Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 01/05/2011, 1 maggio 2011
FELTRINELLI: LA SINISTRA? SI ALLEI, DA SOLA NON CE LA FA — A
Porta Volta c’è già un «mock-up» , un saggio dell’edificio che verrà. La nuova sede della Feltrinelli sarà una galleria di vetro, piena di libri, con la Fondazione, la casa editrice, la sala di lettura in mansarda, il parco. Un nuovo luogo per Milano. E l’inizio di una nuova storia per un editore, Carlo Feltrinelli: l’acquisto del 20%di Donzelli, l’accordo con Rcs e Gems per l’editoria digitale— Edigita —, gli investimenti in Spagna sulle librerie La Central e su Editorial Anagrama. «Dietro questa varietà di imprese c’è il progetto di alimentare la sfera pubblica, far circolare idee, dare spunti di interesse e piacevolezza a chi ci frequenta. Al centro restano i libri. L’anno scorso in Italia abbiamo venduto 23 milioni di copie. Ora le librerie sono 102. Stiamo aprendo a Pescara e Latina. A Verona ne apriremo due» .
Carlo Feltrinelli, lei guida una casa editrice molto caratterizzata.
«Sì, ma non siamo una setta né una fazione. Siamo fuori dalla mediacrazia, come la chiama Giovanni Sartori. Nell’Italia delle cricche e delle piccole e grandi mafie siamo uno spazio di libertà, creatività, fatto di molta impresa, non più soltanto su carta. Offriamo tremila eventi gratuiti l’anno, dove vengono il pensionato benestante e lo studente squattrinato. Siamo anche musica, digitale, e-commerce, servizi per l’editoria, cinema d’essai, documentari, gastronomia con "street food"italiano di qualità» .
Ora vi mettete pure a vendere il «pani ca meusa» , il pane con la milza?
«Certo. Abbiamo siglato un accordo con la Focacceria San Francesco di Palermo, per caratterizzare le nostre caffetterie e inaugurare un nuovo modello di punto di vendita. A cominciare da Roma, in via del Corso» .
A che punto è la crisi dell’editoria?
«Prima di tutto c’è una crisi economica mondiale che non è un incidente di percorso. È la crisi di un modello di sviluppo. Poi c’è una rivoluzione tecnologica che sta ribaltando il modello di business dell’editoria. Proprio per questo è il momento di investire, pure in un Paese come l’Italia che sembra aver rinunciato a investire nell’economia della conoscenza. Un pool di banche guidato da Intesa ci ha dato fiducia, con un finanziamento da 180 milioni di euro. In Spagna, l’ipotesi è mettere a frutto la nostra esperienza di librai con la catena La Central ed espanderla in America Latina, magari aprendo una grande libreria a Città del Messico» .
Crede ancora nella carta? O il futuro è il digitale, anche per i libri?
«È iniziata un’epoca del tutto nuova. Ogni cosa cambierà. La via dell’e-book è irreversibile. Dobbiamo attrezzarci a giocare su più terreni. Anche perché la carta — a parte settori come la manualistica o certa saggistica universitaria— non scomparirà. E non solo grazie a chi alla carta è abituato» .
Saviano è ormai un vostro autore?
«In questo momento Roberto va lasciato tranquillo. Bisogna dargli il tempo e il modo di scrivere un libro nuovo. Nel frattempo abbiamo pensato di restituirgli il gusto di incontrare il pubblico in libreria. L’esperienza che stiamo vivendo in giro per l’Italia è bellissima. E "Vieni via con me"è stato naturale farlo con noi» .
Non crede che l’avrebbe pubblicato anche la Mondadori?
«Ho stima di chi lavora in Mondadori, non voglio fare polemiche con loro. Ma forse in questo momento, viste le dichiarazioni della proprietà, non c’erano le condizioni» .
Non teme che Saviano possa essere strumentalizzato?
«Lui non si fa strumentalizzare. Semmai, va protetto dalla sua enorme visibilità, dalle invidie e dagli attacchi. In fondo ha solo trent’anni, per quanto abbia una velocità di comprensione e interpretazione stupefacenti» .
Quali sono i nuovi autori di punta?
«Intanto ci teniamo stretti quelli storici: Stefano Benni, Antonio Tabucchi, Erri De Luca, Alessandro Baricco, Cristina Comencini, Maurizio Maggiani. Tra i nuovi trovo molto interessante Alessandro Mari. A trent’anni ha firmato un romanzo da 800 pagine sul Risorgimento, "Troppo umana speranza", scritto come un classico. Una storia palpitante. Ora pubblicheremo l’autobiografia di Julian Assange: un manifesto di come i ragazzi possono usare la rete per costringere i governi a dire la verità» .
