Gilberto Oneto, Libero 3/5/2011, 3 maggio 2011
IL RISCHIO DI AVERE L’APPOGGIO POLITICO DELLE ARCHISTAR
L’archistar Pierluigi Cervellati ha dichiarato che a Bologna alle prossime amministrative voterà Lega. Fa piacere che una persona intelligente lasci il campo comunista e voti per i “buoni”: meglio tardi che mai. Cervellati è stato uno dei pochi che ha pubblicamente ammesso il fallimento dell’urbanistica di regime e perciò anche di parte del suo passato. Gli fa onore. In Italia da sempre l’urbanistica è “cosa di sinistra”, è materia di quella parte: libri, università, riviste e tutto il resto sono pascolo loro riservato in regime di monopolio. Oggi che il potere sinistro si sta disgregando sicuramente nelle strutture di partito ma anche in quelle di supporto (proprio nella rossa Emilia il leninismo di mercato delle cooperative da segni di cedimenti strutturali) resta solidamente in piedi tutto il castello degli “intellettuali organici”, abilmente costruito dal vecchio Pci.
Che uno come Cervellati faccia oggi “outing” elettorale va a merito del suo coraggio oppure denota l’inizio di uno dei tanti travasi di cervelli che ha conosciuto la storia italiana.
Questo può essere particolarmente pericoloso proprio in un campo, come quello dell’urbanistica, dove a destra c’è il vuoto pneumatico. Un nulla frutto sia del passato monopolio avversario che ha schiacciato qualsiasi idea contraria con brutalità stalinista, che della cecità autolesionista della cultura e della politica a-comunista che ha sempre disdegnato l’argomento come prerogativa dalla parte avversa. Proprio a Bologna, ad esempio, da anni opera uno straordinario laboratorio di urbanistica liberale animato da Giancarlo Mengoli e da Claudio Bertolazzi. La stessa Lega, a cui vanno le neovirginali simpatie del Cervellati, aveva all’inizio degli anni Novanta messo in piedi una Consulta frequentata con entusiasmo da numerosi professionisti e studiosi che aveva elaborato uno straordinario repertorio di proposte di urbanistica liberale e federalista ignorato dal partito e dai suoi amministratori ma saccheggiato dagli avversari.
Oggi si corre il concreto pericolo che questo vuoto autoinflitto venga riempito da intellettuali riciclati che magari riescono a far passare per liberale e autonomista il solito parafernale della vecchia urbanistica: ritrovarci Le Corbusier e soci in camicia verde (dopo che hanno indossato tutti gli altri colori della tavolozza) è prospettiva agghiacciante.
Ma questo è il rischio che corre chi ha sempre diffidato degli intellettuali in quanto tali, e che – come Goebbels – porta istintivamente la mano verso la fondina della pistola quando sente parlare di cultura. Molti “intellettuali” sono sicuramente dei servi ma, come tali, “servono” e hanno una loro funzione fondamentale. Proprio per questo occorre averne di propri evitando di affidarsi alle conversioni altrui. Rifiutando di farne crescere fra gli amici, si rischia (già successo mille altre volte) che il sinistrismo cacciato dalla porta elettorale rientri dalla finestra del vuoto causato dalla propria insensibilità.