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 2011  maggio 01 Domenica calendario

LE LETTERE DI MORO: URGE IL RESTAURO

Miguel Gotor si chiede - nel saggio che accompagna l’edizione critica del "memoriale" di Moro – dove sia finito l’originale di questo impressionante documento. Seguendo questa sollecitazione a noi è venuto in mente di chiedere di più. Dove sono finiti tutti i documenti prodotti da Moro durante i 55 giorni di prigionia? Dove si conservano le lettere autografe indirizzate ai familiari, a papa Paolo VI, ai ministri, ai politici, ai compagni di partito e ai collaboratori? Dove si trovano le varie versioni del testamento e le fotocopie delle lettere stesse e quelle trascritte a macchina ritrovate nel covo Br di via Monte Nevoso a Milano il 1° ottobre 1978 e il 9 ottobre 1990?

Diciamo subito che molto di questo materiale – soprattutto quello originale di pugno di Moro – risulta disperso e irreperibile. Dove siano le lettere originali indirizzate dal prigioniero a Paolo VI, ad esempio, nessuno lo sa con certezza. E così mancano all’appello tante missive originali indirizzate ai compagni di partito. Oltre a non sapere – come s’è detto – dove sia nascosto l’autografo del memoriale nel quale Moro annotò le risposte date ai brigatisti che lo stavano processando.

Molte, dunque, sono le lacune. Tuttavia, il nucleo più rilevante delle carte prodotte dallo statista durante la prigionia si conserva oggi a Roma, sotto la diretta responsabilità del dottor Paolo De Fiore, presidente del Tribunale di Roma, il quale ci ha cordialmente ricevuti per chiarire il quadro della situazione.

«Le carte della prigionia di Moro – dice il presidente De Fiore - si trovano oggi nell’archivio di Rebibbia dov’è allocata una delle sedi della Corte d’Assise del Tribunale di Roma. In quest’aula sono stati celebrati alcuni dei più grandi processi italiani dal 1950 al 1990, processi che hanno prodotto qualcosa come 2500 fascicoli sistemati lungo 800 metri lineari di scaffali. Visitare quest’archivio è, a mio avviso, come fare un viaggio nella storia italiana, dal delitto Montesi all’omicidio di via Poma, passando per il caso Moro, la strage di Ustica, l’attentato a Giovanni Paolo II. Venendo alla questione delle carte redatte da Moro durante il sequestro, le dico che presso di noi si trovano 13 lettere autografe del presidente della DC e una buona parte delle carte - ovvero le fotocopie e i dattiloscritti delle lettere stesse - rinvenute nel covo di via Monte Nevoso a Milano».

Queste carte sono accessibili ai cittadini?

«Queste carte sono accessibili agli studiosi, previa autorizzazione da parte mia.

Io ho bisogno di sapere dai ricercatori le ragioni per cui intendono accedere a questo tipo di documenti; poi, posso dare o meno il permesso di consultazione. Le dirò che questo genere di richieste non è affatto infrequente: ricevo, ad esempio, molte domande di consultazione delle carte relative al processo di Ustica».

Nell’archivio di Rebibbia, le carte di Moro sono fisicamente affidate al dottor Paolo Musio, funzionario responsabile dall’archivio. Il quale però si sta preparando al trasloco di questi documenti in una nuova sede.

«Sì, è così - conferma il presidente De Fiore –. Il nostro bravissimo dottor Musio sta preparando i manoscritti e le fotocopie di Moro, nonché gli atti dei processi relativi al sequestro e all’assassinio, perché vengano consegnati a Eugenio Lo Sardo, il direttore dell’Archivio di Stato di Roma. Faremo quest’atto di consegna il 9 maggio, perché il 9 maggio l’Italia intera celebra la giornata in ricordo delle vittime del terrorismo. Mi è parso un giorno adatto, anche per onorare la memoria di Aldo Moro e il suo dolore, di cui le lettere sono drammatica testimonianza. Il suo corpo senza vita, lei ricorderà, fu ritrovato il 9 maggio».