Ha conosciuto Assange?
«Sì. È l’apripista di una generazione che vive di fronte alla tastiera, dorme di giorno, di notte naviga. Mi piace avere un autore così. Un tipo feltrinelliano. Visionario, lucido, anarchico» .
Come suo padre?
«Be’ mio padre non era proprio un anarchico... Se mai di più lo è Inge» .
Che rapporto ha con la storia della sua famiglia?
«Molto buono. Ho commissionato una storia dei Feltrinelli dal 1840 al 1935, l’anno della morte di mio nonno Carlo» .
E gli anni successivi?
«Credo di averli raccontati io, in "Senior Service"» .
Che idea si è fatto della morte di Giangiacomo Feltrinelli?
«Quella che espongo nel libro. Non mi pare ci siano evidenze che sia andata diversamente dalla ricostruzione giudiziaria. So che Inge ha un’altra idea. Certo non è implausibile che qualcuno volesse eliminarlo» .
Lei va a Cuba? Come la trova oggi?
«Come quella di ieri. Purtroppo. Ma l’America Latina è un posto straordinario. Pensi al Brasile, dove in questi anni si è prodotta ricchezza ma, al contrario di quanto accaduto altrove, si sono ridotte le disuguaglianze» .
E l’Italia?
«L’Italia è un Paese per vecchi. La classe dirigente non è in grado di confrontarsi con la problematicità del mondo, e neppure di considerare in modo laico l’interesse nazionale. Non esiste una politica industriale, una politica ambientale, una politica della ricerca. Siamo un Paese a rischio. E siamo in un tunnel oscuro per la democrazia» .
Una parte della cultura di sinistra raffigura Berlusconi come un personaggio ridicolo, e i suoi oppositori come sciocchi che non riescono neppure a batterlo. Lei cosa ne pensa?
«Berlusconi non è una barzelletta. È una cosa seria. Dobbiamo prepararci a un’Italia nuova. Io cerco di fare la mia parte» .
Il nuovo è il Pd?
«Parlare male del Pd è come sparare sulla Croce Rossa. Mi astengo dall’esercizio. Certo a sinistra negli ultimi 25 anni c’è stato uno smottamento culturale, per il quale esistono responsabilità precise. La sinistra ha rinunciato a offrire un patto di civiltà per il futuro; ha cercato di battere Berlusconi sul suo stesso terreno. E i risultati si vedono. L’ultima generazione di politici è una generazione cooptata» .
E Vendola?
«Non lo conosco. Certo non è proprio un giovane, ma sa parlare ai giovani. E ha cose da dire» .
La sinistra può vincere e governare da sola? O ha bisogno di un’alleanza con i moderati?
«In questo momento la parola d’ordine dovrebbe essere unità per ricostruire il Paese. Da sola la sinistra non ce la fa e ci sarebbe bisogno di una sinistra davvero aggiornata» .
E Milano come la trova? Com’è amministrata?
«Milano è stata una città di grandissima energia. Talora appare più spenta, talora più reattiva. Oggi non sembra avere una vera spinta e una vera visione del futuro. Il sindaco e l’assessore Masseroli hanno sostenuto il progetto Porta Volta, e questo mi ha fatto piacere. Sul modo in cui è amministrata la città ho forti riserve. A cominciare dall’Expo ma anche nella quotidianità» .
Torniamo dove siamo partiti: Porta Volta. Cosa c’è adesso nel luogo della nuova sede?
«Ci sono da cent’anni i ruderi di un vecchio magazzino di legname della mia famiglia. Ma è una zona nevralgica di Milano, che il progetto di Jacques Herzog e Pierre de Meuron valorizzerà. Ed è vicina al Monumentale, dove è sepolto mio padre. Oltre alla Fondazione trasferiremo la casa editrice. Ci saranno una libreria, un ristorante, la pista ciclabile nel verde. La Fondazione Feltrinelli ha più di sessant’anni, la considero un patrimonio che deve evolvere in un modello nuovo, di tipo formativo, che aggreghi i giovani di questa città e non solo. Mio padre costruì una grande biblioteca sui movimenti sociali e rilanciò i tascabili in Italia, finanziando la Cooperativa del libro popolare. Questa sarà la nostra sfida per i prossimi anni» .
Aldo Cazzullo