Paolo Del Vecchio, Il Secolo XIX 1/5/2011, 1 maggio 2011
Ernesto Sabato - Madrid. «Ho sempre avuto paura nel futuro, perchè nel futuro, fra l’altro, c’è la morte», confessava Ernesto Sabato a Luis Borges negli unici incontri avuti con lui, fra il dicembre del ’74 e il marzo ’75, raccolti nel libro “Dialoghi”
Ernesto Sabato - Madrid. «Ho sempre avuto paura nel futuro, perchè nel futuro, fra l’altro, c’è la morte», confessava Ernesto Sabato a Luis Borges negli unici incontri avuti con lui, fra il dicembre del ’74 e il marzo ’75, raccolti nel libro “Dialoghi”. Parlarono di letteratura, realtà, sogni, musica, filosofia, religione, tango e amore. Della vita e della morte. Ieri, anche l’ultimo grande scrittore della generazione di Borges, di Cortazar e di Bioy Casares, l’autore di “Sopra eroi e tombe” del 1961, considerato il miglior romanzo argentino del XX secolo, se n’è andato. Ernesto Sabato è morto all’alba, due mesi prima di compiere 100 anni, nel suo tranquillo rifugio di Santos Lugares, immerso nel verde della provincia di Buenos Aires. La vecchia casa che comprò 60 anni fa, all’ombra di un grande salice, testimone del suo trasmigrare dalla matematica e fisica alla letteratura, che aveva visto crescere i suoi figli Mario e Jorge, perduto in un incidente stradale, e morire la moglie Matilde, sua compagna di vita. Dagli anni ’70 non scriveva più. E nemmeno leggeva a causa della perdita progressiva della vista. È stata Elvira Gonzalez Fraga, i suoi occhi negli ultimi anni, a dare notizia del decesso, provocato da una bronchite che non è riuscito a superare. Dottore in fisica nel 1938 all’Università de La Plata, poi a Parigi per lavorare nel laboratorio di Joliot-Curie, Sabato stringe amicizia con André Breton e Camus. Nel 1945 è costretto a lasciare la cattedra all’università Nazionale de La Plata per i suoi articoli contro Peron. E abbandona le scienze per la letteratura, unita fino ad allora con la militanza politica, intrapresa da adolescente nella Gioventù comunista. Non è solo “il tradimento” per la delusione per l’Unione Sovietica di Stalin. “La ragione non serve per l’esistenza” scrive “ma solo a dimostrare teoremi o fabbricare apparati. L’anima nel profondo dell’essere umano non è fatta per questo...”. Il saggio “Uno e l’universo” contiene in embrione i tratti caratteristici della sua successiva produzione: coerenza, introspezione, psicologismo e il dubbio come metodo e apprendimento di vita. Coscienza critica dell’Argentina, il nome di Sabato è stato sempre legato all’impegno per i diritti umani e contro la dittatura militare, dal 1976 al 1983, nonostante nei primi mesi del golpe partecipi a un pranzo col generale Jorge Videla, insieme a Borges. Firma e si fa promotore di decine di iniziative che reclamano il rilascio dei sequestrati. E col ritorno della democrazia è nominato dal presidente Raul Alfonsin responsabile della commissione nazionale contro i crimini della dittatura. Nelle 50 mila pagine del rapporto che porta il suo nome, Sabato ricostruisce la carneficina compiuta dalla dittatura in 340 centri clandestini di detenzione, con oltre novemila desaparecidos. Dall’inizio la sua carriera letteraria è influenzata dallo sperimentalismo e dall’alto contenuto intellettuale della sua opera, che radica nell’esistenzialismo. Dalla pubblicazione del primo romanzo “Il Tunnel” nel ’48, che suscita l’entusiasmo di Albert Camus, lo scrittore non smette di ritrarre il paesaggio dell’orrore che circonda l’essere umano. Con l’intento di scalfire il muro di desolazione e aprire spiragli alla speranza, in un’esistenza percepita come dolore e continua fuga. O, meglio, quella che lui chiama “uscita verso spazi aperti”. A cominciare dalla “tristezza infantile” e la malinconia introiettate perché, decimo di undici figli di un severo padre calabrese scappato con la madre albanese in Argentina, riceve il nome di Ernestito, dell’ottavo fratello morto. “Sopra eroi e tombe” è con “ Il Tunnel” e “L’angelo dell’abisso” del ’74, il secondo romanzo della sua trilogia sull’abisso della condizione umana. Sabato indaga “le verità ultime”, e spesso atroci, nascoste nella parte oscura dell’uomo, inestricabilmente legata a quella di luce. Il libro in cui riversa le ossessioni personali in un’introspezione autobiografica alternata alle riflessioni sulla storia argentina. Il suo “realismo esistenziale”, che attinge a narrativa romantica, romanzo storico, letteratura fantastica e realismo magico, ma anche a Dostoievsky e a Simenon, gira intorno al tema centrale della disumanizzazione dell’uomo.«Questa disumanizzazione» osserva in una delle ultime interviste «non solo è continuata, ma si accentua tragicamente giorno dopo giorno. Come non potrebbe sentirsi l’uomo sconsolato e, se non lo è, tanto peggio, perchè non sa cosa va diventando la vita degli uomini o non gli interessa». Come Borges colpito dalla cecità, Sabato trascorre gli ultimi anni recluso nel suo buen retiro, in preda alla depressione e senza scrivere ma, a differenza dell’antagonista, trova conforto nella pittura, la sua seconda vocazione artistica. «La regione non serve per l’esistenza» ripeteva «la vita è troppo corta e il mestiere di vivere tanto difficile che, quando uno comincia a conoscerlo, bisogna morire».