La legge prevede che il Tribunale consegni all’Archivio di Stato le carte dopo quarant’anni dagli avvenimenti. Perché le carte di Moro vengono consegnate con nove anni d’anticipo rispetto ai tempi stabiliti?

«Per due motivi – spiega Paolo De Fiore –. Il primo è che le carte di Moro hanno una tale importanza storica e politica che preferiamo siano consegnate all’Archivio di Stato per passare definitivamente dalla sfera della cronaca alla dimensione della storia. Il secondo motivo è più pratico: noi, lo dico con franchezza, non siamo in grado nei nostri archivi di garantire particolari cautele conservative. E invece le carte di Moro cominciano vistosamente a necessitarne: per questo le affidiamo all’Archivio di Stato, per meglio garantire la loro conservazione fisica».

Corriamo dal dottor Lo Sardo all’Archivio di Stato per chiedere a lui di cosa soffrano le carte di Moro.

«Prima di affrontare questo argomento – esordisce Lo Sardo – mi lasci dire che quest’atto di collaborazione e di fiducia del Tribunale di Roma ci onora profondamente, e al tempo stesso ci permette di far capire all’opinione pubblica che il nostro archivio non è solo votato alla conservazione del remoto passato (Michelangelo, Caravaggio Bernini, eccetera) ma è aperto e strutturato anche per la conservazione delle memorie del presente. Ricevere in consegna carte come quelle inerenti la prigionia e il processo Moro connota l’istituto ancor più come un organismo vivo, un luogo di ricerca e di dibattito sulla contemporaneità. Del resto, pensi che qui conserviamo persino il sangue di Giacomo Matteotti».

Caspita! Ma tornando a Moro, di che cosa soffrono le carte?

«Le carte di Moro, e in particolare le lettere autografe, sono state attentamente esaminate da Michele Di Sivo, funzionario dell’Archivio che da tempo segue il caso, il quale ha rilevato strappi ai lati dei fogli e buchi provocati dalle graffette. Per ora nulla di grave, si intende; ma questi danni vanno risarciti subito perché c’è il rischio che, estendendosi, possano impedire in futuro la lettura dei testi».

Pensate di riprodurli?

«Digitalizzare i documenti per conservarli è indispensabile per metterli al sicuro. Ma in questo caso ciò che conta è salvare la fisicità delle lettere, l’integrità dei fogli, la qualità della grafia: solo così potremo metterci in sintonia con queste testimonianze scritte, come se stessimo alle spalle di Moro nell’angusta prigione delle Br e lo osservassimo vergare le drammatiche lettere con frenesia e disperazione. Nessun documento riprodotto può restituirci quello che l’autentico può comunicarci».

Chiaro. Ma allora come metterete in sicurezza queste carte?

«Le lettere sono scritte su comuni fogli di bloc notes in formato A4 con penne biro e pennarelli neri o blu. La prima cosa da fare è analizzare i materiali per verificare l’eventuale presenza di muffe, umidità, agenti patogeni, eccetera. Poi, si può procedere all’integrazione di buchi e strappi».

E a chi affiderete questo lavoro, vista anche l’estrema delicatezza dei contenuti di queste lettere?

«Per fortuna il Ministero dei Beni Culturali dispone, per la carta, di un Istituto Centrale e di ottimi laboratori di restauro che garantiscono la massima qualità degli interventi e, in questo caso, la riservatezza che le carte di Moro richiedono».

E quando torneranno presso di voi, come vi regolerete per la consultazione da parte del pubblico.

«Sarà possibile consultare le carte di Moro in base a quanto prescritto dal Codice Urbani. Però, il tema della consultabilità pubblica di carte così "sensibili", già normato dal Codice di Procedura Penale all’articolo 116, è un tema aperto, e varrebbe la pena di farne oggetto di un dibattito e di una riflessione più ampia. Forse, l’arrivo delle carte di Moro servirà anche a questo».