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 2011  maggio 05 Giovedì calendario

LA BUFALA È SERVITA

Nei caseifici sono al lavoro dalle prime luci del giorno. Fanno bollire il latte, rompono la cagliata, filano l’impasto, modellano le forme. Mozzarella fresca, di bufala campana. Quella vera, a denominazione di origine protetta, la dop, è prodotta con latte intero, munto negli allevamenti di razza mediterranea che si trovano entro confini ben delimitati di nove province, nel Centro-Sud Italia. Lì dove, per ottenere il marchio di qualità, gli imprenditori sono tenuti a rispettare regole precise. Custodi della tradizione, sono stati premiati dalle vendite dell’ultimo anno: 36 mila tonnellate, per un fatturato di 300 milioni in aumento del 12,5 per cento. Ma ne approfittano pure i pirati della tavola. Quelli che solo in apparenza confezionano formaggi di qualità. Secondo una stima del Consorzio di tutela, almeno 7 milioni di chili di dop contraffatta sono immessi ogni anno sul mercato nazionale e all’estero: vale oltre 100 milioni questo business fuorilegge . Cui si aggiunge una quantità incalcolabile di imitazioni, più o meno lecite. Panorama ha individuato le truffe più insidiose, al centro di alcune inchieste giudiziarie. Bufale, queste, dal retrogusto amaro.

ETICHETTE CLONATE
L’imbroglio più «sottile» è quello della clonazione delle etichette col marchio dop usate per incartare latticini di dubbia qualità. Ai danni dei consumatori e degli altri imprenditori. Lo dimostra una serie di blitz anticontraffazione. In un caseificio di San Cipriano d’Aversa (Caserta) in marzo i carabinieri del Nas hanno sequestrato 100 mila buste e altro materiale con impresso il nome di società delle province di Napoli e di Caserta. «L’azienda» sostengono i Nas «produceva illegalmente le confezioni» per vendere come dop mozzarella di bufala prodotta «con latte privo di tracciabilità e miscelato con latte vaccino». L’escamotage serviva a ridurre i costi di produzione e moltiplicare i profitti, e senza rischiare di incappare nei controlli poiché da nessuna parte comparivano il logo e l’indirizzo dello stabilimento fuorilegge. E sulle frodi del settore un’indagine (più ampia e complessa) procede sotto l’egida degli inquirenti di Santa Maria Capua Vetere, coordinati dal procuratore Corrado Lembo.

CASEIFICIO INESISTENTE
Società fantasma, nomi immaginifici, stampati sulle confezioni, per smerciare mozzarella adulterata. Il Consorzio di tutela ha lanciato l’allarme su quest’altra tecnica di vendita ingannevole. In un supermercato della provincia di Roma hanno individuato latticini corredati di autorizzazione ma «provenienti addirittura da un caseificio inesistente». Un anno fa, il sequestro dei prodotti e la segnalazione del caso al ministero delle Politiche agricole. «Tra gli scaffali ogni anno sono disseminati 1,8 milioni di chili di formaggio contrassegnato da marchi falsificati» informa il direttore dell’ente, Antonio Lucisano. «Il giro d’affari illecito? Tra i 25 e i 30 milioni, mentre oscillano tra i 75 e i 100 milioni i ricavi ottenuti, in Italia e all’estero, dalla vendita di latticini che utilizzano in modo improprio la dicitura mozzarella di bufala campana». Come non bastasse, ci sono imprenditori che giocano sull’equivoco: utilizzano nomi italiani, il tricolore e altre immagini suggestive per pubblicizzare confezioni che nulla hanno di made in Italy.

LATTE «IN NERO»
Il problema principale è la provenienza del latte. Le 188.458 bufale nell’area dop ne producono meno delle altre mucche, e proprio quando la domanda del formaggio s’impenna: in estate. Così la risposta (fuorilegge) è l’aggiunta «in nero» di materie prime contraffatte, o di latte vaccino. Questo sistema, fortunatamente, non è pericoloso per la salute, però è vietato dalle norme disciplinari: il latte di mucca costa solo 0,35 euro il litro, contro 1,40 euro di quello di bufala. Sul fenomeno gli inquirenti hanno già individuato alcune piazzole adibite allo smistamento delle forniture clandestine. Nel 2009 i carabinieri avevano bloccato alcune autocisterne senza documenti sull’origine del prodotto, dirette verso i caseifici campani di Castel Volturno e Arnone. Tra il 2009 e il 2010 gli ispettori del ministero avevano rilevato 50 irregolarità su 900 campioni di mozzarella dop esaminati, quasi tutte per l’impiego di latte vaccino. Per aumentare la trasparenza nel settore, dal febbraio 2011 è prevista per legge la rilevazione giornaliera della produzione di ciascun animale: in attesa che il provvedimento diventi operativo, la tracciabilità comincia con il monitoraggio informatico dei dati nei caseifici.

