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 2011  maggio 05 Giovedì calendario

Anche l’Italia democratica è fondata su un’esecuzione - «Terroristi e basta»: così su la Repubblica Barbara Spinelli ha ieri liquidato la resistenza afghana contro l’Unione Sovie­tica

Anche l’Italia democratica è fondata su un’esecuzione - «Terroristi e basta»: così su la Repubblica Barbara Spinelli ha ieri liquidato la resistenza afghana contro l’Unione Sovie­tica. È una curiosa forma di mi­opia intellettuale, ovvero di malafede, e sorprende che ne sia vittima chi dovrebbe sape­re ch­e nelle guerre di liberazio­ne o di indipendenza naziona­le, il confine fra civile e milita­re è accidentato e l’asimme­tria fra «partigiani» e «regola­ri » una costante. È la stessa mi­opia, ovvero malafede, che in altri tempi giudicò un «atto do­vuto di giustizia del popolo» l’esecuzione di un Mussolini sconfitto e in fuga e la successi­va macelleria in stile messica­no di piazzale Loreto e che og­gi si indigna per l’eliminazio­ne manu militari di Osama Bin Laden… Siamo sempre insom­ma nei dintorni della Fattoria degli animali di George Orwell, dove tutti gli animali erano eguali, ma alcuni lo era­no più degli altri e quindi legit­timavano un diverso modo di procedere… Winston Chur­chill, che almeno non era un ipocrita, all’indomani della «cortina di ferro» con cui Sta­lin si era annesso di fatto l’Eu­ropa orientale, se ne uscì con «abbiamo ucciso il porco sba­gliato ». Ucciso, non processa­to… Queste delle «garanzie forma­li » fa anche un po’ sorridere, un lavacro delle coscienze mi­ope, ovvero in malafede, che giudica legittimo il tribunale di Norimberga o il processo a Saddam Hussein, truffe legali­tarie di cui ci si dovrebbe vergo­gnare. Una delle ultime in ordi­ne di tempo riguardò il presi­dente serbo Milosevic ed era talmente grottesca che l’impu­tato provvidenzialmente ven­ne fatto morire in carcere… Qualsiasi giudizio si voglia o si possa dare su Bin Laden, va detto che nell’ucciderlo in un’operazione militare gli Sta­ti Uniti hanno mostrato più ri­spetto nei suoi confronti che se l’avessero preso vivo e poi esposto in qualche aula di tri­bunale come una bestia in gab­bia. Si può naturalmente discutere quanto e se egli fosse «politica­mente morto» già prima di es­sere ucciso, ma questo punto, intorno al quale ruota l’artico­lo della Spinelli, non risolve la questione, si limita a spostar­la, in quella curiosa logica del «non è questo il problema» del «ma altro» così cara a un certo modo di ragionare. In realtà, il giudizio sul fallimento della politica di Bin Laden dato dai suoi avversari non risolve quel­lo che lo stesso Bin Laden dava sulla propria: la sua era una crociata, con i suoi successi e le sue sconfitte, una questione di fede, non un calcolo politi­co. Fosse anche rimasto da so­lo, non per questo avrebbe considerato sbagliato il suo modo di agire. Sotto questo profilo, il terrorismo come pra­tica politica è un qualcosa di inestirpabile, con cui sarebbe meglio abituarsi a convivere. Più interessante è chiedersi quanto e se «le sommosse ara­be » di questi ultimi tempi si­gnifichino veramente, come sostiene l’articolista di la Re­pubblica , «costituzioni plurali­ste, leggi eguali per tutti, sepa­razione dei poteri». Più che un’analisi, questa per la verità è ciò che gli anglosassoni chia­mano whisful thinking, il voler far coincidere le proprie spe­ranze con la realtà effettuale delle cose. Per certi versi, do­po aver stigmatizzato «la prete­sa della esportazione della de­mocrazia dall’esterno», la si fa in qualche modo rientrare di soppiatto, come dimostra am­piamente il caso della Libia, in­torno al quale la cortina fumo­gena dell’intervento umanita­rio non riesce a nascondere la realtà di una guerra per bande contrapposte, dove l’alleato di ieri diventa di colpo il nemico di oggi. È probabile che la morte di Bin Laden chiuda un ciclo, nono­s­tante ripercussioni e contrac­colpi che di sicuro non man­cheranno. È la fine di un’epo­ca a cui, purtroppo, noi come Occidente abbiamo dato man forte, quando ci siamo intestar­diti a considerare il terrorismo come una guerra simmetrica, da risolvere con invasioni mili­­tari, rovesciamenti di regimi, occupazioni e relative restri­zioni della nostra stessa liber­tà. Dovremo in futuro abituar­ci a essere più disposti a ri­schiare con l’esempio, conti­nuando la vita di tutti i giorni. Essere schiavi delle proprie pa­ure è un errore.