precisi su amicizie, gusti e comportamenti di utenti indicati da nome e cognome. Oltre che a un uso improprio la mente va a possibili défaillance dei sistemi di sicurezza che proteggono i dati (PlayStation Network docet). Il problema è all’ordine del giorno anche dell’e-G8 (l’incontro dei grandi della Terra con i leader della net economy) che si terrà a Parigi a fine mese sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy.Pochi giorni dopo il primo compleanno del pulsante «Mi piace», adottato ormai da più di due milioni e mezzo di siti, che crescono al ritmo di 10mila nuovi siti al giorno, Facebook ha lanciato il nuovo pulsante «Invia». Il pulsante «Mi piace» pubblica sulla bacheca un link ormai indistinguibile da quello che viene postato esplicitamente con una condivisione. «Invia» invece nasce per condividere privatamente, con pochi amici selezionati, con un gruppo o per email. Cinquanta siti, inclusi The Huffington Post, Le Monde, Last.fm, Wall Street Journal e The Washington Post, sono stati tra i primi adottanti.
L’accento sull’aspetto privato è forte, sul blog degli sviluppatori uno degli ingegneri scrive esplicitamente «Because sometimes it’s private», ma si tratta di un altro mattoncino della pervasività di Facebook e di quello che ormai è un vero e proprio attacco alla posta elettronica, dopo le caselle @facebook.com. L’obiettivo sembra chiaro, usare l’effetto network per spostare sempre più il traffico di messaggistica privata dalla posta elettronica a Facebook, togliendo utilizzatori anche a Google e a Gmail. Si tratta della rivincita del web e dei suoi servizi sulla posta elettronica che fino a qualche anno fa non correva alcun rischio di vedere scalzato il ruolo di primo servizio per numero di utilizzatori di internet.
A Facebook va certamente il merito di essere riuscito a spingere quello che è forse il widget di più ampia adozione, appunto il «Mi piace» a cui si affianca (a meno di personalizzazioni apposite) «Invia», ormai presidio del social network su un web che è avviato, si perdoni la parola forte, al colonialismo dei ragazzi di Palo Alto. Un tempo l’entusiasmo per i widget e la widgettizzazione del web era alto: ma di applicazioni concrete e di ampia adozione, prima del «Like», si era visto ben poco. Facebook dovrà comunque vedersela con l’altra superpotenza di internet, quel Google che ha già annunciato il suo widget +1 e che con la guida di Larry Page avrà un occhio di riguardo particolare a tutto ciò che è social (le indiscrezioni parlano di un parametro specifico in tal senso per l’ottenimento di bonus annuali per gli impiegati contenuto in un memo interno).
Probabilmente la presenza sempre più massiccia dei social plugin di Facebook spingerà l’adozione dell’Open Graph, protocollo che include pagine e oggetti in un grafo sociale in cui appaiono con metadati che ne specificano alcune caratteristiche (ad esempio autore, indirizzo, immagine associata e descrizione). Se non altro perché quando viene cliccato «Mi piace» o «Invia» e non sono presenti i dati di Open Graph il contenuto condiviso può non presentarsi come si vorrebbe che fosse (ad esempio con un’immagine associata inappropriata).
Senza volere cadere negli inutili allarmismi, a cui a volte si sono lasciati andare coloro i quali analizzano la rete in Italia, esiste un interrogativo sui rischi che possono nascere dall’accumulo nelle mani di un soggetto di dati così precisi su amicizie, gusti e comportamenti di utenti indicati da nome e cognome. Oltre che a un uso improprio la mente va a possibili défaillance dei sistemi di sicurezza che proteggono i dati (PlayStation Network docet). Il problema è all’ordine del giorno anche dell’e-G8 (l’incontro dei grandi della Terra con i leader della net economy) che si terrà a Parigi a fine mese sotto la presidenza di Nicolas Sarkozy.