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 2011  maggio 01 Domenica calendario

«Che bello sciare con Karol Sui monti si sentiva libero» - Lui si chiama Lino Zani, ha l’aspetto e la tempra di ciò che è, uno nato sui monti e vissuto per i monti

«Che bello sciare con Karol Sui monti si sentiva libero» - Lui si chiama Lino Zani, ha l’aspetto e la tempra di ciò che è, uno nato sui monti e vissuto per i monti. Uno a cui la neve parla, uno per cui il giacciaio dell’Ada­mello non ha segreti. Ma Zani non è solo uno che ha scalato diversi ottomila e rag­giunto entrambi i poli. È stato la guida alpina di Giovanni Paolo II, ha conosciuto l’altro lato di Wojtyla, quello più umano, libe­ro e sofferto. A lungo ha mantenu­to il riserbo su questo legame ma ora, in occasione della beatifica­zione, ha deciso di raccontarlo in un libro: Era santo, era un uomo. Il volto privato di Papa Wojtyla (Mondadori, pagg. 184, euro 18,50, con Marilù Simoneschi). Al Giornale racconta alcuni degli aspetti più toccanti di questo le­game. Zani, come ha conosciuto Karol Wojtyla? «Nel luglio del 1984 sull’Ada­mello. I miei genitori gestivano il rifugio della Lobbia Alta sul ghiacciaio. A un certo punto ab­biamo ricevuto la visita di quat­tro sacerdoti polacchi. Non sape­va­mo che uno di loro era don Sta­nislao Dziwisz, l’assistente pers­o­nale del Papa. Il posto gli piacque gli sembrò idoneo alle vacanze del pontefice... Noi all’inizio non riuscivamo a crederci ma poi il Papa arrivò davvero». Com’era il Wojtyla «monta­naro »? «L’ho frequentato per 21 anni e lo consideravo un amico... Scia­va bene, non gli ho mai dato lezio­ni, semplicemente lo accompa­gnavo. Quando sciava aveva un’aria serena, felice. A volte di­ceva che lassù si sentiva libero mentre a Roma si sentiva in pri­gione. La montagna lo riportava alla giovinezza, al tempo che ave­va trascorso nei monti Tatra». Eppure c’era anche qualco­sa di mistico nel suo rappor­to con la montagna... «Io sulla sua santità non ho avu­to dubbi sin dalla sua prima visi­ta. A volte sembrava sentire co­me un bisogno impellente. Allo­ra si fermava, si isolava. Pregava per ore seduto su un sasso. E quando succedeva, non so come spiegare, è come se da lui proma­nasse un’energia particolare... Non c’era più un suono, un ru­more, sembrava che il tempo si fermasse». E Wojtyla all’Adamello ha fatto anche delle scoperte re­lative alla sua famiglia e alla sua storia personale... «Sì suo padre aveva combattu­to nella Prima guerra mondiale e, parlando, ci siamo resi conto che era proprio uno di quei solda­ti polacchi mandati nella zona dell’Adamello sul Carè Alto.Il pa­pa ne restò colpitissimo». Nel libro si parla anche del terzo segreto di Fatima... «Il segreto di Fatima recita: “Un vescovo vestito di bianco... salire su una montagna ripida, in cima alla quale c’era una grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la cortec­cia...”. Bene il papa volle salire al­­la croce di Cresta Croce, che è fat­ta proprio così, e sulle quella cro­ce lo vidi meditare a lungo... Nel resto del segreto ci sono molte al­tre similitudini con luoghi o cose accadute sull’Adamello, come spiego nel libro... Secondo me so­no segni importanti che identifi­cano Wojtyla con il vescovo vesti­to di bianco del “segreto”... Ma ovvio che queste son questioni di fede, uno ci crede o non ci cre­de... ».