Karol Wojtyla, Libero 1/5/2011, 1 maggio 2011
LA SANTITÀ DI WOJTYLA SPIEGATA DA WOJTYLA
Chi sono i Santi? Sono i testimoni particolari di questo eterno amore che ci ha dato il Padre nel suo Figlio Unigenito. I Santi sono “coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione”, coloro che “hanno lavato le loro vesti, rendendole candide col sangue dell’Agnello”, secondo le parole dell’Apocalisse. Anch’essi sono stati abbracciati dalla legge della morte, ma sono stati poi sollevati dall’abbraccio della potenza della Vita, che proviene da Cristo. Sono stati “chiamati figli di Dio”
e lo sono realmente e pienamente nella comunione eterna con Dio. Il mondo non li conosce; non conosce questa Vita di cui sono fatti partecipi, al di là del limite della morte. Questa è la Vita con Cristo in Dio, la Vita che è al di sopra di ciò che è visibile, di ciò che è accessibile ai sensi, al di sopra di ciò che nel mondo può essere raggiunto dalla conoscenza umana. Tale Vita è un mistero, così come Dio è un mistero nella sua Vita divina: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo! Come la Vita di Dio, così anche la vita dei Santi in Dio fa parte del mistero della fede. Questo mistero ha la sua dimensione temporale e terrena, ma ha il suo futuro in Dio. L’Apostolo scrive: “noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo, però, che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a Lui, perché lo vedremo così come egli è”.
Venerdì, 1° novembre 1991
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Nel mese di novembre, nei nostri cuori risuonano ancora con viva eco le parole dell’Apocalisse di san Giovanni: “Vidi [...] una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono [...] e gridavano a gran voce [...] Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazia, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli”. Ecco, “essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell’Agnello”. La verità della loro vita è stata questa: essi “hanno imparato” da Cristo, il quale è “mite e umile di cuore”; essi “hanno preso il suo giogo sopra di sé”. Ed ecco, hanno trovato un ristoro per le loro anime: la santità, e cioè la perfezione eterna in Dio.
Basilica Vaticana Domenica, 12 novembre 1989, canonizzazione di Adam Chmielovski
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La Chiesa, che fin dagli inizi della religione cristiana ha sempre creduto che gli Apostoli e i Martiri siano con noi strettamente uniti in Cristo, li ha celebrati con particolare venerazione insieme con la beata Vergine Maria e i santi Angeli, e ha implorato piamente l’aiuto della loro intercessione. Considerando la vita di quelli che hanno fedelmente seguito Cristo, per una tale insolita ragione siamo incitati a ricercare la Città futura e ci è insegnata una via sicurissima attraverso la
quale, tra le vicende del mondo, possiamo arrivare alla perfetta unione con Cristo o, per dir meglio, alla santità, secondo lo stato e la condizione propria di ciascuno. Senza dubbio, avendo una tal moltitudine di testimoni, attraverso i quali Dio si fa presente a noi e ci parla, siamo attirati con grande forza a guardare il Regno suo nei cieli. La Sede Apostolica, accogliendo i segni e la voce del suo Signore col massimo timore e docilità, da tempi immemorabili, per il gravoso compito affidatole di insegnare, santificare e reggere il Popolo di Dio, offre all’imitazione dei fedeli, alla venerazione e all’invocazione gli uomini e le donne insigni per lo splendore della carità e di tutte le altre virtù evangeliche e dopo aver condotto i debiti accertamenti, dichiara con un solenne atto di canonizzazione che essi sono Santi o Sante.
Costituzione apostolica “Divinus Perfectionis magister” circa la nuova legislazione per le cause dei santi
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Celebriamo oggi la solennità di Tutti i Santi. In questa festosa ricorrenza, la Chiesa, pellegrina sulla terra, rivolge lo sguardo al Cielo, all’immensa schiera di uomini e donne che Dio ha reso partecipi della sua santità. Essi, come insegna il Libro dell’Apocalisse, provengono “da ogni nazione, razza, popolo e lingua”. Nella loro vita terrena si sono impegnati a faresemprelasuavolontà, amando Lui con tutto il cuore e il prossimo come se stessi. Per questo hanno anche
sofferto prove e persecuzioni, ed ora è grande ed eterna la loro ricompensa nei cieli. Carissimi, questo è il nostro futuro! Questa è la più autentica e universale vocazione dell’umanità: formare la grande famiglia dei figli di Dio, sforzandosi di anticiparne già sulla terra i tratti essenziali. Verso questa meta ci attira l’esempio luminoso di tanti fratelli e sorelle che, nel corso dei secoli, la Chiesa ha riconosciuto Beati e Santi, proponendoli a tutti come modelli e guide. Oggi invochiamo la loro comune intercessione, perché ogni uomo si apra all’amore di Dio, fonte di vita e di santità.
