Alessio Ribaudo, Sette n.17 28/4/2011, 28 aprile 2011
UNA LIRA IN TASCA
«Mi scusi, vorrei un litro di latte e un chilo di pane. Certamente, ecco a lei, il suo conto è di 9.300 lire, si accomodi alla cassa». Benvenuti a Brolo, il paese della lira. Un centro di cinquemila anime affacciato sul mar Tirreno, a 90 chilometri da Messina, dove sino al 30 aprile si può acquistare nei negozi ancora in lire. L’idea è del sindaco Salvo Messina. Non un politico ottuagenario ma un dinamico trentasettenne stanco di sentire le lamentele degli esercenti per la crisi. «La mia idea è semplice», spiega il politico, «perché ho pensato che molte vecchie lire sono custodite in bocce di vetro, salvadanai, vecchi portafogli o nei nascondigli classici come dentro i materassi. Degli autentici tesoretti inutilizzati». L’ultima rilevazione della Banca d’Italia, a settembre dello scorso anno, sembra dar ragione al sindaco messinese. Non sono state ancora cambiate in euro 312 milioni di banconote per un valore di 2.540 miliardi di lire (1.312 milioni di euro). Una cifra considerevole che non tiene neanche conto delle monetine in metallo. E dire che la scadenza per evitare che diventino carta straccia è alle porte: il 28 febbraio del 2012.
IL PARERE DEL NUMISMATICO
«Una gran parte di banconote è andata distrutta in incendi, molte altre sono nascoste da anziani nei libri o in intercapedini magari per assicurarsi una vecchiaia più serena al riparo di familiari esosi. La maggior parte però», spiega Guido Crapanzano, consulente numismatico della Banca d’Italia, «potrebbe essere depositata all’estero in cassette di sicurezza o legata a fondi neri mai più rientrati nel nostro Paese. Un tempo, infatti, era più facile cambiare le lire ma oggi i controlli sono ferrei perché bisogna dichiarare agli sportelli le proprie generalità se il controvalore è superiore ai mille euro. Di certo, in molti pensano che queste banconote possano raggiungere quotazioni degne di nota ma in realtà non è così anche per l’elevato numero emesso. Per esempio, le 500.000 lire, a fior di stampa, hanno un valore di circa 280 euro».
Malgrado questo, nei primi nove mesi del 2010, sono stati cambiati 42 miliardi di lire (22 milioni di euro). Bazzecole. «Per chi vive nelle province», dice il sindaco Messina, «è anche una questione di distanze. Le lire si possono cambiare soltanto agli sportelli della Banca d’Italia che sono presenti nei capoluoghi. Nessuno fa centinaia di chilometri per ottenere poche decine di euro”. Il meccanismo ideato dall’amministrazione comunale siciliana è semplice. “A chiunque acquisti negli esercizi che espongono il cartello Benvenuta vecchia lira, sino al 30 aprile viene applicato il tasso ufficiale di cambio (1 euro= 1936,27 lire). Però, il resto viene dato in euro. I commercianti, poi, consegnano le lire incassate all’ufficio turistico comunale, che rilascia una ricevuta e provvede a riconvertirle in euro. L’operazione sta funzionando. In paese, finalmente, i negozi sono tornati a riempirsi. Non solo brolesi ma giungono da tutta la Sicilia. «È vero», conclude Messina, «sta andando alla grande e ho deciso di riproporla anche nei mesi estivi quando arrivano i turisti e per il periodo natalizio».
Gli esercenti ringraziano. «È stata un’idea tanto fantasiosa quanto intelligente», dice Tindaro Pidonti, storico fotografo del centro nebroideo, «e oltre l’aspetto economico, è bello rivedere in circolazione le vecchie lire. Trovo anche un gusto romantico e patriottico visto che da poco abbiamo celebrato i 150 anni dell’Unità d’Italia. Le lire sono state un pezzo della nostra storia ed è bene che anche i nati dopo il 2000 sappiano come vivevano i loro padri».
«TRA NOSTALGIA E MITO»
Entusiasta è anche Giuseppe Di Bernardo, titolare di un negozio di abbigliamento. «All’inizio non credevo molto nell’iniziativa del sindaco, ma ho cambiato idea quando ho visto tante persone anche forestiere pagare in lire. Soltanto oggi abbiamo incassato 170.000 lire. In questi giorni ho realizzato che sembra trascorso un sacco di tempo da quando c’è l’euro ma in realtà sono passati meno di nove anni».
In paese la maggior parte dei compratori è composta da genitori che avevano messo da parte delle banconote e, oggi, le usano per acquistare oggetti ai figli. «Chi ha superato i cinquant’anni», spiega Silvia Vegetti Finzi, docente di Psicologia all’Università di Pavia, «ha un legame affettivo forte con la lira malgrado tutti conoscano l’importanza della moneta unica. Con quelle banconote ci siamo cresciuti ed è stato il Paese in cui abbiamo creduto. È un misto fra nostalgia e attaccamento cognitivo per un periodo di vita trascorso che sembra più bello di quello che si vive oggi. Per questo molti ancora quando leggono un prezzo in euro lo convertono in lire. Un mito simile alla figura rassicurante materna».
Di certo, la nostalgia per le vecchie banconote non è solo italiana. A Kropp, un paesino nel Nord della Germania, i commercianti hanno accettato, in passato, i marchi. Anche a Mugardos, una cittadina della Galizia in Spagna, i negozi accettano di nuovo le pesetas per rilanciare l’economia. Operazioni che hanno riscosso, come a Brolo, un grosso successo nonostante in molti Paesi europei non ci sia la spada di Damocle del fattore tempo. In Belgio, Germania, Estonia, Irlanda, Austria, Slovacchia, Slovenia non c’è nessuna scadenza mentre in Olanda i fiorini potranno essere convertiti sino al capodanno del 2032.