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 2011  aprile 28 Giovedì calendario

LA MANCHESTER DI MARIO TUTTO CASA E LAP DANCE TRA SPUTI, MULTE E POLLO

Qui è dove ha sputato il lampone in faccia a Sam, l´uomo di Jenny, l´ex amante di Wayne. Due colonne bianche al 42 di King Street West, ristorante "San Carlo", cioè la mensa italiana del Balotelli inglese (tutti i giorni penne scampi e pollo, cotoletta impanata, succo di pesca). Dunque: Jenny Thompson, già escort di Rooney, sta seduta al tavolo bianco e rosso con Sam Birch, suo amico; ecco che Mario la riconosce e comincia a canticchiare "Rooney, Rooney", Sam riceve pure una pernacchia e s´adombra, «parliamone fuori, okay?». Il nostro eroe, a questo punto, gli spara un lampone condito saliva in mezzo agli occhi. Fine della storia, Sam e Jenny sgommano, Supermario finirà il succo di pesca.
La sua Manchester è la mappa geografica delle sue minchiate. La casella di partenza del Monopoli è sempre il "San Carlo", dove un avventore più fantasioso potrebbe scegliere la pizza Principe Carlo con peperoni e caprino, oppure l´Avocado Diverso, osservando aglio e prosciutti appesi, e le foto autografe di Beckham e Pavarotti, con altre immagini di Totò in bagno (nel senso che le hanno messe lì). Ma le tappe intermedie sono varie e non tanto eventuali. C´è il ristorante "Panacea" in John Dalton Street, serpi dorate sulla porta d´ingresso, bistecca ai funghi a 22 sterline e 50, velluti e cristalli. C´è il night "Circle" al 13 di Barton Square, mille sterline come tassa d´iscrizione, la stessa cifra che Balotelli ha appena regalato a un poveraccio in strada, dopo averne vinte 28 mila al "235 Casinò", una tessera nera con cerchio d´oro come segno d´appartenenza, poi l´unico consiglio di non infilare le dita nel perizoma delle ragazze: non come a Liverpool, dove il nostro è stato appena cacciato dal "Lap Dance Bar" perché, sventurato, toccava: cinque buttafuori sono stati coerenti col proprio titolo.
Anche se poi la sua Manchester è soprattutto la strada solcata dalla Bal Mobile, l´auto del super eroe, ormai terza della serie: la prima, l´Audi R8, andò distrutta quasi subito, colpa del volante a destra e di qualche neurone non proprio centrato (a differenza del muro). Poi la Maserati GT nera, presa a bottigliate da un cattivo dopo un parcheggio sbilenco, infine la Maserati GT bianca, una goccia di latte che schizza tra eccessi di velocità e divieti di sosta: le famose tre multe al giorno, le ancor più celebri 27 rimozioni forzate, in totale fanno 10 mila sterline di ammende. Il doppio di quante ne avesse in tasca il giorno in cui sfasciò l´Audi. «Embè, sono ricco!», disse ai perplessi soccorritori che estrassero lui e i bigliettoni dall´abitacolo.
La Manchester di Mario "Badotelli", come lo chiamano i tabloid, forse non è la città dei novanta musei gratis, o dei ventitré premi nobel della gloriosa Università che ospita 36.500 studenti di 180 Paesi. Ma non è neppure quella della musica dal vivo al Nothern Quarter, o dei grandi sommovimenti architettonici e sociali, insomma una metropoli (dài, neanche tanto: appena 440 mila abitanti più uno) ben diversa dal primo impatto che offre, assai vivace oltre le case/fabbrica di mattoni rossi e le sberle di vento tutto l´anno. Lui ha creato isole, come spesso fanno i giovani in trasferta da casa e forse da se stessi, luoghi domestici e riconoscibili dove non essere troppo riconosciuto. Il centro d´allenamento di Carrington, ovviamente, dove alcune fotografie l´hanno ritratto mentre palleggia nella nebbia, e dove si è dilettato a tirare freccette dalla finestra contro i ragazzi delle giovanili, «perché mi annoiavo» (120 mila sterline di multa). Nello spogliatoio c´è scritto "Pride in battle", lo stesso motto che compare in latino ("superbia in proelio") sullo stemma sociale del City. Pure troppa, la superbia. «Balotelli non sorride mai, si comporta come un mastino che abbia appena ingoiato un´ape», dice di lui un avversario ed è una definizione meravigliosa.
La sua tana è la sua casa in Deansgate, il corso che taglia la città. Bel palazzo moderno, vista interessante tenendo conto del luogo, un computer per comandare luci e finestre, un vecchio calciobalilla in salotto, mamma Silvia che ogni tanto arriva e cucina, i post-it che i vicini gli attaccano alla porta perché gli vogliono bene, e qualche volta gli lasciano pure un cartone di vino rosso sullo zerbino (lui è astemio, peccato). «Il ragazzo è gentile, niente cattivo, qui è amico di tutti», spiegano i camerieri del "San Carlo". Non la pensava così il passante che derise il nostro dopo un parcheggio sbagliato, ricevendo in risposta gestacci e foto sui giornali, perché un paparazzo in attesa delle scemenze di Supermario c´è sempre. Però non è vero che abbia eserciti di amici, sta quasi sempre con i compagni Jerome Boateng e Diouf, organizza scherzi a Dzeko (l´ha appena fatto inciampare in campo, dopo un gol, e quell´altro l´ha abbracciato). Sulle sponde dell´Irwell, gli accade quello che già visse a Milano, perché in fondo lui è straniero ovunque: scontrarsi, litigare, sbagliare, pagare, fare gol così così. Le sue peripezie non gli impediscono di essere il calciatore italiano più pagato del continente: 6 milioni e mezzo di euro netti a stagione. Non gli bastano per levarsi l´ape dalla bocca. Magari sputarla, prima o poi, come il lampone.