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 2011  maggio 04 Mercoledì calendario

PERCHE’ LE STRANIERE PIACCIONO DI PIU’?


Gli italiani preferiscono le stra­niere. Sette su dieci, nel primo trimestre di quest’anno, al momento di decidere quale auto ac­quistare hanno scelto un marchio e­stero. Un dato allarmante per Fiat che in 40 anni ha visto ribaltarsi le quote di mercato (nel 1970 – anche grazie alle tasse di importazione che le penalizzavano – solo il 27,7% de­gli italiani sceglievano vetture este­re). E in netta controtendenza ri­spetto a quanto avviene in Francia e Germania, dove i costruttori nazio­nali spadroneggiano nelle vendite.

Se Punto e Panda resistono graniti­camente da anni, e con largo distac­co sulle inseguitrici, ai primi due po­sti delle classifiche, il mercato italia­no oggi è diventato terreno di con­quista delle tedesche. Volkswagen, Audi, Opel, Bmw e Mercedes insie­me raccolgono più del 27% delle pre­ferenze, seguite a ruota dalle france­si (16,5% sommando Renault, Ci­troen e Peugeot). Prezzi più competitivi, qualità supe­riore, stile più accattivante, maggior scelta di versioni: queste le motiva­zioni che hanno determinato a par­tire dal 1991 il sorpasso delle stra­niere nelle quote di mercato. Moti­vazioni certamente valide vent’anni fa, ma molto meno oggi. Che l’auto italiana sia tornata ad essere un mo­dello di qualità e stile, lo testimonia­no il successo dei modelli più recenti, dalla stravenduta Fiat 500 che ora sta facendo innamorare anche gli Stati Uniti, alle apprezzate Alfa Romeo Mito e Giulietta. Quanto ai prezzi, da molto tempo quelli del Gruppo Fiat si sono allineati alla concorrenza dei generalisti e l’ideazione di nuove campagne promozionali che preve­dono un’offerta di modelli full op­tional a prezzo scontato e traspa­rente, dovrebbe contrastare effica­cemente i prezzi virtuali, riferiti a ver­sioni “base” spesso inesistenti, che spesso alcuni marchi pubblicizzano per attrarre nuovi acquirenti.

In realtà dunque la progressiva ero­sione del monopolio Fiat nelle pre­ferenze delle italiane ha soprattutto la sua ragione d’essere nella caren­za di offerta specifica. Accantonan­do quasi del tutto la scommessa sui propulsori ibridi ed elettrici, il mar­chio del Lingotto ha avuto il merito di concentrarsi sui motori ad alto va­lore ecologico (con Panda, Punto E­vo, Grande Punto, Qubo e Doblò Na­tural Power, ha la più ampia gamma di vetture a doppia alimentazione metano-benzina del mondo) e a basso consumo grazie ai suoi diesel Multijet e i benzina MultiAir. Dal­­l’altra parte però è in netto ritardo rispetto alla concorrenza sui model­li che conquistano le fasce più inte­ressanti del mercato.

Nella gamma Fiat oggi manca ad e­sempio un Suv compatto o un cros­sover degno di tal nome (la Sedici, unico 4x4 in gamma, in classifica non è nemmeno tra le 50 auto più vendute), in un segmento che inve­ce piace molto agli italiani. Lo testi­monia l’incredibile successo che Nissan ha totalizzato con la Qashqai che solo da noi ha venduto 32.000 e­semplari nel 2010 e quasi 9.000 nei primi tre mesi dell’anno. Così come mancano totalmente una station wagon media italiana che possa competere con i volumi di Opel Astra e Ford Focus. Oppure – dopo l’usci­ta di scena della Lancia Phedra – u­na nuova monovolume grande, ca­tegoria dove spadroneggiano Peu­geot con la riuscitissima 5008 e Ford con la S-Max.

Fiat resiste e detta ancora legge solo nei segmenti bassi, quello delle uti­litarie, un primato che paradossal­mente ha finito per penalizzarla. La fine degli incentivi infatti ha grava­to percentualmente molto di più sul­la vendita di city-car e auto di pic­cola taglia in generale.

L’imminente rilancio dell’ormai an­ziana Lancia Ypsilon, l’atteso resty­ling della Panda, lo sviluppo di altri modelli Alfa Romeo e l’ingresso in segmenti nuovi grazie alle sinergie con il Gruppo Chrysler, dovrebbero però consentire in tempi medio-lun­ghi di ridurre le distanze dai co­struttori tedeschi e francesi, in par­ticolare in tema di berline, e - grazie alla tecnologia 4x4 di Jeep - nei Suv e nei fuoristrada. Una Fiat meno i­taliana per far rivincere l’auto italia­na: questo ci aspetta. Più che un gio­co di parole, una speranza in gioco.