FEDERICO RAMPINI , Repubblica 29/4/2011, 29 aprile 2011
CHRYSLER RESTITUISCE 7,5 MILIARDI AD OBAMA MA SUL MERCATO USA STRADA ANCORA IN SALITA - NEW YORK
Tanto di cappello al "genio finanziario" di Sergio Marchionne, ma ora è sulle sue capacità industriali che sarà giudicato. E su quel fronte la strada è ancora tutta in salita. E´ questo il giudizio degli osservatori americani, nel giorno in cui il segretario al Tesoro Tim Geithner visita insieme a Marchionne lo stabilimento Chrysler di Jefferson North, vicino a Detroit. Una visita festosa e "storica" perché manca un punto di svolta: si avvicina l´uscita del gruppo Chrysler dalla sfera dell´intervento pubblico. Si chiude dopo quasi due anni la fase dell´emergenza: Marchionne conferma l´imminente restituzione ai governi di Usa e Canada dei 7,5 miliardi di dollari di aiuti pubblici. Fondi erogati quando Chrysler (come General Motors) fu in bancarotta nel 2009. Entro fine giugno gli azionisti pubblici verranno rimborsati, grazie a un mix di finanziamenti alternativi: parte dalle banche, parte con il collocamento di obbligazioni nuove presso investitori istituzionali, parte con capitali Fiat.
Al termine l´indebitamento avrà costi molto meno onerosi, perché i prestiti concessi dai governi erano ad alti tassi. La Fiat potrà salire al 46% di Chrysler, in vista del traguardo del 51% e del collocamento in Borsa tra la fine di quest´anno e il prossimo. «Un grande risultato - commenta Marchionne ricevendo Geithner - rimborsare i governi americano e canadese migliorerà la percezione dei consumatori sul gruppo». Verissimo, perché l´America è un paese dalla cultura anti-statalista, dove l´opinione pubblica non ha mai digerito i salvataggi (ancora meno quello della Gm ribattezzata Government Motors). Di qui il sollievo di Geithner, a Detroit anche per sottolineare che l´Amministrazione Obama ha vinto la scommessa di svincolarsi dal ruolo di azionista industriale che non le compete. Il 2 maggio sono attesi i risultati Chrysler nel primo trimestre 2011. Un anno chiave per il quale Marchionne ha fissato l´obiettivo di 500 milioni di risultato netto. E la fabbrica visitata da Geithner è simbolica della nuova partita che si apre. Nello stabilimento di Jefferson North si assembla la Jeep Grand Cherokee, il fiore all´occhiello della nuova gamma. Il suo lancio ha contribuito all´aumento del 22% nelle vendite del gruppo dall´inizio di quest´anno. Ma non basta, tant´è che la quota di mercato domestico della Chrysler resta ferma al 9%.
L´immagine aziendale sta risalendo dagli abissi in cui era sprofondata, grazie alla restituzione dei debiti ed anche ad alcune trovate pubblicitarie efficaci: lo spot durante il Super Bowl (la finalissima più seguita di tutto lo sport americano) e l´invenzione dello slogan "Imported from Detroit" che sembra preannunciare una riscossa della capacità manifatturiera americana dopo tanti anni di sconfitte ad opera della concorrenza europea e soprattutto asiatica. Ma è appunto sui modelli che ora si gioca la vera partita, dopo aver risolto brillantemente le operazioni di ingegneria finanziaria. Ed è qui che il tono degli osservatori americani si fa più cauto. Rebecca Lindland della società di analisi Ihs Global Insight sottolinea che i nuovi capitali reperiti da Marchionne sono necessari perché l´azienda deve «dedicare più risorse allo sviluppo di nuovi prodotti». Il New York Times osserva che il recente aumento delle vendite è squilibrato nella composizione della gamma: prevalgono modelli come la Jeep e i furgoni Dodge. Cioè una gamma "vecchia" per la sua concentrazione nelle grosse cilindrate ad alto consumo energetico. Da quando il gallone di carburante ha superato la soglia psicologica dei 4 dollari, c´è stato un pesante calo nella fiducia sulla ripresa. L´inflazione alla pompa domina l´attenzione delle famiglie, dei media, dei politici. La rete Chrysler ha appena cominciato a vendere la Fiat 500 ma non può illudersi certo che basti quella.
Negli ultimi anni molte case presenti in forze sul mercato americano hanno spostato l´attenzione sul segmento delle vetture da meno di 20.000 dollari. Risultato: è una fascia affollata da prodotti di qualità firmati Mazda, Toyota, Nissan, perfino Ford. In quanto a qualità, la Chrysler deve risalire la china dopo annate disastrose. Ancora nel 2011 ha avuto il triste onore di "dominare", insieme alla Gm, la famigerata classifica Worst Cars on the Road ("Peggiori vetture su strada") compilata dalla rivista Forbes sulla base delle più autorevoli indagini fra i consumatori. E infine la Chrysler ha delle fragilità in una prospettiva globale: delle tre storiche case americane è la meno presente sul primo mercato mondiale che è ormai la Cina, e su altri mercati emergenti come l´India.