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 2011  aprile 28 Giovedì calendario

LA CITTÀ VILLAGGIO

Una volta si sarebbe detto «giungla d’asfalto», oggi invece si parla, con una certa ammirazione, di città «eco-densa», additandola a caso esemplare di qualità della vita urbana coniugata alla sostenibilità ambientale ed economica.

È il modello Vancouver, imperniato sulla cosiddetta compattezza abitativa e sviluppato in termini così radicali proprio nella metropoli del British Columbia, nel Canada orientale, grazie all’opera del visionario urbanista Larry Beasley.

Cuore pulsante del "Vancouverism" è l’ormai famoso mix di palazzi altissimi a uso soprattutto abitativo (skinny towers, le chiamano tanto sono "magre" e sottili) e negozi, ristoranti, luoghi di ritrovo disseminati lungo i marciapiedi del centro cittadino.

In questo modo, i residenti del grattacielo di ritorno a casa, spesso a piedi, si mischiano con gli avventori dei locali, dando vita a un’atmosfera per molti versi da «vita di villaggio». In effetti, la città – che pure nella sua versione metropolitana (Greater Vancouver) fa quasi quattro milioni di abitanti – riesce sempre a trasmettere a chi ci vive e a chi la visita l’immagine e la sensazione di un centro urbano che resta comunque a misura d’uomo.

Fattore agevolato dalle varie modalità di mobilità disponibili: in centro, grazie alla sua compattezza, ci si può agevolmente muovere a piedi o in bicicletta; per spostarsi da un quartiere cittadino all’altro si possono prendere i cosiddetti "aquabus", visto che la città è adagiata su un dedalo di insenature; per raggiungere gli inevitabili sobborghi ("suburbi") esterni ci si può affidare agli oltre 50 chilometri di infrastruttura di trasporto pubblico (autobus, treni e una linea di metropolitana leggera) che innerva la metropoli.

Il risultato di tutto ciò è una qualità della vita costantemente certificata fra le migliori al mondo – se non la migliore –, come ha ribadito la recente classifica redatta dal l’Economist Intelligence Unit.

Ma c’è anche un’altra classifica in cui Vancouver spicca in virtù della sua scelta urbanistica: quella del contenimento delle emissioni di gas serra; in termini pro capite, con le sue 4,6 tonnellate annue Vancouver ha il tasso di emissioni di gas serra più basso del Nord America. «Siamo spalla a spalla con le più meritevoli a livello mondiale: Reykjavik, Copenhagen, Malmö», conferma il giornalista esperto di eco-sostenibilità Gary Stephen Ross.

L’invidiabile curriculum in termini di eco-compatibilità prosegue con l’ormai avviato riciclo di gas metano generato dalle discariche per produrre elettricità e riscaldamento e con l’alimentazione dei mezzi pubblici cittadini esclusivamente a bio-diesel (che alcuni però guardano con sospetto, visto il suo effetto di "spiazzamento" nei confronti della produzione di derrate alimentari).

Le autorità cittadine non sembrano comunque inclini ad adagiarsi sugli allori e hanno rilanciato, licenziando un vero e proprio programma finalizzato a far diventare Vancouver la città più "verde" del pianeta entro il 2020.

Per assicurare alla metropoli canadese un radioso futuro verde – «Bright green future» è il titolo del piano varato dal sindaco Gregor Robertson e dal "suo" Greenest City Action Team – sono stati identificati dieci obiettivi destinati a spingere Vancouver in modo definitivo sulla strada dell’eco-compatibilità assoluta.

In alcuni casi si tratta di obiettivi "ambientali", come ad esempio la "neutralità" in termini di emissioni di gas serra entro il 2020 per ogni nuova costruzione cittadina (le attività municipali dovranno arrivare a questo risultato già dal l’anno prossimo).

In altri casi l’attenzione è concentrata sull’occupazione e sulla quota di nuovi lavori "green" che la città dovrà saper generare da qui alla fine dell’attuale decennio: almeno altri 20mila, così da divenire, recita testualmente il piano, «la mecca dell’intrapresa verde». In altri ancora, il focus è sulla mobilità, che da qui al 2020 dovrà avvenire per almeno il 50 per cento con mezzi alternativi all’auto privata.

Ma l’obiettivo probabilmente destinato a stimolare maggiormente la fantasia di residenti e urbanisti in cerca di ispirazione è quello denominato «accesso alla natura»: entro dieci anni ogni «Vancouverite» – è il solenne impegno di Robertson e della sua squadra – dovrà vivere a non più di cinque minuti a piedi da un parco o da una spiaggia o comunque da uno spazio naturale usufruibile.

Un target che suona ambizioso ma che tutto sommato sembra alla portata della città: già oggi l’85% dei suoi abitanti risiede a meno di 300 metri da un parco o da una spiaggia. Anche così si spiega quel primo posto strappato anno dopo anno da Vancouver come metropoli più vivibile al mondo.