Guido Olimpio, Corriere della Sera 29/04/2011, 29 aprile 2011
AL QAEDA, SALAFITI, CANI SCIOLTI: I TRE CERCHI DELLA GUERRA SANTA —
Il terrore è ricomparso nell’unico paese nordafricano dove la «primavera» non si è tramutata in rivolta. Uno Stato, il Marocco, dove i servizi di sicurezza hanno carta bianca. Ma i loro nemici sono all’altezza. Non una sola formazione ma una serie di gruppi che sintetizzano tendenze qaediste, ideologia salafita e terrorismo fai-da-te. Una realtà dove si mescolano laureati, disoccupati, veterani di Iraq e Afghanistan, stranieri. La polizia li sbatte in galera e loro risorgono. Dalla strage di Casablanca — nel 2003 — sono state smantellate 60 cellule e sono finiti in prigione più di mille islamisti. Un esperto, infatti, ha ipotizzato che la strage sia una risposta alla mancata liberazione di alcuni di loro. Il fronte eversivo, anche se frammentato, non va sottovalutato. Un luogo ne è diventato il simbolo negli anni scorsi. Tétouan con il suo quartiere di Mezouak: da qui sono partiti quasi 30 kamikaze poi morti in Iraq. Altri hanno partecipato all’attentato di Madrid. Una filiera che si è poi sviluppata in altre regioni con un modus operandi classico. I gruppi reclutano volontari per le guerre lontane e riservano una quota per azioni in Marocco. Tante le sigle: Salafia Jihadia, Sirat al-Mustaqim, Ansaar al-Mahdi, Al Murabitun, Fatah al-Andalus. Gruppi che ritengono sia legittimo uccidere i turisti e punire il Marocco troppo vicino all’Occidente. Alcuni potrebbero anche essere manipolati. Un sospetto che sfiora la Libia, interessata a dimostrare che la rivolta ha favorito il terrore puro. Ipotesi a parte, la minaccia più insidiosa viene da Al Qaeda nella terra del Maghreb, fazione algerina diventata il «cartello» regionale di Osama. Raccoglie nelle sue fila africani, tunisini, libici e marocchini. Uno di loro aveva creato un campo ad Amghala frequentato anche da giovani della comunità sahraui. La «falange» è stata bloccata a gennaio ma altri sono pronti ad agire, sfruttando anche l’instabilità del Nord Africa e del Sahel. La seconda freccia arriva dai salafiti. Piccole «unità» che si formano attorno ad un uomo di esperienza. Talvolta collaborano con Al Qaeda alla quale forniscono la carne da cannone. Infine ci sono i «cani sciolti» , spesso amici cresciuti nello stesso quartiere, il cui legame con la jihad è rappresentato da Internet. Possono diventare pericolosi: come il «gruppo degli ingegneri» di Meknes che sognava di massacrare i turisti. Alcuni di loro erano talmente esaltati da indossare costantemente la cintura da kamikaze. Lungo queste linee si sono poi infiltrati i militanti stranieri, a volte mimetizzatisi dietro attività economiche legali. C’è stato il caso di un saudita, poi di tre palestinesi complici di elementi locali. Nazionalità diverse e una sola causa.
Guido Olimpio