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 2011  maggio 04 Mercoledì calendario

L’EREDE, LA MOGLIE GIOVANE, I BIMBI. INSEPARABILI NELL’ULTIMO BUNKER —

La cucina era all’aperto, accostata al muro di cinta, con due pietre a delimitare il fuoco di legna. Per preparare il pasto all’Emiro di Al Qaeda, le sue donne, mogli, figlie o domestiche, dovevano stare accovacciate maneggiando le pentole annerite sulla fiamma viva. Osama Bin Laden non viveva in una caverna, ma neppure nel lusso come noi lo intendiamo. Quasi una volta alla settimana a casa Bin Laden arrivava la carne sotto forma di una pecora viva. La pecora veniva sgozzata secondo le prescrizioni coraniche, ringraziando Allah, lo sguardo rivolto alla Mecca, e lasciata frollare all’aria fresca di Abbottabad. Nel cortile scorrazzavano galline e, dicono alcune testimonianze, nove bambini dai 2 ai nove anni che crescevano chiusi nel fortino senza né giocare con i vicini di casa né andare a scuola. I rifiuti erano accatastati in mucchio sotto la finestra e di tanto in tanto bruciati assieme ai giornali consegnati ogni mattina alla porta. Nel suo ultimo rifugio Osama Bin Laden aveva con sé almeno una moglie, la sua quarta, la yemenita Amal al Ahmed Sadah. Ovviamente la più giovane dell’harem, sotto i trent’anni. E un figlio, probabilmente Hamza, il minore dei 18 conosciuti. Considerato il principe ereditario di Al Qaeda, dovrebbe avere attorno ai 25 anni. Il ragazzo è stato ucciso nel raid. Era tra i sospetti per l’assassinio di Benazir Bhutto, l’ex premier pachistano. Era nato e cresciuto da terrorista, seguendo papà dal Sudan all’Afghanistan al Pakistan, sempre circondato da guerriglieri armati e pronti a morire agli ordini del padre. La moglie sembrerebbe solo ferita a una gamba e ora in custodia pachistana. Entrambi sono rimasti accanto a Osama nel raid. La palazzina era abitata da un’altra mezza dozzina di adulti più i bimbi. «Due famiglie» ha detto il portavoce della Casa Bianca Jay Carney ieri sera, e frequentata da alcune donne della città pagate per aiutare nella dura routine casalinga senza gli strumenti moderni: dalla cucina a gas, allo scaldabagno, alla lavatrice, al frigorifero, ai cibi pronti. Al primo piano, sotto Osama, stavano quei portaordini che, senza accorgersene, hanno condotto la Cia al covo del capo. A pian terreno viveva la famiglia di uno dei fratelli pachistani che figuravano come proprietari del complesso. L’altro con moglie e figli occupava un edificio adiacente all’interno delle stesse mura. Nelle sue case, sempre le donne vivevano separate dai maschi per poi riunirsi ai mariti soltanto nelle camere da letto. Abbottabad non faceva eccezione. Nella sua vita da capo terrorista, Bin Laden non ha mai rinunciato alla famiglia. Come molti combattenti arabi in Afghanistan anche Osama teneva nelle retrovie mogli e figli e all’occasione non dimenticava quelli che considerava i suoi doveri di educatore. Osama dovrebbe avere tra i 18 e i 24 figli. Forse qualcuno dei bambini rimasti illesi nella sparatoria è un Bin Laden. In Growing up Bin Laden, crescere da Bin Laden, il libro di memorie di Najiwa, la prima moglie, si legge del giorno in cui il marito radunò i figli maschi. «C’è un foglio appeso in moschea— disse— chi si candida a diventare martire della Guerra santa come bomba umana può andare a firmarlo» . Da ragazzi obbedienti tutti misero il nome nella lista. Oggi Najiwa vive in Siria, in pace, con uno dei figli, Omar. Altre lezioni paterne comprendevano notti nel deserto sudanese, stesi in una buca a forgiare il coraggio a contatto con scorpioni e serpenti; il tiro a segno su scimmiette da compagnia, gli esperimenti con il gas velenoso sui cani di casa e, ovviamente, la frequentazione di jihadisti reduci da agguati, massacri, combattimenti, attentati. Nonostante l’infanzia randagia e violenta non tutti gli eredi di Osama hanno seguito le orme paterne. Abdallah, il maggiore, dirige una società pubblicitaria in Arabia Saudita. Anche se è guardato con sospetto è la guida di altri 4 incensurati fratelli Bin Laden in Arabia. Omar e due altri sono in Siria con la madre Najiwa. Un buon gruppo è agli arresti domiciliari a Teheran: Saad, Othman, Mohammad, Bakr, Fatima, 11 nipoti e Khairiya, la seconda moglie di Osama. Molti altri, invece, sono riusciti meglio secondo gli standard paterni. Saad, il numero tre della serie, si dice fosse coinvolto in attentati in Marocco, Tunisia e Arabia, ma sarebbe stato ucciso da un missile Usa in Pakistan. Il numero sei, Mohammed, aveva sposato la figlia di un jihadista ed è morto combattendo in Afghanistan. Delle femmine si sa ancora meno. Adolescenti sarebbero andate in sposa a terroristi di mezzo mondo. Alcuni analisti sostengono che Al Qaeda riuscirà ad avere un futuro se un Bin Laden si farà avanti a prendere il posto del padre. È probabile che quello di Abbottabad non fosse l’unico rifugio e che lo sceicco del terrore si spostasse dove magari lo aspettava la terza moglie con altri figli maschi in cammino sulla via della Guerra Santa. Osama è morto. Ma altri Bin Laden potrebbero voler continuare la sua storia nera.
Andrea Nicastro