Marco Imarisio, Corriere della Sera 04/05/2011, 4 maggio 2011
GLI 886 SI’ DELLA EX BERTONE FIAT: ORA LA FIRMA DELL’ACCORDO —
Come se nulla fosse. A urne appena chiuse, la ex Bertone ha già ripreso il suo aspetto normale, con le cancellate subito ripulite dai manifesti «elettorali» , il consueto traffico sul viale davanti all’ingresso che procede spedito senza ingorghi da assembramento, e i cortili desolatamente vuoti. La scelta dei delegati sindacali Fiom di votare sì al referendum ha evitato spaccature tra i 1.092 operai in cassa integrazione da ormai sei anni, producendo così numeri da plebiscito, che ognuno interpreta a modo suo. I voti favorevoli al piano Marchionne, che garantisce investimenti da 500 milioni di euro e impone nuovi ritmi e orari di lavoro, gli stessi di Pomigliano e Mirafiori, sono l’ 87 per cento, 886 su 1.087 schede. Non c’era tensione, nello stabilimento che portava il nome di uno dei più antichi carrozzieri piemontesi e adesso dal 2012 diventerà, almeno così ha promesso la Fiat, il centro di produzione della nuova Maserati. Via i volantini che insultano Sergio Marchionne, rimossi i cartelli dei sindacati del sì, riciclati dai giorni di Mirafiori. La scelta delle Rappresentanze sindacali unitarie ha cambiato il significato della consultazione, facendola diventare una questione più privata, che riguardava solo gli operai dello stabilimento. Non ci sono vincitori e vinti, dice Pino Viola, il delegato più anziano, che ieri pomeriggio ha voluto votare per millesimo, questione di cabala. «Adesso chiediamo a Marchionne di mantenere l’impegno che ha preso e di rispettare l’investimento promesso per questa fabbrica, che finalmente riparta» . Contava solo quello, per loro. Hanno fatto il passo che gli veniva richiesto, ma potrebbe non bastare. A sera tardi, quando i risultati sono ormai ufficiali, arriva la nota della Fiat, che «apprezza il grande senso di responsabilità dimostrato dai dipendenti dello stabilimento» ma attende di verificare «la disponibilità delle organizzazioni sindacali a formalizzare la proposta aziendale» . L’azienda conferma che «in presenza della firma di un accordo e dell’esistenza delle condizioni applicative necessarie provvederà a dare il via libera al piano di investimenti previsti dal progetto» . La formula non è chiara. Sembra che Fiat chieda la firma dell’accordo alla Fiom, subordinando gli investimenti promessi a questa accettazione. Un passo che non era stato compiuto a Pomigliano e Mirafiori, dove era stata giudicata sufficiente la vittoria dei sì. Il problema forse è nella natura del voto alla ex Bertone, frutto di una strategia interna alla Fiom, che negli stabilimenti di Grugliasco può contare su una maggioranza schiacciante, 741 iscritti su 1.092 lavoratori, che hanno dato il loro assenso per necessità, non certo per convinzione. La Fiom reagisce subito al comunicato della Fiat fissando i paletti della sua piccola svolta. La firma sarà solo delle Rsu, a livello locale. «Noi non lo faremo — dice il segretario torinese Federico Bellono— perché continuiamo a ritenere questo contratto viziato da illegittimità» . La sterilizzazione del referendum non ha prodotto grandi risultati. La lotta tra Fiat e Fiom diventa sempre più accesa, Il segretario della Uil Luigi Angeletti parla di «divorzio» tra la Fiom e il resto del mondo, mentre il leader della Cisl Raffaele Bonanni afferma che «davanti a un risultato così clamoroso» il sindacato rosso «non può che firmare l’accordo» . Per la Fiom si apre anche un fronte interno. Dopo un giorno di silenzio, si è fatto sentire Giorgio Cremaschi, presidente del comitato centrale in scadenza, leader della corrente più massimalista. «Da un lato c’è un sì, dall’altro un no. Il rischio di sbandata della Fiom è evidente. Bisognerà smentire i delegati e dire che la loro firma è a titolo personale e non è valida» . Tensioni interne in arrivo, probabile la resa dei conti con il segretario nazionale Maurizio Landini. I lavoratori della ex Bertone, intanto, tornano alla loro cassa integrazione e aspettano. Non possono fare altro.
Marco Imarisio