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 2011  maggio 05 Giovedì calendario

IL PAKISTAN BIFRONTE E LA FINE DI OSAMA

Sul pavimento un orologio da parete in frantumi con le lancette ferme che segnano le 2 e 20, l’unico dettaglio che coincide con il racconto della Casa Bianca. Sull’uccisione di Osama Bin Laden affiorano già nuove e contraddittorie versioni, altre ne arriveranno alimentate anche dalla decisione di non pubblicare le foto. Il capo di al-Qaida è stato catturato vivo, senza armi e poi ammazzato: si è trattato, sembra, di un’esecuzione.

Per un evidente gioco delle parti i pakistani sostengono di non aver partecipato ma sul posto c’erano sia l’esercito che i servizi segreti.

È questo il Pakistan dai due volti. Uno collabora nella lotta al terrorismo, l’altro ha ereditato dalla guerra fredda lo scettro della Jihad contro i sovietici, sostenendo poi i talebani e al-Qaida perché ritiene l’Afghanistan una sorta di colonia o più elegantemente, come dicono i capi dell’intelligence, «la nostra profondità strategica».

I vertici pakistani negano ogni coinvolgimento per timori di ritorsioni terroristiche ma anche perché sono numerosi e temibili i leader militari e politici contrari a negoziare la fine della guerra. Questa è la vera posta in gioco dell’operazione "Geronimo", come dimostra la missione a Islamabad dell’inviato speciale Usa Marc Grossman. Può essere indifferente capire come è morto Bin Laden, lo è un po’ meno se si valutano gli effetti politici della sua fine in Pakistan e Afghanistan.

1) Bin Laden non era armato: una prova ulteriore che era sotto sorveglianza pakistana. Molti generali, come riportato dalle interviste ad Hamid Gul, Aslam Beg e Kawaja, tutti ex capi dei servizi militari, avevano legami ventennali con Bin Laden. La sua protezione era uno dei compiti dei servizi paralleli e di un intero sistema rappresentato dal Deep State, lo Stato profondo.

2) Bin Laden è stato consegnato dopo una trattativa. Obama e la Casa Bianca hanno parlato subito di "cooperazione" del Pakistan per poi smentire. Altrimenti a Washington avrebbero già annunciato i tagli degli aiuti militari a Islamabad.

3) Gli uomini uccisi con Bin Laden - i cui cadaveri sono spariti - erano pashtun del Waziristan, legati ai servizi paralleli. Prima erano sempre stati i militanti arabi a occuparsi della sicurezza di Osama.

4) Senza l’assenso pakistano l’operazione non poteva iniziare. Sono atterrati aerei americani con elicotteri a bordo che poi hanno viaggiato verso Abbottabad, sorvolando e sparando per 40 minuti sulla testa dei cadetti della vicina Accademia Kakul, rimasti in branda come narcotizzati. Difficile da credere in un Paese che ha avuto 30mila morti civili e 5mila della sicurezza uccisi in attentati terroristici.
5) I pakistani hanno in consegna donne e bambini del clan Bin Laden, lasciati sul posto per un guasto a un elicottero portato via da servizievoli, anche se un po’ distratti, militari pakistani. In ogni caso alcuni di questi testimoni, come una figlia di Osama, stanno parlando, avremo altre versioni.
Perché tutto questo polverone, sollevato anche da un dibattito puerile sulle immagini del corpo del principe del terrore inabissato nei flutti del Mar Arabico? Eliminato Bin Laden bisogna costruire il nuovo Pakistan, se mai ce ne sarà uno diverso da questo. Qui è in corso da tempo una lotta interna sulla consegna del capo di al-Qaida e la fine della guerra afghana, con i vertici profondamente lacerati sulle contropartite offerte dagli Usa.
L’operazione Geronimo è considerata dall’ala jihadista alla stregua di un colpo di Stato. Ma questo non deve meravigliare. Quando Benazir Bhutto fu messa agli arresti domiciliari a Lahore e la sua casa circondata da migliaia di poliziotti aprì la porta ai giornalisti e chiese sarcastica: «Secondo voi non si potrebbe usare questo enorme spiegamento di polizia per dare la caccia a Bin Laden?». Benazir fu uccisa in un attentato qualche settimana dopo, nel dicembre 2007. Il Pakistan, oscillante tra pace e guerra, potenza nucleare di 150 milioni di musulmani, ambiguo e duplice come la statua di un Giano bifronte, resta la chiave per comprendere il significato della fine di Osama.