Franco Bechis, Libero 28/4/2011, 28 aprile 2011
SARKOZY FREGA BERLUSCONI E SI PRENDE TUTTA LA LIBIA
La data chiave è quella del 13 aprile scorso. Quella mattina dalla Orly Air base, lo scalo militare di Parigi, si è levato in volo un Airbus affittato dal colosso della difesa Eads. Destinazione: Bengasi. Non era un volo militare, anzi. Ufficialmente l’Airbus era classificato come “volo umanitario del governo francese” su cui sono state caricate nove tonnellate di medicinali destinate agli ospedali libici e alla popolazione civile colpita dal conflitto armato.
Ma su quel volo, insieme ad operatori umanitari, medici e infermieri, si sono imbarcati in gran segreto una ventina di colletti bianchi. Manager di tre gruppi industriali con sede e portafoglio in Francia: la stessa Eads, che finanziava il volo umanitario, la Total e il gruppo Vinci, colosso delle costruzioni (strade, autostrade, ferrovie, aeroporti) transalpine, presieduto da Xavier Huillard. Il volo umanitario è atterrato a Bengasi poco prima dell’ora di pranzo. Alla base un pulmino ha prelevato il gruppo di manager e li ha portati in un palazzo del centro della città in cui era stato fissato un appuntamento con alcuni leader del Consiglio nazionale transitorio (Cnt), il governo costituito dai ribelli che vogliono tirare giù Muammar Gheddafi. Ad attendere i manager francesi c’erano due vicepresidenti del Cnt, Abdelhafez Ghoga e Saiwa Fawzi, considerati i falchi del consiglio decisivi poche ore prima nel respingere la proposta di mediazione nel conflitto libico avanzata dall’Unione africana. I manager della Total si sono incontrati in una sala separata con Wahid Bughaigis, l’uomo che pochi giorni dopo sarebbe stato ufficialmente nominato responsabile degli affari petroliferi del Cnt.
L’INTESA
I colloqui sono durati tutta la giornata. Tutti e tre i grandi gruppi francesi hanno firmato con il Cnt quello che potrebbe essere definito un “memorandum di intesa”. Quello raggiunto da Total preoccupa non poco i vertici dell’Eni di Paolo Scaroni, che nell’ultimo mese aveva provato in ogni modo a smarcarsi dal groviglio stretto di rapporti con il regime di Gheddafi incontrando a Roma ai primi di aprile l’ex ministro dell’economia libico, Ali Issawi, ora passato con il Cnt. L’Eni, che ha di fatto bloccati i propri insediamenti produttivi nell’Ovest della Libia (c’è l’embargo internazionale sui territori dominati ancora da Gheddafi), sta cercando di mantenere saldi i contratti petroliferi nell’Est. Perché negli insediamenti di Rimal, Katib e Bu Attifel si producono ancora più di 100 mila barili al giorno e almeno 15 mila sono italiani. L’ingresso a gamba tesa di Total rischia di compromettere anche quel poco che è salvo.
Ma anche Eads e il gruppo Vinci sembra abbiano portato a casa quel che volevano. Certo, finché la situazione non si stabilizza e la Libia continua ad essere in guerra, è impensabile avviare laggiù nuove attività o firmare grandi contratti. Ma le basi sono state messe. E la segretezza del misterioso viaggio lo conferma: i top manager francesi sono stati fatti uscire dalla Libia via strada, raggiungendo così l’Egitto da cui hanno potuto fare ritorno a casa. Così la Francia è certa di riuscire a fare il suo affare. Con il viaggio lampo sono stati tagliati fuori i concorrenti più temibili, italiani e inglesi (e per il petrolio il Qatar, che da qualche settimana aveva stabilito il quartiere generale della Qatar Petroleum al nono piano dell’Hotel Tibesti a Bengasi). Mentre gli altri colossi presenti in Libia probabilmente si erano già fatti fuori da soli. Turchia e Cina anche nei giorni di guerra hanno continuato a lavorare e addirittura a stringere nuovi accordi industriali e finanziari all’Ovest, con il regime di Gheddafi, che per altro ha in mano dodici fidejussioni da 500 milioni di dollari rilasciate da Bank of China e China construction Bank a garanzia dei lavori di alcune grandi imprese cinesi.
L’economia di guerra sembra quella in cui le imprese francesi sono più rapide a inserirsi. E la loro specialità è proprio quella di inserirsi in coda o addirittura mescolate in mezzo a missioni umanitarie di varia natura. La Francia offre questo mix calcolato. Grandi battaglie ideali e grandi affari che vanno subito a nozze con guerre e disastri naturali. Uno schema applicato più volte nell’ultimo anno, sotto la regia dell’Eliseo. È accaduto l’anno scorso nell’isola di Haiti devastata dal terremoto. Nell’emergenza sono arrivati là i militari francesi accompagnati dai tecnici del colosso Suez per dare una mano da volontari nella ricostruzione delle infrastrutture idriche. La consulenza ha portato i suoi frutti: la Suez Environment ha conquistato un contratto triennale da 50 milioni di dollari all’anno per fornire assistenza tecnica nella ricostruzione dell’acquedotto di Port Au Prince. Ed è solo uno dei casi.
DA HAITI A TOKYO
Stesso schema con il terremoto giapponese. Francesi fra i primi ad organizzare la missione umanitaria, ma in mezzo hanno infilato il meglio delle proprie aziende. Fra cui anche Areva e Veolia Water che hanno utilizzato a Fukushima un loro brevetto per decontaminare l’acqua diventata radioattiva. L’esperienza giapponese è stata utilizzata subito dall’Eliseo che ha organizzato il 19 aprile scorso, durante il G20 a Kiev, una dimostrazione destinata a tutti, ma in particolare alla delegazione cinese, delle tecnologie usate con successo da Areva e Veolia in Giappone. I cinesi hanno chiamato i loro tecnici presenti a Kiev e guardato stupefatti l’innovativa tecnologia per il nucleare sicuro posseduta dai francesi. E ancora più stupefatti il tecnico che lì la illustrava: Francois Fillon, primo ministro francese. Il motivo del G20 trasformato in fiera dell’energia è assai facile da comprendere: i francesi hanno in mano un mega contratto per costruire un reattore nucleare di terza generazione a Taishan. E hanno una fifa matta che dopo Fukushima la Cina si tiri indietro, congelando come ha annunciato i propri programmi nucleari. C’è il rischio che la Francia sia costretta a un’azione umanitaria anche su Pechino...
Franco Bechis