Angelus Lunedì, 1 Novembre 1999
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Quando un giorno un tale chiese a Gesù: “Signore, sono pochi quelli che si salvano?”, egli non rispose direttamente; tuttavia, pur ricordando la necessità di “entrare per la porta stretta”, proseguì: “Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio”. Ebbene, noi oggi siamo immersi col nostro spirito tra questa innumerevole folla di santi, di salvati, i quali, a partire dal “giusto Abele”, fino a chi forse in questo momento sta morendo in qualche parte del mondo, ci fanno corona, ci fanno coraggio, e cantano tutti insieme un poderoso coro di gloria a colui, che i salmisti chiamano a ragione “il Dio della mia salvezza” e “il Dio della mia gioia e del mio giubilo”. [...] Le beatitudini pronunciate così solennemente da Gesù si collocano, da una parte, in antitesi con alcuni valori che sono invece onorati dal mondo e, dall’altra, nella prospettiva di una sorte futura e definitiva, in cui le situazioni vengono ribaltate. Esse stanno o cadono tutte insieme; non se ne può estrarre una sola e coltivarla a scapito delle altre. Tutti i santi sono sempre stati e sono contemporaneamente, anche se in varia misura, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore, operatori di pace, perseguitati a causa del Vangelo. E così dobbiamo essere anche noi. In più, sulla base di questa pagina evangelica, è evidente che la beatitudine cristiana, come sinonimo di santità, non è disgiunta da una componente di sofferenza o almeno di difficoltà: non è facile essere o voler essere poveri, miti, puri; né si vorrebbe essere perseguitati, neppure per causa della giustizia. Ma il regno dei cieli è per gli anticonformisti, e valgono anche per noi le parole di san Pietro: “Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi.
Roma, 1 novembre 1980
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Lode e azione di grazie a Dio per aver suscitato nella Chiesa una moltitudine immensa di Santi, che nessuno può contare. Una moltitudine immensa: non solo i Santi e i Beati che festeggiamo durante l’anno liturgico, ma anche i Santi anonimi, conosciuti solo da Lui. Per sapere quale sia la strada della santità, dobbiamo salire con gli Apostoli sul monte delle Beatitudini, avvicinarci a Gesù e metterci in ascolto delle parole di vita che escono dalle sue labbra. Anche oggi Egli ripete per noi: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli! Il divin Maestro proclama “beati” e, potremmo dire, “canonizza” innanzitutto i poveri in spirito, cioè coloro che hanno il cuore sgombro da pregiudizi e condizionamenti, e sono perciò totalmente disponibili al volere divino. Beati gli afflitti! È la beatitudine non solo di coloro che soffrono per le tante miserie insite nella condizione umana mortale, ma anche di quanti accettano con coraggio le sofferenze derivanti dalla professione sincera della morale evangelica. Beati i puri di cuore! Sono proclamati beati coloro che non si contentano di purezza esteriore o rituale, ma cercano quell’assoluta rettitudine interiore che esclude ogni menzogna e doppiezza. Beati gli affamati e assetati di giustizia! La già una meta altissima, che nobilita l’animo di chi la persegue, ma il pensiero di Gesù va a quella giustizia più grande che sta nella ricerca della volontà salvifica di Dio: beato è soprattutto chi ha fame e sete di questa giustizia. Dice infatti Gesù: “Entrerà nel regno dei cieli chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli”. Beati i
misericordiosi! Felici sono quanti vincono la durezza di cuore e l’indifferenza, per riconoscere in concreto il primato dell’amore compassionevole, sull’esempio del buon Samaritano e, in ultima analisi, del Padre “ricco di misericordia”. Beati gli operatori di pace! La pace, sintesi dei beni messianici, è un compito esigente. In un mondo, che presenta tremendi antagonismi e preclusioni, occorre promuovere una convivenza fraterna ispirata all’amore e alla condivisione, superando inimicizie e contrasti. Beati coloro che
si impegnano in questa nobilissima impresa! I Santi hanno preso sul serio queste parole di Gesù. Hanno creduto che la “felicità” sarebbe venuta loro dal tradurle nel concreto della loro esistenza. E ne hanno sperimentato la verità nel confronto quotidiano con l’esperienza: nonostante le prove, le oscurità, gli insuccessi, hanno gustato già quaggiù la gioia profonda della comunione con Cristo. In Lui hanno scoperto, presente nel tempo, il germe iniziale della futura gloria del Regno di Dio. Questo scoprì, in particolare, Maria Santissima che col Verbo incarnato visse una comunione unica, affidandosi senza riserve al suo disegno salvifico. Per questo le fu dato di ascoltare, in anticipo rispetto al “discorso della montagna”, la beatitudine che riassume tutte le altre: “Beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”.
Mercoledì, 1° novembre 2000