Ilario Lombardo, Il Secolo XIX 29/4/2011, 29 aprile 2011
La caccia al tesoro di Sai Bab - SAI BABA aveva un numero preferito. Il 9. Anche la sua macchina era targata 4509
La caccia al tesoro di Sai Bab - SAI BABA aveva un numero preferito. Il 9. Anche la sua macchina era targata 4509. Per questo mercoledì mattina, alle 9 in punto, è iniziata l’ultima fase della cerimonia funebre del guru indiano. Tanta fortuna gli portava quel numero, e tanta ne porterà ai suoi eredi, se è vero che il patrimonio accumulato in quattro decenni di parole e preghiere da questo santone sempre vestito d’arancio, che è tale e quale a uno dei Cugini di Campagna, e che ha raccolto al suo capezzale fior fior di statisti, artisti, miliardari, sia proprio di 9 miliardi di dollari. Un tesoro che nel cambio indiano vale 400 miliardi di rupie. E che ora rischia di fomentare la guerra di successione che si è aperta dopo la dipartita di Sathya Sai Baba. Anche perché tutto questo capitale cresciuto tra i profumi di zafferano nel suo ashram di Puttaparthi, non si sa bene dove sia finito. A gestirlo ci pensa da sempre il Sathya Sai Central Trust, ufficialmente nato per governare le strutture benefiche, ospedali e scuole, al centro dei progetti filantropici per i più poveri. Ma non solo quelle: anche azioni, gioielli, versamenti, che sono entrati nelle casse della comunità di Baba grazie soprattutto alla generosità di molti devoti vip. Isaac Tigrett, fondatore degli Hard Rock Café, quando fu folgorato sulla via dell’India dal guru, omaggiò il religioso con tutte le quote della sua catena di locali. Il trust è un po’ la finanziaria del governo spirituale dei seguaci. Quasi dieci milioni, si vantava Sai Baba. E siccome, non di solo amore e pace si vive, basta moltiplicare le donazioni, anche piccole e simboliche, per quel numero, per avere un’idea dell’ammontare del patrimonio. Senza contare tutto il turismo religioso fiorito nello stato meridionale dell’Andrha Pradesh, attorno al suo villaggio. Nei giorni scorsi la polizia locale ha anche aperto un’inchiesta perché insospettita dalla notizia di un carico d’oro e di diamanti, visto partire all’alba da Puttaparthi. Destinazione, sconosciuta. I critici, e ce ne sono tanti, tra gli ex seguaci scottati o imbufaliti, dicono che le ricchezze di Sai Baba siano nascoste da amici prestanome negli oltre cento stati dove sono sorte le filiali della sua organizzazione mistica. E poiché, come insegna un altro guru (in celluloide) della nostra epoca, Gordon Gekko, il denaro non dorme mai, la fondazione è stata solleticata da tentazioni finanziarie non proprio chiare. Il quadro spiega il perché di una lotta intestina all’interno del trust, e della fretta con cui si vuole colmare il vuoto di potere lasciato dalla morte di Sai Baba. Figli non ce ne sono, il successore più papabile sembra essere il nipote Ratnakar Raju, assistente personale dello zio e amministratore del Fondo. Anche se sembra che la maggior parte dei membri del consiglio direttivo caldeggi la nomina di un ex esponente del governo, seguace di Baba da 25 anni. Anche la reincarnazione ha un valore di mercato, che rischia di deperirsi. Sai Baba è l’avatar di Dio: Sathya, al secolo Narayana Raju, a 14 anni rivelò di esserne la seconda dopo Shirdi Sai Baba. Qualche anno fa, invece, predisse che la terza, dal nome Prema Sai, sarebbe nata entro il 2023, nel vicino stato di Karnataka. Un’attesa troppo lunga per le cassaforti del trust, perché potrebbe lasciare vuoti per anni alberghi e strutture turistiche di Puttaparthi, e il Fondo senza una rupia per pagare gli stipendi. Allora meglio prevenire. Il Times of India ieri ha rilanciato un dubbio che circolava già il giorno della scomparsa, il 24 aprile, di Sai Baba. La data della morte non sarebbe quella, ma venti giorni prima. Il giallo è sorto attorno alla cella frigorifera in vetro usata per conservare il corpo del santone. Durante i funerali di mercoledì l’impresa Kumar&Co. di Coimbatore l’ha riconosciuta come quella da loro venduta a Putthaparthi il 4 aprile, sei giorni dopo il ricovero d’urgenza di Sai Baba per le complicazioni polmonari. Questo significherebbe che la Sathya Sai Central Trust avrebbe ritardato l’annuncio del decesso per avere il tempo di organizzare al meglio l’accoglienza e le offerte di milioni di pellegrini al capezzale di Sai Baba. L’ennesimo mistero di un uomo che alcuni consideravano un guaritore divino e altri un cialtrone sessuomane e pedofilo.