Alessandra Farkas, Corriere della Sera 05/05/2011, 5 maggio 2011
L’ESODO AL NORD DEI NERI AMERICANI —
Per la prima volta, un’opera letteraria azzarda un parallelo tra l’esodo verso il Nord degli Stati Uniti degli ex schiavi neri in fuga dai linciaggi del Kkk nel profondo Sud razzista e la diaspora degli ebrei scampati ai pogrom dell’Europa orientale. A tracciarlo è Isabel Wilkerson in «The Warmth of Other Suns: The Epic Story of America’s Great Migration» (Random House), il libro a metà tra saggio storico e memoir, osannato dai critici (il «Wall Street Journal» lo definisce «un’epopea brillante e commovente» ), nonché vincitore di numerosi premi. In ben 622 pagine l’autrice nata a Washington racconta una delle vicende meno esplorate della storia americana: l’epico esodo di oltre 6 milioni di afroamericani dagli Stati razzisti del Sud verso il Nord e la California verificatosi dal 1915 alla fine degli anni 70. La «Great Migration» , l’hanno ribattezzata gli storici, che oltre a ridisegnare il profilo socio-economico del Paese, dette vita a forme musicali e culturali che altrimenti non sarebbero mai esistite. Prima afroamericana ad aver vinto il premio Pulitzer nel 1994, quando lavorava al «New York Times» (oggi insegna non fiction writing alla Boston University), l’autrice ha impiegato 15 anni per intervistare circa 1.200 «emigranti» , incontrati in scuole, chiese, centri per anziani, show radiofonici per soli neri e cori gospel. «Il titolo del mio libro è tratto da un’espressione usata dal grande Richard Wright, che nel 1920 fuggì dal Mississippi per cercare "il calore di altri soli"» , racconta la Wilkerson. «Quasi tutti gli autori afroamericani del XX secolo, da Ralph Ellison a Toni Morrison, hanno scritto su un fenomeno che ha influenzato enormemente le loro e le nostre vite» . Oltre ai suoi genitori, emigrati a Washington dalla Virginia del Sud (il padre) e dalla Georgia (la madre), la sua ispirazione sono stati Furore di John Steinbeck e i film di Robert Altman e Steven Soderbergh. Il libro ruota intorno a tre personaggi, ciascuno dei quali rappresenta una differente decade dell’esodo. Ida Mae Gladney, moglie di un mezzadro del Mississippi, partì per Chicago nel 1937, dopo che un parente fu picchiato a sangue dai proprietari terrieri — bianchi — per un furto che non aveva commesso. George Starling, raccoglitore di agrumi in Florida, fuggì a New York nel 1945 dopo aver scoperto che i suoi «padroni» volevano linciarlo per aver organizzato uno sciopero tra gli agricoltori neri. Il dottor Robert Foster, infine, che nel 1953 scappò a Los Angeles perché nonostante la laurea nel college nero più prestigioso d’America, Morehouse, nel Sud segregato non gli permettevano neppure di togliere un callo ad un bianco. Una volta a Los Angeles Foster finì per diventare uno dei chirurghi più famosi della città, medico personale di Ray Charles che scrisse la famosa canzone «Hide nor Hair» su un dottore che gli aveva rubato la donna. Per rivivere il dramma dei suoi protagonisti la Wilkerson ha ripercorso le loro orme, replicando ad esempio il viaggio senza sosta di Foster dalla Louisiana alla California «perché a quei tempi non esisteva luogo nel Sud dove un nero potesse fermarsi a dormire senza rischiare la vita» . Il libro non menziona le fontanelle d’acqua o i ristoranti «per soli bianchi» : «Non ce n’era bisogno» spiega l’autrice cui premeva di più illustrare le restrizioni più assurde delle "Leggi Jim Crow", l’iniquo sistema di norme locali emanate tra il 1876 e il 1965 che servirono a creare e mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo uno status definito di «separati ma uguali» per i neri americani. Il libro parla della legge di Birmingham che proibiva a bianchi e neri di giocare a scacchi insieme e del Tribunale del Nord Carolina dove i due gruppi erano costretti a giurare su Bibbie diverse. E se vari Stati del Sud, dal Mississippi alla Georgia e dall’Oklahoma all’Alabama, fecero a gara per umiliare e degradare i cittadini afroamericani, negando loro i diritti umani più fondamentali, il primato spetta alla Florida. Nel 1934 il Sunshine State fu teatro del più agghiacciante linciaggio della storia americana, quando il 23enne Clark Neal, accusato dello stupro e dell’omicidio della vicina di casa bianca, la 20enne Lola Kennedy, fu torturato per ore, castrato e costretto a mangiare il proprio pene, prima che il suo cadavere mutilato venisse legato ad un auto in corsa e poi impiccato tra la gioia dei partecipanti accorsi al «lynching party» . Per giorni e giorni dopo l’orribile orgia, tra gli abitanti della zona andarono a ruba le dita mutilate del giovane e nonostante l’indagine ordinata dall’allora presidente Franklin D. Roosevelt nessuno venne mai incriminato per l’efferato crimine anche se più tardi emersero le prove che la Kennedy era stata uccisa dai propri famigliari quando scoprirono la sua love story segreta con Clark.
Alessandra Farkas