BUFALE DEL NORD
E poi c’è la guerra con il Nord Italia. A individuare le rotte del commercio clandestino, gli uomini del Corpo forestale dello Stato: sono 87 i nuclei di polizia agroalimentare, guidati da Giuseppe Vadalà. Nei negozi di Benevento e Campobasso, in marzo, hanno sequestrato oltre 1 quintale di mozzarella e 300 confezioni dop di mozzarelle e 300 confezioni dop falsificate: erano preparate con latte di bufala proveniente da allevamenti delle province di Milano e Novara. Sulla vicenda indagano tre procure. In un documento dell’Associazione nazionale allevatori specie bufalina, agli atti della commissione parlamentare sull’Agricoltura, presieduta da Paolo Russo (Pdl), si segnala un altro caso: «Con l’apertura delle frontiere alla Romania e alla Bulgaria, c’è la possibilità che vengano introdotti legalmente capi di razza diversa dalla mediterranea italiana». «C’è il rischio di arrecare un danno molto serio alla purezza della razza e, in futuro, alla tipicità del prodotto dop» nota Luigi Zicarelli, docente di zootecnia della facoltà di medicina veterinaria della Federico II. «L’ipotesi di usare latte proveniente da animali d’origine diversa, anche se solo in teoria, significa favorire l’importazione da paesi lontani. E la possibilità di essere sommersi da materie prime extracomunitarie».

PRODOTTI CONGELATI
Latte scongelato, e finto fresco, utilizzato per produrre mozzarella: ecco un altro «fenomeno allarmante e capace di deprimere la reputazione della dop». L’allarme era stato lanciato in un’altra risoluzione della commissione parlamentare sull’Agricoltura, nel febbraio 2009. Poi a Eboli (Salerno) i Nas hanno scoperto il caso più clamoroso: una ditta utilizzava il latte congelato, operava senza permessi in un fabbricato abusivo e scaricava i fanghi delle lavorazioni nel fiume Sele. Sessantamila i quintali di latte di bufala trovato nelle celle frigorifere. Per il trasporto della merce piratata, sui documenti, intercettati nell’aprile 2010, erano segnati falsi numeri di riconoscimento comunitario europeo.

PREZZO INGANNEVOLE
Tra i documenti della commissione Agricoltura, che Panorama ha consultato, ce n’è uno della Lega allevatori bufalini. Indica che la guerra dei prezzi fra proprietari di allevamenti e caseifici rischia di favorire i pirati della tavola. «È fin troppo evidente che a fare le spese di questa incomprensibile guerra è la qualità del prodotto finale» avverte il presidente della Lega, Raffaele Ambrosca. «Per capirlo basta recarsi presso ogni punto vendita che esponga un prezzo basso, talvolta inferiore addirittura ai 7 euro per chilo. La domanda è ovvia: come può un prodotto che costa circa 7 euro essere venduto a prezzi inferiori al suo stesso valore di produzione? L’unica risposta è che si produca mozzarella adulterata, spacciandola come bufala campana dop, anche per allentare la stretta dei prezzi imposti dai produttori più forti. Il Consorzio di tutela, così, ha appena fissato una soglia minima di prezzo: «Nel pieno rispetto della libertà di mercato, riteniamo che il prodotto a marchio dop non possa essere venduto sotto i 9 euro al chilo» stima il presidente Luigi Chianese.

PROVETTE SCAMBIATE
Attenzione particolare meritano i controlli a monte della produzione, che riguardano lo stato di salute delle bufale. È successo, per esempio, che un allevatore di San Cipriano d’Aversa abbia tentato di sostituire le provette al momento della consegna dei campioni di latte da sottoporre alle analisi periodiche disposte per individuare pericolose tracce di diossina e altre sostanze chimiche. Nel marzo 2010 il bestiame era infetto da brucellosi e, in precedenza, era stato contaminato da diossina. Ma la manovra, utile a evitare altre verifiche (e drastici provvedimenti), è stata scoperta dai carabinieri e dai veterinari dell’asl. Con un solo campione di latte positivo su 62 analizzati oggi può comunque dirsi rientrato l’allarme diossina, «che peraltro aveva riguardato solo il 3 per cento del latte di bufala esaminato» precisa Zicarelli. «Nel periodo più nero arrivai ad accumulare 1 milione di mozzarelle invendute, tutte di qualità certificata e senza alcun rischio per la salute» ricorda l’imprenditore Alfredo Iemma. La psicosi è stata superata dal boom di vendite del 2010. Però, solo per bloccare la diffusione della brucellosi, 48 mila capi bufalini malati sono stati abbattuti in tre anni.

FORME ANOMALE
Su segnalazione del Consorzio di tutela, nel novembre 2010 è stata anche avviata un’indagine sulla «forma anomala» della mozzarella venduta da una nota catena commerciale. Tra le pieghe normative del disciplinare che indica le caratteristiche della dop, infatti, viene specificato che sono ammesse la «forma tondeggiante» e le altre «forme tipiche, quali bocconcini, trecce, perline, ciliegine, nodini, ovolini». Non le «testine», tipo fiordilatte, come è stato riscontrato in questo supermercato. Il primo esame di qualità, dunque, si basa sulla vista. Ma anche l’hi-tech serve per stanare le sofisticazioni. Risonanza magnetica nucleare, risonanza magnetica per immagini ed esame del dna: sono questi i progetti in campo per riconoscere la mozzarella adulterata. L’Università di Bari ha messo a punto un marcatore molecolare che rileva la cagliata refrigerata o congelata negli altri formaggi a pasta filata. L’esito dei primi test fa riflettere: per la Coldiretti, su 421 mila quintali di mozzarelle vendute come pugliesi, oltre il 35 per cento contiene prodotti importati dall’estero. La bufala è servita.