FEDERICO RAMPINI , Repubblica 28/4/2011, 28 aprile 2011
BERNANKE: "TASSI USA AI MINIMI ANCORA A LUNGO" - ROMA
"L´oracolo del dollaro" Ben Bernanke non crede veramente all´inflazione. E allora la moneta americana precipita sempre più giù, fino a 1,47 sull´euro, sospinge verso nuovi record l´oro, l´argento, e anche Wall Street. Il copione è stato rispettato, ignorando critiche e timori che sulla politica monetaria americana piovono dal resto del mondo. La Federal Reserve continua a privilegiare il sostegno alla crescita, il suo tasso d´interesse resterà inchiodato a zero per molto tempo, i massicci acquisti di titoli pubblici (600 miliardi) non s´interrompono fino a giugno. I benefici reali di questa politica sull´occupazione finora sono stati modesti, ma per le banche i profitti vanno sempre più su. La fiducia nel dollaro a lungo termine è pericolante, vista la mina vagante del debito pubblico, e questa politica del credito facile non è fatta per ristabilire la solidità della valuta Usa. Le bolle speculative ritornano, da quella della Silicon Valley a tutte le materie prime, ma anche questa è una buona notizia per gli hedge fund. Ancora una volta non sarà un banchiere centrale americano a pronunciare le parole più sgradite: «La festa è finita».
Non lo ha fatto ieri Bernanke in quella che la stampa Usa aveva definito una conferenza stampa "storica". Non per i contenuti ma per il solo fatto di avvenire. Era la prima volta infatti che la riunione di due giorni del consiglio direttivo della Fed si è conclusa non con il solo comunicato scritto, ma con un vero dialogo con la stampa. Una trasparenza già in vigore da anni alla Banca centrale europea, ma che in America ha creato grande eccitazione. La forma ha prevalso sui contenuti: su questo fronte infatti non ci sono state sorprese. E proprio l´assenza di novità ha convinto i mercati che il lassismo monetario continuerà a regnare. Bernanke ha confermato la sua convinzione che i recenti aumenti - petrolio, minerali, materie prime agricole - sono una fiammata temporanea: «gli aumenti dei prezzi della benzina non continueranno a questi livelli» ha specificato. Nel lungo termine secondo lui le aspettative inflazionistiche restano piatte. La crescita del Pil e dell´occupazione, invece, anche se a lungo andare tornerà ad essere vigorosa, per adesso langue. «Capisco l´impazienza degli americani, la combinazione di alta disoccupazione, caro-benzina, e pignoramenti delle case, è insostenibile» ha spiegato il presidente. La Fed ha addirittura rivisto al ribasso, leggermente, le sue stime per l´anno in corso: a fine 2011 prevede che l´aumento del Pil sarà fra il 3,1 e il 3,3% (in precedenza aveva una forbice compresa tra 3,4 e 3,9%). Tra i fattori di debolezza della ripresa mondiale Bernanke ha citato Medio oriente, Giappone, e problemi dell´Eurozona. L´azione per contrastare il forte indebitamento Usa è la «prima priorità di lungo periodo» per il paese. Dunque con uno scenario ancora grigio per le prospettive dell´occupazione, la Fed non giudica sia vicino il momento in cui dovrà alzare i tassi tanto che ammette: «Non so quando inizieranno i rialzi dei tassi». Un atteggiamento in netto contrasto con quello della Bce, per non parlare delle autorità monetarie dei paesi emergenti che hanno già operato strette monetarie poderose. Non solo il tasso zero in vigore da due anni negli Usa continuerà, ma per di più Bernanke ha precisato che anche se a giugno la Fed cesserà i suoi acquisti di titoli pubblici, continuerà però a reinvestire in Treasury Bond i rendimenti dei titoli che ha già in cassaforte (oltre 2.000 miliardi). Insomma la pompa che eroga liquidità al mercato finanziario americano continua a spruzzare in abbondanza. Salvo che a furia di stampar moneta, l´effetto inevitabile è l´indebolimento del dollaro. Reagendo alle parole di Bernanke ieri la moneta americana si è avvicinata pericolosamente al minimo storico che toccò nell´aprile 2008 prima della grande crisi. La creazione di liquidità inoltre alimenta la fuga verso beni-rifugio come l´oro (nuovo record a 1.524 dollari), l´argento (46 dollari) e le materie prime. Anche le Borse dei paesi emergenti sono destinatarie di flussi di denaro caldo, capitali speculativi in cerca di rendimenti più elevati. Ma Wall Street non piange: le multinazionali Usa rimpolpano i propri bilanci grazie all´export e soprattutto aumenta il valore dei profitti fatti all´estero. Il livello raggiunto dal pessimismo verso il dollaro è illustrato dal paradosso della costante rivalutazione dell´euro: una moneta che pure è afflitta da problemi seri come i continui allarmi per i debiti greco, irlandese e polacco. I prossimi accessi di debolezza del dollaro rischiano di verificarsi quando si arriverà alla resa dei conti tra Barack Obama e la Camera a maggioranza repubblicana: presto il Tesoro di Washington avrà raggiunto il tetto massimo stabilito per legge al suo indebitamento (14.300 miliardi) e la destra farà pagare caro il suo voto per innalzare quel tetto. Solo un accordo bipartisan, credibile e rigoroso, per ridurre il deficit federale nel lungo termine, potrebbe ristabilire un po´ di fiducia verso il dollaro tra gli investitori esteri.