Matteo Persivale, Corriere della Sera 04/05/2011, 4 maggio 2011
DA KENENDY A KUBRICK, LA MITICA STANZA DEI BOTTONI
Barack Obama ha seguito il raid contro Bin Laden nei locali della Casa Bianca dove Harry Truman giocava a bowling e diceva «l’ho preso» riferendosi ai birilli: difficile sostenere che la Storia a volte non abbia senso dello humour. L’aveva già capito Stanley Kubrick che in Il Dottor Stranamore mostrò Peter Sellers presidente che seda una rissa esclamando «qui non potete picchiarvi: è la stanza della guerra» , la War Room del Pentagono (con l’ambasciatore sovietico spione che aveva rivelato l’esistenza dell’arma segreta russa, il «dispositivo fine di mondo» ). L’attuale Situation Room nell’ala Ovest della Casa Bianca usata da Obama e il suo staff domenica notte non nacque da un piano strategico ma dall’ira di Kennedy per le cattive comunicazioni durante la Baia dei Porci. Sorge dove lo staff di Harry Truman, presidente dal 1945 al 1953, faceva tornei di bocce. Eisenhower però, successore di Truman che si esercitava a golf nello studio ovale danneggiando il pavimento con la mazza, trasformò la sala da bowling in una copisteria finché Kennedy non ne fece il centro comunicazioni nel 1961. Ma la storia della Situation Room comincia molto prima, quando l’ala Ovest (la «West Wing» inaugurata nel 1902, comprende tra l’altro il famoso studio ovale) non esisteva ancora: Abraham Lincoln diresse la guerra contro gli Stati secessionisti dalla sala del telegrafo del ministero della Guerra. Lincoln attraversava la strada, entrava nel Winder Building a pochi passi dalla Casa Bianca dove trovava un po’ di tempo per riflettere nella «Telegraph Room» in attesa che i messaggi dei generali venissero decrittati. E lì estraeva dal taschino il calibro con il quale misurava i movimenti di truppe sulle mappe. Se Lincoln con telegrafo e calibro è il pioniere (immortalato da Gore Vidal nell’omonimo romanzo bestseller), Franklin Delano Roosevelt è il leader che ha fatto della «War Room» un centro itinerante. Paralizzato dalla polio, malato di cuore, fu costretto a passare lunghi periodi lontano dal caldo soffocante e dagli inverni gelidi di Washington (tra Camp David, che allora si chiamava Shangri-La, e le terme di Warm Springs, Georgia). Ovunque però Roosevelt — insofferente alla dieta in bianco ordinata dal medico strettamente sorvegliata dalla moglie Eleanor: per lui i panini al tacchino di Obama sarebbero stati una ghiottoneria — interrogava il suo staff dalla sedia a rotelle in vimini. Con Kennedy nasce una vera Situation Room a pochi passi dallo studio ovale. Non un bunker ma un luogo dove analizzare con il fratello Bobby e le «teste d’uovo» di Harvard l’andamento della crisi missilistica di Cuba del 1962 e dove ignorare i cattivi consigli dei generali guerrafondai (ne scrive Michael Beschloss nel libro Guerra fredda. Kennedy e Kruscev: Cuba, la crisi dei missili, il muro di Berlino, ed. Mondadori). Cose che si possono vedere nel film Thirteen Days, con Bruce Greenwood nei panni di JFK e Kevin Costner in quelli del consigliere Kenny O’Donnell. Per il successore Lyndon Johnson la guerra è il Vietnam: ma alla scomoda Situation Room il rude texano preferiva riunioni più informali, anche seduto sulla toilette al cospetto dei collaboratori allibiti. Gestì il Vietnam tra un duello verbale col senatore Russell (presidente della commissione Forze armate) e una minaccia ai generali. Nixon, dopo «LBJ» , nella Situation Room mandava Henry Kissinger e restava nello studio ovale, a registrare sui nastri che più tardi gli costarono le dimissioni insulti terrificanti non ai vietnamiti ma agli studenti pacifisti, ai democratici, agli ebrei. Hollywood si è impossessata di molti di quei momenti presidenziali trasformando la Situation Room nel centro di film di guerra (fredda e non). In A prova di errore, apologo antinucleare del quale George Clooney ha realizzato un remake televisivo, Sidney Lumet mostra Henry Fonda presidente che scatena per sbaglio l’apocalisse atomica. E attraverso le ere geologiche hollywoodiane si arriva fino al Morgan Freeman presidente nero (era il 1998, pareva un miraggio) che in Deep Impact deve gestire un’altra fine del mondo che stavolta però arriva dallo spazio. In tv, la Situation Room della Casa Bianca trova il suo ambiente naturale in The West Wing, serial di successo globale con Martin Sheen presidente che sventa anche una specie di piccolo 11 Settembre riveduto e corretto organizzato da una controfigura di Bin Laden.
Matteo Persivale