Paolo Manzo, Il Riformista 27/4/2011, 27 aprile 2011
Favelas di Rio - Sarà tutta un’altra Rio de Janeiro, almeno su Internet. A prometterlo i vertici statunitensi di Google Maps che si sono trovati fra le mani una grana di proporzioni colossali, in grado di far discutere sociologi e istituzioni, urbanisti e ong e di creare polemiche a più non posso
Favelas di Rio - Sarà tutta un’altra Rio de Janeiro, almeno su Internet. A prometterlo i vertici statunitensi di Google Maps che si sono trovati fra le mani una grana di proporzioni colossali, in grado di far discutere sociologi e istituzioni, urbanisti e ong e di creare polemiche a più non posso. Succede infatti che le tanto famose mappe di Google avrebbero commesso, almeno stando alle proteste delle autorità carioca, un errore madornale, mettendo in risalto le favelas rispetto ai quartieri nobili della città. «È un danno d’immagine enorme - spiega ancora in preda all’ira Antonio Pedro Figueira de Mello, segretario speciale del turismo, che aveva chiesto una modifica già nel 2009 senza però ottenere grandi risultati - se si clicca su una mappa di una qualsiasi area a risaltare ingrandite sono le favelas e non il resto della città». Una città che attende con trepidazione la Coppa del Mondo nel 2014 e le Olimpiadi nel 2016, eventi sportivi che porteranno turisti, prestigio e soprattutto tanti, tantissimi soldi. Il problema, però, è che le circa 600 favelas di Rio, che piaccia o meno alle autorità locali, sono l’altra faccia della “cidade maravilhosa” e per quanto ci si sforzi a a ritoccare la cartolina in esse vivono milioni di persone, arroccate come un esercito di disperati nei tradizionali morros, le colline da cui si vedono i bairros nobres, i quartieri dei ricchi di Copacabana, Barra da Tijuca e Leblon. Ma da Mountain View i vertici di Google fanno sapere che adesso rimetteranno le mani sulle mappe di Rio de Janeiro cambiando il modo in cui le informazioni appaiono e si ordinano sullo schermo. Peccato perché finora permettevano di vedere la “cidade” che pochi in realtà conoscono mostrando alcuni luoghi che neppure i brasiliani immaginano potessero esistere. Per esempio, il quartiere di Cosme Velho dove si prende la funivia per raggiungere la celebre statua del Cristo Redentore non risulta evidenziato dalle mappe, mentre appare la minuscola e sconosciuta Favela di Villa Imaculate Conceiçao. Neppure all’altro simbolo chiave di Rio, ovvero il Pao de Açucar viene dato risalto per non parlare del quartiere Humaita di cui appariva solo la parte degli slum. «A vedere Google Rio sembra solo una gran favela- ci tiene a puntualizzare uno degli abitanti di Humaita- chi non conosce questa città si spaventerebbe». Di tutt’altro avviso è Francisco dell’associazione degli abitanti dello slum Morro da Providencia. «Sono tutti spaventati-dice- come se fossimo la vergogna di questa città». E per quanto Google ci abbia messo un po’ a prendere la decisione adesso arrivano oltre ai cambiamenti anche le scuse. «Non avevamo nessuna intenzione di diffamare Rio», spiegano dal quartier generale della società fondata da Larry Page e Sergey Brin e fanno sapere che «la persona che si era occupata delle cartine di questa parte di mondo era proprio carioca per evitare qualsiasi errore». Buone intenzioni che però, secondo i brasiliani, non hanno impedito il danno quantomeno di immagine. «Il problema - sostiene il portavoce di Google Brasile, Felix Ximenes - è che abbiamo comprato i dati e li abbiamo usati senza dare loro un indice di priorità». Adesso promette che le favelas non saranno la prima informazione ad apparire, ma verranno fuori solo se l’utente deciderà di zoommarvi dentro. Non è la prima volta che Google incappa in problemi di questo tipo. Proprio all’inizio di quest’anno la città tedesca di Endem si era lamentata con gli americani per aver inserito il loro porto in Olanda. E nel novembre 2010 il Costa Rica aveva sfiorato la crisi diplomatica per un’isola inserita erroneamente dalle mappe di Google in Nicaragua. Ma per Rio la questione è leggermente differente. Da mesi, infatti, la cartolina che le autorità municipali intendono offrire al mondo è quella cui da tempo e con fatica stanno lavorando, di una città, cioè, dove la violenza è ridotta, il narcotraffico azzerato e solo la bellezza della natura la fa da padrone. Purtroppo non è così. I già denunciati ritardi sulla costruzione delle infrastrutture necessarie per la Coppa del Mondo mostrano invece una “cidade maravilhosa” dove si continua ad uccidere (oltre 5mila morti l’anno), a rapinare in strada al semaforo, a trafficare droga e armi. E dove retate della polizia, come quella dello scorso novembre nella pericolosissima Favela del “Complexo de Alemao”, in cui entrarono per la prima volta carroarmati usati normalmente in Iraq, si sono rivelate più un’operazione di immagine che di sostanza. La preoccupazione è invece altissima, tanto che è stato chiamato perfino l’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani, come consulente sulla questione sicurezza. Che guardacaso è proprio collegata ad una geografia precisa, quella delle favelas appunto, che come funghi impazziti proliferano sui morri. Favelas in cui si spaccia e si muore per un nonnulla, in cui ci si ammala ancora di tubercolosi e si vive in stamberghe di latta e mattoni. La città invisibile che nessuno vuole vedere, neanche su Google.