Loredana Grita, Il Secolo XIX 1/5/2011, 1 maggio 2011
Piazza Fontana superstite risarcito con 500 mila euro + Intervista a Prina - Imperia. Il ministero dell’Interno e l’Inps dovranno risarcire uno dei sopravvissuti alla strage della Banca nazionale dell’Agricoltura
Piazza Fontana superstite risarcito con 500 mila euro + Intervista a Prina - Imperia. Il ministero dell’Interno e l’Inps dovranno risarcire uno dei sopravvissuti alla strage della Banca nazionale dell’Agricoltura. Dopo 42 anni dall’attentato terroristico che il 12 dicembre 1969 sconvolse Milano, il giudice del lavoro del Tribunale di Imperia, Enrica Drago, ha accolto il ricorso di Roberto Antonucci Prina, 71 anni, che all’epoca ne aveva 29 ed era dipendente dell’istituto di credito. Oggi l’uomo risiede a Diano San Pietro un piccolo centro dell’imperiese, nell’entroterra di Diano Marina, e soffre di disturbi post-trauma da stress cronico. In altre parole quella tragedia gli ha condizionato tutta la vita costringendolo a incessanti cure mediche nel dipartimento di neurologia dell’ospedale di Siena. A rendergli giustizia, dopo anni di sofferenze, è la sentenza che gli concede un risarcimento che supera i 500 mila euro, così ripartiti: il ministero dell?interno è stato condannato a pagare al superstite 162 mila euro, oltre a un vitalizio mensile mentre l’Inps dovrà versargli oltre 355 mila euro. «E’ la prima volta che a una vittima del terrorismo viene riconosciuto un risarcimento per disturbo di tipo psicologico», dicono trionfanti Elisa Vernia dello studio legale Marino di Genova ed Emilio Varaldo del foro di Imperia che hanno tutelato gli interessi di Roberto Prina nella causa avviata nel 2005. «In quella pagina triste di storia il nostro cliente - spiegano gli avvocati - ha subìto indiscutibilmente una serie di traumi che hanno sconvolto non solo la sua esistenza, ma anche la sua posizione professionale e previdenziale. Si tenga presente che da quel giorno ha dovuto cambiare città e per ragioni comprensibili cambiare ambiente di lavoro, andando all’estero». Prima di allora Prina aveva tentato la strada del risarcimento in via amministrativa ma Ministero e Inps forti del parere delle varie commissioni mediche ospedaliere avevano sempre risposto picche. «C’è voluta la meticolosità del giudice Drago - riconosce Prina - che ha lavorato con rigore e precisione, per ribaltare la situazione anche grazie al parere espresso dal Ctu che ha riconosciuto quello che i miei medici curanti di Siena sostengono da tempo, ovvero che c’è correlazione tra i disturbi psicologici di cui soffro e la strage di piazza Fontana». La vita di Prina è stata profondamente segnata dalla strage. Lui era lì, stava lavorando al piano ammezzato dell’istituto di credito quando sotto di lui, nella sala sportelli, si è scatenato l’inferno. E da Milano se ne è voluto andare alla ricerca di una tranquillità che tuttavia ancora gli è negata dai ricordi della tragedia vissuta 42 anni da. Chissà se la sentenza gli renderà gli anni della pensione un po’ meno difficili. grita@ilsecoloxix.it Imperia. Nelle orecchie il boato provocato dall’esplosione, ma netta e indimenticabile anche la percezione dell’odore acre della polvere da sparo misto a quello del sangue. Un incubo che lo accompagna da 42 anni, da quando, nel dicembre del 1969, una bomba esplose nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura, in piazza Fontana, uccidendo 17 persone e ferendone altre 88: una strage da cui Roberto Antonucci Prina che all’epoca aveva 29 anni e oggi ha superato i 70, è scampato per miracolo. Ma gli effetti di quella tragedia lo hanno segnato .«Ho visto attorno a me corpi dilaniati, sentito le urla dei feriti, ero ferito io stesso dopo un volo di 10 metri. Un orrore». Cosa è cambiato da allora? «Tutto. Traumi così lasciano segni profondi, si diventa persino anafettivi, si teme tutto e di conseguenza si indossa una corazza per proteggersi. Ma tutto ti riporta comunque a quei terribili momenti. Ti senti quasi in colpa perché altri non ce l’hanno fatta e tu sì». Ma lei ha famiglia, dei nipoti... «Sì per fortuna e dopo l’attentato ho continuato a lavorare, la mia carriera fino a un certo punto si è anche svolta in maniera più o meno regolare. Ho lavorato all’estero dove mi sembrava di stare meglio. Ma qualcosa si è inceppato». Che cosa è successo? «Credevo di esserne uscito, ma nel 1998 ero a Budapest per lavoro quando mi trovai a passare, per caso dove poco prima c’era stato un attentato in un supermercato. Sono precipitato nell’orrore che credevo di aver lasciato alle mie spalle». E’ stato davvero così terribile? «A Budapest sono stato malissimo e mi sono rivolto a uno psichiatra. Era riesplosa la patologia. Ancora oggi talvolta sento persino l’odore di quella strage. Poi sono tornato in Italia, nel 2000 ho lasciato il lavoro, ma non sono mai stato bene. Sono tuttora in cura». Che cosa l’ha indotta a lasciare Milano dov’è nato per trasferirsi nell’entroterra imperiese? «Troppi brutti ricordi. A Milano vado solo per vedere mio figlio che invece ci abita e nipotini. La scelta di trasferirci a Diano San Pietro? E’ un bel posto, tranquillo e poi mia moglie è ligure di Albissola. Alla Liguria siamo legati». Come si sente adesso? «Finalmente un po’ di pace e la speranza che la sentenza possa essere d’aiuto ad altre vittime del terrorismo che hanno avuto la vita sconvolta e soffrono dei miei stessi disturbi». L.G.